Si parla in questi giorni della proposta della Commissione europea di allargare il proprio bilancio per favorire prestiti e trasferimenti a fondo perduto agli stati.
L’offerta dell’Europa, Next Generation EU, è avvelenata. Si tratta pur sempre di prestiti che per l’Italia si tradurranno di un aumento del debito pubblico che aggraverà l’esposizione del nostro paese rispetto ai mercati internazionali, che poi sono quelli che ci tengono in pugno.
Lo conferma anche il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella sua relazione del 29:
«Il Fondo si finanzierebbe infatti con un debito comune contratto dall’Unione europea, che sarebbe responsabilità di tutti i paesi membri». «I fondi europei non potranno mai essere “gratuiti”: il debito europeo è debito di tutti e l’Italia contribuirà sempre in misura importante al finanziamento delle iniziative comunitarie, perché è la terza economia dell’Unione. … L’importanza della recente proposta della Commissione non sta nella sostituzione di un prestito con un trasferimento, ma nell’assunzione collettiva di responsabilità per il finanziamento della ripresa».
Quindi non si esce dal paradigma del debito che si scaricherà come al solito sui contribuenti, ossia sui lavoratori.
I settori che saranno beneficiari saranno «la transizione ambientale e quella digitale», ossia settori ad alta capitalizzazione e tasso di profitti e non certo i settori più colpiti come il turismo e le piccole attività. Si prende come scusa i tanti che hanno subito la crisi per far affluire le sovvenzioni ai pochi, sovvenzioni che poi saranno sempre i tanti a pagare. D’altro lato, i settori “maturi”, come quelli dove sono presenti FCA e Atlantia, attraverso le loro pressioni già stanno avendo quanto richiesto.
Dalla relazione di Visco si legge ancora:
«Le risorse vanno indirizzate dove si possono ottenere i rendimenti sociali più elevati».
Sembra del tutto logico, ma se caliamo questa ricetta nella realtà dei nostri paesi, ciò significa fare fuori i piccoli e concentrare le risorse nei settori più redditizi. Ma redditizi per chi? I benefici di queste rendite dove andranno? Qui sta la differenza tra il socialismo e il capitalismo. Non è solo un problema di distribuzione. Distribuisce chi ha in mano la produzione ed è per questo che fino a quando non cambierà chi ha in mano il mazzo, ossia le leve della produzione, le carte usciranno sempre le stesse.
Con la consueta sincerità che contraddistingue chi è a capo della Banca d’Italia, Visco conclude:
«Durante questa transizione potrà ridursi l’occupazione e potranno protrarsi le situazioni di sospensione dal lavoro; ne saranno frenati i consumi, che risentiranno anche del possibile aumento del risparmio precauzionale dovuto ai timori sulle prospettive, non solo economiche. Potrà crescere il disagio sociale … una cosa è sicura: finita la pandemia avremo livelli di debito pubblico e privato molto più alti e un aumento delle disuguaglianze, non solo di natura economica.»
Queste sono le prospettive che ci offre il capitalismo. È scritto nero su bianco.
E il bersaglio grosso sarà il patrimonio privato italiano, i risparmi e le case di chi ha accumulato in anni di sacrifici.
Le altre critiche che si sentono si limitano a una semplice considerazione ragionieristica: quanto ci danno e quanto dovremo restituire. Nessuna critica al sistema.
La vera opposizione è una sola, quella del Partito comunista, che domani scenderà in piazza coi lavoratori, di quelli dipendenti e di quelli autonomi, di quelli che dicono davvero basta a questa gabbia europea, non a parole, ma per davvero. Alle spese militari folli e dannose, che portano le guerre agli altri popoli, i cui risultati poi si scaricano contro di noi.
“La Repubblica ai Lavoratori” .