Sezione di Venezia “Partigiano Tarcisio Vallotta”.
LE CASE DELLA COMUNITÀ SUL TERRITORIO VENEZIANO, A BENEFICIO DELLA POPOLAZIONE E NON DEL DEPAUPERAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO E DELLE SPECULAZIONI SULLE STRUTTURE.
Guardando alla missione 6 del PNRR, quella relativa alla salute, vediamo che sono previste 1.288 nuove “Case di Comunità” e 381 “Ospedali di Comunità” per l’assistenza di prossimità; fornire assistenza domiciliare al 10% degli over 65; 602 nuove “Centrali Operative Territoriali” per l’assistenza remota; oltre 3.133 nuove grandi attrezzature per diagnosi e cura. Si tratta di un piano organico che dovrebbe vedere la sua attuazione entro la metà del 2026. È d’obbligo il condizionale, data la mole di interventi sulle strutture e sull’organizzazione sanitaria generale. Facciamo innanzitutto presente che il PNRR, dei 191,5 miliardi di Euro previsti, ne usa soltanto l’8% per la sanità. Il progetto si porrebbe l’obiettivo di razionalizzare e distribuire i servizi sanitari: proposito, questo, molto ambizioso perché deve agire in presenza di strutture esistenti e contemporaneamente progettarne di nuove con funzioni diverse. Ora, nella lettura del testo, non appare chiaro che cosa va mantenuto e che cosa va cambiato, che cosa si aggiunge ai servizi esistenti e che cosa si toglie. Anche le procedure e i tempi di attuazione sono poco comprensibili.
È il caso della Case di Comunità, che «dovrebbero essere una soluzione organizzativa con funzione di prossimità per le cure primarie, per i supporti sociali e assistenziali proponendosi come luogo di offerta, ma contestualmente come luogo della relazione e dell’attenzione a tutte le dimensioni di vita della persona e della comunità». Come si vede, non viene utilizzato solo il condizionale, ma anche un linguaggio vago e onnicomprensivo che non chiarisce nulla.
Le Case di Comunità sono un unico punto di accoglienza ai servizi sanitari e sociali culturali, economici e relazionali. Dovranno avere al loro interno spazi per:
– gli ambulatori dei medici di famiglia, ambulatori specialistici e servizi di diagnostica strumentale;
– i servizi infermieristici con le attività di assistenza domiciliare;
– i servizi sociali;
– spazi per attività di promozione e prevenzione;
– appositi luoghi di accoglienza e relazione, di partecipazione sociale, ambiti di sostegno alle fragilità, sedi del volontariato.
Nelle Case di Comunità i cittadini possono, attraverso un lavoro professionale coordinato tra sociale e sanitario:
– consultare un medico di base e un infermiere durante la giornata;
– consultare un professionista sanitario che accolga le richieste del cittadino e lo accompagni verso i servizi occupandosi di attivare percorsi sanitari adeguati;
– approfondire gli aspetti sociali dei problemi sanitari attraverso il confronto con altre figure come l’assistente sociale;
– risolvere adeguatamente la maggior parte dei problemi di salute in un unico luogo;
– gestire le malattie croniche attraverso percorsi assistenziali condivisi e supervisionati.
Come si vede, luoghi pensati per risolvere ogni tipo di problema che affligge il cittadino, ma che non chiariscono ciò che attiene alla salute e ciò che attiene al disagio sociale.
Facciamo un esempio pratico relativo a queste strutture sul nostro territorio. Ne sono previste 1288 a livello nazionale, 99 nel Veneto, 12 all’Ulss veneziana, 6 nel territorio diocesano, infine 2 nel centro storico, di cui una prevista al Lido nel Monoblocco (e qui non si capisce cosa le nostre amministrazioni regionali e locali vogliano fare di questa struttura, visto che non è chiaro se resti ancora in campo il progetto dei due resort che dovrebbero sorgere al posto dell’adiacente ex Ospedale, per cui è previsto l’abbattimento del Monoblocco stesso) e a Venezia all’Ospedale Civile.
Vediamo di analizzare in profondità quali siano le problematiche esecutive di questo progetto sanitario.
Gli interventi potranno essere orientati verso soluzioni diversificate:
Manca, alla data attuale e su tutto il territorio nazionale, una mappatura delle strutture esistenti e una traccia sulle caratteristiche strutturali delle possibili realizzazioni. Sono pertanto necessarie una serie di valutazioni per rispondere a molteplici problematiche e quesiti, di carattere:
Normativo: L’edificio è in proprietà, in comodato d’uso, in affitto? è di proprietà di altro ente pubblico?
Strutturale: Disponibilità di rilievi architettonici aggiornati. Valutazione della adeguatezza sismica e antincendio. Corrispondenza dei locali sanitari alle normative nazionali e regionali di accreditamento. Accessibilità per non autosufficienti. Cablaggio dei locali. Necessità di ampliamento per adeguare l’edificio a trasformarsi da Casa della salute (o poliambulatorio) a Casa della Comunità, con la indispensabile integrazione dei servizi sociali
Urbanistico: La destinazione urbanistica è coerente con l’utilizzo ipotizzato? Sono possibili ampliamenti? Vi sono parcheggi pertinenziali o pubblici? È necessario ridefinire i percorsi dei mezzi pubblici e le relative fermate: autobus, tramvia, metropolitana?
Ritornando alle questioni locali, mentre il Monoblocco si presta ad una funzione prevista di Casa della Comunità, anche alla luce del fatto che l’edificio ha due piani inutilizzati, l’Ospedale Civile non sembra avere possibilità “di ampliamento per adeguare l’edificio a trasformarsi da Poliambulatorio a Casa della Comunità, con la indispensabile integrazione dei servizi sociali”. Pertanto esiste il pericolo che venga diminuita la qualità delle prestazioni. Mentre invece dovrebbe essere preso in considerazione l’utilizzo dell’ospedale Giustinian, dove corrono voci di ridimensionamento dei servizi ospedalieri, se non addirittura la loro soppressione, col rischio non remoto di un’ennesima operazione speculativa sullo storico edificio.
Intendiamo allertare il cittadino a prestare attenzione a questa progettualità che ha per certo soltanto una enorme quantità di quattrini da spendere, mentre in concreto si trova ad affrontare problemi di grande rilevanza senza la dovuta chiarezza. I grandi annunci fatti dal “Governo dei MIGLIORI servono ad assicurare le grandi lobby economico finanziarie, ma non risolvono le giuste e motivate diffidenze del cittadino, timoroso che questa occasione di enormi investimenti servano a mutare la gestione pubblica delle istituzioni e dei servizi in governance private.
Ne è prova la stesura del PNRR, la sua difficile comprensione, l’uso incondizionato di locuzioni anglosassoni, il linguaggio estremamente tecnico da un lato, e descrittivamente oscuro dall’altro. È il sintomo che la democrazia sta prendendo le distanze dal popolo che rappresenta, sempre di più è amministrata da un’oligarchia tecnocratica, che sta risolvendo i grandi, sofferti problemi sociali che affliggono l’uomo, con soluzioni economiche e mercantili che nulla hanno di umano.
NOI CREDIAMO CHE SIA NECESSARIO CONTRASTARE QUESTA PARTITA IN TUTTI I MODI POSSIBILI.
Ci sono luoghi nella città storica, nelle isole e in terraferma, che sarebbero estremamente adeguati per le necessità sanitarie della popolazione, sia per motivi legati alle stesse strutture fisiche come la capienza e altre caratteristiche sostanziali, luoghi che rischiano di essere utilizzati per altri scopi, nella fattispecie speculazioni, ai quali forse anche il Giustinian in futuro potrebbe servire, o addirittura rischiano di essere distrutti come il Monoblocco.
CREDIAMO NECESSARIO CREARE UN FRONTE COMUNE E COMPATTO, UNENDO ANCHE LE SINGOLE LOTTE: L’EX UMBERTO I, PER ESEMPIO, PRESENTA NUMEROSISSIME AFFINITÀ CON L’OSPEDALE AL MARE DEL LIDO.
Le Case della Comunità del PNRR sembrano costituire un passo avanti nel peggioramento e nel percorso verso la privatizzazione della medicina territoriale e della sanità pubblica nel nostro Paese, ma bisogna rendere il più difficile possibile quest’operazione, partendo dai nostri singoli territori e cercando di rendere la situazione il più possibile favorevole al cittadino e alla residenzialità.