Il quadro internazionale è sempre più caldo. Dopo Ucraina e Palestina la guerra divampa ormai anche in Yemen. Si scaldano anche Pakistan e Iran. Per molti sono conflitti slegati tra loro. Ai più continuano a mancare le lenti per vedere l’essenza della questione: un conflitto generalizzato tra imperialismo occidentale e resto del mondo. Non deve stupire la diffusa ignoranza popolare sulle questioni internazionali, già denunciata a suo tempo dal sempre attuale Lenin, di cui abbiamo ricordato il centesimo anniversario dalla morte. La borghesia occulta sistematicamente o ridicolizza ogni notizia e ricostruzione non conforme. Ne sono un esempio i molteplici casi di censura delle proiezioni del film russo Il testimone, ma si potrebbe citare anche il caso dell’ANPI di Bagno a Ripoli (Toscana), i cui militanti hanno tentato vanamente di usare il giorno della Memoria per riflettere sul parallelismo tra gli orrori della Shoah e lo sterminio in atto oggi in Palestina. I toscani sono stati immediatamente rimessi al loro posto dall’ANPI nazionale, che si accoda così alla retorica di chi userà questa giornata per sensibilizzare le nuove generazioni sui rischi dell’antisemitismo, guardandosi bene dal collegare l’ideologia e la prassi sionista a quella nazista. L’ennesima occasione persa.
Ci aspettiamo altre castronerie. Un anno fa qualche scribacchino cercò di convincerci che in realtà il campo di sterminio di Auschwitz sia stato liberato non dall’Armata Rossa sovietica di Stalin, bensì da soldati ucraini… Non si potrà mai dimenticare in tal senso il maestro del revisionismo storico: quel Benigni che, facendo liberare il lager dai carri armati americani, si conquistò il premio oscar con La vita è bella, presto rimbrottato da Monicelli. Intanto in Palestina il bilancio attuale rimane catastrofico: secondo il bollettino aggiornato del ministero della Sanità di Gaza dall’inizio dell’offensiva nella Striscia sono 25.700 i morti palestinesi e 63.354 i feriti. Il bilancio dei morti in Israele è invece di 1.200. Il segretario dell’Onu Guterres ha ricordato che “l’intera popolazione di Gaza sta subendo una distruzione a una scala e a una velocità senza eguali nella storia recente”. Ci sarebbero tutti gli estremi quindi per usare la giornata della Memoria per mostrare le cause sempreverdi che spiegano i vecchi e i nuovi genocidi: un contesto di crisi economica e guerra totale; l’indifferenza delle masse popolari, troppo occupate a far quadrare i conti di fine mese, dopo le “riforme” sciagurate della Meloni; un revisionismo storico di lungo corso teso a indottrinare i giovani con iniziative sempre più logore che si svolgono nelle scuole; un sistema mass-mediatico sempre più intollerante nei confronti delle voci critiche, con tanto di letterine dell’icona democratica Littizzetto che invita Musk e Zuckerberg a fare “ordine” sui social, impedendo che si continui a diffondere “odio”. Un tempo a fare simili proclami erano i trinariciuti aristocratici ultra-conservatori che si lamentavano della propaganda social-comunista tesa a svegliare i lavoratori contro il padronato. Oggi sono i sacerdoti della sinistra “democratica” a sventolare con più forza i vessilli della menzogna, eppure rimane fondamentale ribattere colpo su colpo, non abbandonare la bandiera dell’antifascismo, nonostante le palesi strumentalizzazioni del PD, perché in quella tradizione non c’è solo Benigni, ma anche Monicelli e i compagni dell’ANPI di Bagno a Ripoli. Lo slittamento a destra dell’intero panorama politico occidentale avvenuto nell’ultimo trentennio ci obbliga a tentare nuove vie egemoniche, ma questo non può portarci ad abbandonare il tentativo di radunare anzitutto i compagni più validi che, delusi da QUESTA sinistra e rimasti ancorati, seppur spesso confusamente, a certe idee e valori anticapitalisti e antimperialisti, ancora cercano una sponda politica in cui portare il proprio contributo, partecipando attivamente e democraticamente alla costruzione della società futura. Il compito dei comunisti è quindi continuare ad agire in due aree principali: quella “antisistema” e quella della “sinistra di classe”. Il crinale è stretto e tortuoso, ma trascurare uno dei due campi rischia di portare rispettivamente all’irrilevanza politica o alla consunzione del Partito.
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