La vittoria di Tsipras e del suo partito Syriza, fu celebrata da gran parte della sinistra italiana come l’inizio dell’ascesa della sinistra “radicale” in Europa. Ma la grandezza di quell’entusiasmo è pari solo al tradimento di quelle aspettative e delle speranze che il popolo greco aveva riposto in Syriza. Questa discrepanza fra narrazione e realtà è ormai più che evidente dopo 4 anni in cui la Grecia è stata governata da un’alleanza fra Syriza e il partito di destra nazionalista dei Greci Indipendenti (ANEL), e il popolo di quel paese l’ha pagata sulla sua pelle.
Oggi avere una visione chiara sulla vicenda di Tsipras serve a rispondere a una domanda: siamo davvero sicuri che Syriza, e più in generale il progetto della sinistra europea, possa essere ancora la prospettiva per i popoli e i lavoratori in Europa?
– Un governo che attacca lavoratori, sanità e pensioni in linea con le politiche UE
Il bilancio di questi anni è quello di un governo che è stato il fedele esecutore delle politiche di austerità volute dalla troika, attaccando i diritti sul lavoro, tagliando le pensioni, la sanità pubblica e promuovendo massicce privatizzazioni di beni pubblici. È una dura realtà, ma questo è ciò che ha significato il governo della “sinistra” di Tsipras per il popolo greco.
Il “no” al referendum del 5 luglio 2015, con cui si chiedeva ai greci di accettare o rifiutare il memorandum proposto dalla Troika (Ue, Bce, Fmi) in cambio degli aiuti economici per scongiurare la crisi del debito pubblico greco, è stato rapidamente trasformato in un “sì” a un nuovo memorandum, come avevano già denunciato i comunisti greci prima del voto (quando la “controproposta” di Tsipras era in realtà un memorandum che differiva molto poco da quello dei creditori). Sei mesi dopo la nascita del governo, il cambiamento promesso da Syriza si era già trasformato nel terzo memorandum a spese del popolo greco. Un esito inevitabile, perché l’illusione riformista di cambiare la natura della UE “dall’interno”, senza voler rompere con le sue regole e con il potere dei grandi monopoli, era di per sé destinata a infrangersi.
L’attacco ai diritti dei lavoratori ha raggiunto il suo culmine fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, quando il governo Tsipras ha varato una legge contro il diritto di sciopero, alzando dal 20% al 50% la soglia di voti necessari nel sindacato per proclamare uno sciopero. In quell’occasione, durante un’immenso sciopero generale contro questa proposta, i lavoratori sfondarono l’ingresso del Ministero del Lavoro, che si rifiutava di incontrarli, definendolo “il ministero dei padroni e non dei lavoratori”.
Figlie del memorandum sono i tagli alla sanità per ridurre la spesa sanitaria sotto il 6% del Pil, col risultato che oggi gli ospedali greci csono al collasso con un infermiere ogni 30 o 40 pazienti, i tagli alle pensioni (che hanno fissato la pensione minima a 384€ al mese), le massicce privatizzazioni, o meglio, la svendita vera e propria di infrastrutture e beni statali.
Nell’agosto 2018, Tsipras annunciava trionfalmente l’uscita della Grecia dal terzo memorandum. Ma quali sono i risultati dell’austerità di cui anche Tsipras si è fatto promotore? La Grecia è il paese UE con i più alti tassi di disoccupazione (18%) e disoccupazione giovanile (vicina al 40%). Il livello dei salari si è ridotto del 16%, le spese per la previdenza sociale contratte del 17%, un quarto della popolazione (2.5 milioni di greci) senza cure per la privatizzazione della sanità, un rischio di povertà e di esclusione che coinvolge il 35% della popolazione, il 90% del patrimonio pubblico svenduto a grandi capitali multinazionali, una denutrizione infantile in crescita e l’incremento del 26% del tasso di mortalità infantile.
– Il governo Tsipras è il principale alleato della NATO e degli USA nella regione
La Grecia di Tsipras è oggi il paese più militarista e filo-USA della regione balcanica. L’obiettivo della sua politica estera è il rilancio del ruolo della Grecia come perno della geopolitica statunitense e delle strategie militari della NATO nei Balcani e nel Mediterraneo orientale. In particolare negli ultimi anni, il governo Tsipras ha assecondato sempre di più gli interessi di USA e NATO, al centro dei cui interessi c’è in particolare la Grecia settentrionale (la regione di Salonicco), strategica nella competizione imperialista contro Russia e Cina.
Negli ultimi anni, i comunisti greci hanno denunciato i piani per reinstallare armi nucleari in Grecia. Dall’autunno 2017, con il consenso del governo, sono in corso lavori di nella base aeronautica di Araxos, situata nei pressi di Patrasso, per il trasporto di “armi speciali”, che altro non sono che le armi nucleari situate nella base di Incirlik (Turchia).
Tutto questo avviene non solo con il consenso, ma con la partecipazione attiva del governo Tsipras. Il mese scorso (aprile 2019), la Grecia ha partecipato assieme agli USA e ad altri paesi nella più grande esercitazione navale NATO nel Mar Nero, la Sea Shield-2019, rivolta contro la Russia e preceduta da provocazioni della flotta del governo reazionario ucraino. Nel mese di marzo, la Grecia ha partecipato a Gerusalemme a un vertice trilaterale con Cipro e Israele, assieme al segretario di Stato USA… vertice che il governo Tsipras, ansioso di mostrare il suo impegno nell’alleanza atlantica, ha fino all’ultimo cercato di ospitare a Creta!
Nei piani della NATO rientra l’apertura di nuove basi militari in Grecia, paese che è una vera e propria porta d’accesso ai Balcani meridionali. Non è un caso se la Grecia, con la “risoluzione” della disputa sul nome dell’ex Repubblica di Macedonia (FYROM), oggi Macedonia del Nord, sta giocando un ruolo di primo piano nel processo di integrazione di quel paese nella NATO e nella UE (che infatti sono stati, assieme agli USA, i primi ad applaudire l’accordo fra i due paesi).
Chi sono gli amici di Tsipras in Italia
Da anni in Italia c’è il tentativo di costruire, perlopiù sotto forma di coalizione elettorale, una formazione politica di sinistra, che specie negli anni precedenti andava di moda chiamare “la Syriza italiana”. L’assunzione di Syriza come modello da parte della sinistra in Italia è arrivata al punto da inserire il nome di Tsipras in quello della lista presentata alle elezioni europee del 2014, “L’Altra Europa con Tsipras”. Fino ad oggi, nessun progetto di questo tipo ha mai superato una tornata elettorale, e ad ogni elezione si presenta una nuova lista di sinistra più o meno radicale.
Syriza fa parte del Partito della Sinistra Europea, di impronta riformista ed europeista, del quale Bertinotti fu tra i fondatori nel 2004, e nel parlamento europeo siede nel GUE-NGL. In queste elezioni europee, il Partito della Sinistra Europea e Syriza vengono assunti come riferimento da “La Sinistra” di Nicola Fratoianni, già esponente di SEL e oggi di Sinistra Italiana. Fra le due liste c’è stato uno “scambio di candidati”, con l’italiana Luciana Castellina (Sinistra Italiana) candidata in Grecia nella lista di Syriza, e il greco Argiris Panagopoulos inserito nelle liste in Italia.
Ma al netto delle fascinazioni romantiche, pare che ben pochi a sinistra abbiano fatto realmente un bilancio di quanto avvenuto in Grecia e soprattutto sulla lezione che quell’esperienza dovrebbe darci circa la possibilità di “riformare” l’Unione Europea.
– Perché i comunisti non entreranno nel GUE-NGL
Qualche anno fa suscitò alcune incomprensioni nella sinistra italiana la scelta del Partito Comunista di Grecia (KKE), che raggiunse il 6,11% alle scorse elezioni europee eleggendo due eurodeputati, di lasciare il GUE-NGL, gruppo parlamentare europeo in cui rientrano non solo i partiti membri della Sinistra Europea, ma anche alcuni partiti comunisti che storicamente hanno rifiutato la visione eurocomunista.
Sarebbe stato paradossale invece per i comunisti greci, in prima linea nelle lotte e negli scioperi di massa contro le politiche antipopolari promosse dal governo di Syriza, sedere nello stesso gruppo parlamentare del partito al governo nel paese.
Il GUE-NGL e la maggior parte dei partiti che lo compongono hanno avuto la pesante responsabilità di sostenere le politiche di Syriza in Grecia. Una responsabilità che non ha risparmiato, purtroppo, neanche lo storico Partito Comunista Francese, per la verità uno dei più europeisti e riformisti nel continente, che nei suoi festival de l’Humanité ha invitato il Ministro del Lavoro di Syriza, lo stesso contro cui manifestavano i lavoratori in Grecia, e ha voluto assumere Syriza come suo unico interlocutore politico in Grecia.
È una critica che non sono solo i comunisti a muovere: lo scorso luglio Jean-Luc Melenchon, leader del Partito della Sinistra in Francia e del movimento “La France insoumise”, ha annunciato la decisione di lasciare il Partito della Sinistra Europea, dichiarando che «A un anno dalle elezioni europee, non è più possibile unire nello stesso partito europeo gli oppositori e gli artigiani dell’austerità». Una rottura che, pur partendo da presupposti strategici che restano diversi da quelli dei comunisti, rende evidente che il problema esiste davvero.
È proprio per queste ragioni che anche in Italia il Partito Comunista (PC), candidato in tutte le circoscrizioni con la propria lista, ha dichiarato che se eleggerà eurodeputati non entreranno a far parte del GUE-NGL. Non è una scelta “settaria”, perché il settarismo non si misura con la disponibilità ad allearsi con chi ha promosso e sostenuto politiche antipopolari, ma è piuttosto il rifiuto di parlare e intervenire a contatto con le masse e di adempiere al proprio ruolo di avanguardia. È al contrario una scelta di coerenza, dettata dalla convinzione che solo unendo realmente le lotte dei comunisti e dei lavoratori di tutti i paesi, contro la UE e le sue politiche antipopolari, si possa costruire una solida alternativa per i lavoratori, in Italia e in Europa.