Intervista a Claudio Signore della CUB Trasporti, sullo sciopero generale del 27 ottobre, la situazione dei lavoratori dei trasporti e della logistica e le prospettive di lotta in questa fase.
Col 27 Ottobre 2017, siamo arrivati allo sciopero generale della Cub e delle altre sigle del sindacalismo di base che non si sono compromesse con l’accordo sulla rappresentanza del gennaio 2014. Ne discutiamo con Claudio Signori, segretario generale della Cub-Trasporti. Cosa accade nel mondo dei trasporti?
I trasporti, per lo spostamento di persone e merci, sono asse fondamentale del nostro Paese e dovrebbero rappresentare un volano di sviluppo ed un servizio accessibile alle persone, garantendo il diritto alla mobilità a tutti i cittadini ( sbandierato solo quando i lavoratori scendono in sciopero ) e complementare alle attività industriali e dei servizi, per questo dovrebbe essere saldamente sotto il controllo pubblico.
Invece si susseguono parziali progettazioni e realizzazioni di piani locali dei trasporti basati essenzialmente sullo sviluppo di grandi opere infrastrutturali, soprattutto legate all’alta velocità ferroviaria e alla grande viabilità su strada.
Mai si è perseguita la progettazione di un piano nazionale organico e generalizzato dei trasporti che da una parte tenesse conto complessivamente dell’integrazione dei vari settori del trasporto e dall’altro delle necessità legate alla sostenibilità sociale ed ecologica di questo fondamentale comparto industriale.
La pratica delle privatizzazioni in questo comparto si diffonde pericolosamente e progressivamente, producendo dissesto economico, disoccupazione, minori servizi all’utenza a prezzi più alti, riduzione preoccupante dei livelli di sicurezza, dei salari, dei diritti e delle tutele dei lavoratori.
Da parte dei lavoratori quali sono le reazioni?
I lavoratori da una parte subiscono le scelte aziendali che sono dedite al massimo profitto, dall’altra subiscono il “monopolio” sindacale di Cgil, Cisl, Uil, diventati ormai un corpo unico con le organizzazioni padronali, da un’altra ancora subiscono le politiche liberiste largamente trasversali da destra a sinistra.
A tutto ciò si aggiunge il finanziamento, con i soldi dei lavoratori, attraverso i rinnovi contrattuali, dell’assistenza complementare, degli enti bilaterali e dei fondi pensione integrativi, ai quali i lavoratori sono iscritti obbligatoriamente; contrattualmente.
I pochi rinnovi contrattuali (a perdere) siglati senza il coinvolgimento dei lavoratori, hanno aumentato sempre di più la distanza tra rappresentanza e democrazia.
Questo è ancor più evidente dopo la firma del Testo Unico di Rappresentanza del 10 gennaio 2014 (al quale hanno aderito anche alcuni sindacati di base come USB e COBAS) e con il progressivo attacco al diritto di sciopero, facendo diventare sempre più invasivi i vincoli imposti dalla legge 146/90. A questo proposito in senato sono in discussione le proposte di inasprimento della legge antisciopero (Damiano, Ichino, Sacconi) che dovrebbe seguire i dettami del T.U. del 10 gennaio 2014 spostando la titolarità costituzionale del diritto di sciopero dai lavoratori alle Organizzazioni Sindacali cosiddette “maggiormente rappresentative”, Cgil, Cisl, Uil, che saranno le uniche titolate ad indire sciopero nei servizi di pubblica utilità . Ciò in netto contrasto con l’articolo 40 della costituzione.
Quindi quali sono le condizioni per fare sindacato oggi?
La differenza tra un sindacato d’“opportunità” e un sindacato di classe è che il primo si ritaglia spazi di “rappresentatività” e prerogative concesse dai padroni scambiandoli con pezzi di diritti dei lavoratori, il secondo intende conquistare il libero diritto di associazione, rappresentanza e di sciopero con la lotta senza compromessi.
In questo quadro si colloca l’ordinanza del Ministro Delrio che nei trasporti ha ridotto a 4 ore questo sciopero generale del 27 ottobre 2017. Il Governo si prepara alla proibizione definitiva del diritto di sciopero, vietando lageneralizzazione dei contenuti dello straordinario sciopero di massa dei lavoratori dei Trasporti del 16 giugno scorso, contro le “riforme” del lavoro e sociali, utili a favorire i processi di privatizzazione, liberalizzazione, finanziarizzazione delle aziende di trasporto e la riduzione dei salari, il peggioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza, la precarizzazione ed espulsione di migliaia di lavoratori.
Attraverso il restringimento del “diritto dei diritti” e della democrazia sia nei luoghi di lavoro, da ultimo con l’accordo del 10 gennaio 2014, sia nel Paese tutto, s’intende spegnere la sempre più dilagante protesta della classe operaia, come nel più classico dei regimi totalitari.
Fine del diritto di sciopero quindi?
Il diritto di sciopero, che è il diritto con il quale difendere e conquistare altri diritti, si difende praticandolo, sempre e senza tentennamenti.
Il continuo smantellamento della competenza del “PUBBLICO” sulla gestione dei Trasporti come nelle Ferrovie, nel TPL, e la scellerata deregulation negli Aeroporti, e dei Vettori Aerei, ha portato inevitabilmente alla diminuzione dei servizi offerti all’utenza e alla decadenza della qualità di quelli esistenti, al conseguente aumento delle tariffe e all’espulsione di migliaia di lavoratori.
Quali esempi puoi fare?
Per il “salvataggio” di ATAC a Roma – portata al collasso da un vero e proprio assalto alla diligenza, da anni perpetrato da Dirigenti, Manager, politici e sindacati che addirittura gestivano la fornitura di pneumatici, neanche a dirlo attraverso una cooperativa – si propone, con la giunta Raggi, la sua privatizzazione attraverso le gare d’appalto.
Paradossale è che si proponga la stessa ricetta per ATM Milano, azienda più che florida, costata pesanti sacrifici ai lavoratori, che non grava sulle casse del Comune ma ne è fonte di finanziamento, e unico esempio italiano di azienda di TPL perfettamente in linea con i colossi europei, sia economicamente che in termini di qualità del servizio.
Il comune di Milano a guida PD, con il sostegno per niente celato della destra all’opposizione, si appresta a deliberare la messa a gara del TPL Milanese. I Tranvieri milanesi da mesi sono in lotta contro le mire speculative e gli interessi trasversali che gravitano attorno ATM e che non vedono l’ora di accaparrarsi il gioiello dei cittadini Milanesi per trarne profitto privato. E tra queste, ovviamente BUS Italia (azienda a capitale misto privato/pubblico).
E in campo areoportuale?
Nel settore aeroportuale si denunciano crisi aziendali nonostante che il settore sia in continua crescita (oltre il +4,5% medio annuo ed in particolare Malpensa +10% ca., Venezia +10% ca., Marconi + 14%. A livello Nazionale il + 5,9% di merci trasportate ed il + 2,6% in volume di movimenti aerei) e le aziende scaricano sui lavoratori il peso di una concorrenza selvaggia, che non ha tutelato neppure l’utenza.
La macelleria nel comparto aeroportuale è uno dei laboratori in cui sperimentare la precarizzazione di massa, l’impoverimento generale e la cancellazione dei diritti di intere generazioni di lavoratori. Gli ammortizzatori sociali finiscono per essere utilizzati per tutelare gli azionisti e finanziare le ristrutturazioni aziendali con il benestare dei Governi e dei sindacali confederali.
L’accordo proposto in Alitalia, che confermava gli esuberi e il mancato rinnovo dei contratti a termine, senza un piano di rilancio, in osmosi con un piano generale del sistema aeroportuale che deve superare la logica della concorrenza (deregulation) porta inevitabilmente ad assistere definitivamente al declino del vettore aereo e del “sistema aereo in Italia”. Perché il continuo ridimensionamento di Alitalia sul mercato domestico e su quello intercontinentale, anche in presenza di un intervento finanziario attraverso aumenti di produttività e di carichi di lavoro, diminuzione di salario e di Cigs, non porta a nessun rilancio , ma apre ulteriormente il mercato Italiano, e non sempre alle compagnie low cost
In questo quadro con il più classico “ricatto del lavoro” è stato gestito il referendum in Alitalia, al quale il 67% lavoratori hanno risposto No dimostrando coraggio e determinazione!
Ma è nei sedimi aeroportuali degli handlers (servizi di terra) che si “sperimenta” il massimo dello sfruttamento delle persone con i continui campi d’appalto gestiti sempre da cooperative, tal volta false.
La logistica che ruolo gioca?
Nell’attuale sistema industriale – incentrato sulla distribuzione e vendita di prodotti nei centri commerciali, nei supermercati, nei negozi, nelle stazioni, negli aeroporti, e-commerce ecc… – il settore della logistica (trasporto merci e spedizioni) ha assunto un ruolo di nevralgica importanza. Per questo, imprenditori senza scrupoli e cooperative (anche false), non vedono l’ora di accaparrarsi la gestione degli appalti e, con l’intento di triplicare i profitti, imponendo situazioni di pesante sfruttamento: ritmi di lavoro sempre più pesanti e flessibili, utilizzo di manodopera in nero, condizioni igieniche e di sicurezza quasi inesistenti, continui cambi d’appalto al massimo ribasso, salari da fame e il mancato riconoscimento di vari istituti contrattuali e troppo spesso buste paga “truccate”…
Le cooperative devono sparire dal panorama del lavoro subordinato. Questo è l’unico modo per combattere il dumping sociale che queste creano ogni volta che acquisiscono un nuovo appalto.
Nel settore ferroviario i bilanci paiono positivi?
L’azienda FS ha raggiunto negli ultimi anni importanti risultati economici, ciò è dovuto al contributo forzoso di tanti lavoratori ai quali sono stati drasticamente aumentati l’orario, i carichi e la flessibilità del lavoro.
I Processi di divisionalizzazione e spacchettamento di FS concordati tra Holding FS, Governo e CGIL, CISL, UIL ed altri sindacati concertativi, si sta evolvendo in processo di privatizzazione e svendita.
In particolare il Governo vuole disfarsi della gestione economica del servizio ferroviario svendendo Alta Velocità ai privati collocando le azioni FS in borsa, mollando il servizio regionale alle Regioni, sacrificando Servizio Base.
Il Cargo invece ha già subito una prima tornata di privatizzazioni con l’entrata nel trasporto ferroviario merci di decine di aziende di ogni tipo e provenienza. Tutto ciò pesa sulla testa dei lavoratori con i rischi di disastro occupazionale già visti nel settore aereo e con gli attacchi ai livelli retributivi visti nel TPL.
La Vicenda di Mercitalia insegna che non c’è fine alle brame liberistiche di erosione dei diritti del lavoro, una volta aperta la possibilità delle cessioni di ramo d’azienda, tutti i servizi, diritti, orari di lavoro, si avvitano nella spirale del mercato.I recenti sviluppi nella gestione delle cooperative e delle gare di appalto non fanno altro che confermare che nessuna clausola sociale è realmente esigibile dai lavoratori.
La battaglia dei ferrovieri sul rinnovo del CCNL, durata tutto il 2016 aveva fissato una piattaforma rivendicativa, nata nelle assemblee di territorio e sviluppato intorno ad essa una larga mobilitazione di sostegno che ha impedito alcuni peggioramenti che le controparti datoriali e sindacali si apprestavano a sottoscrivere. Ma l’affondo è stato solo differito. L’appuntamento contrattuale in cui il processo di spacchettamento e ulteriore svendita dei pezzi del servizio ferroviario proverà ad essere realizzato col CCNL 2018.
Quale risulta alla fine il quadro generale?
In conclusione non potendo esportare il settore industriali dei servizi di trasporto s’intendono importare le condizioni di sfruttamento attraverso le liberalizzazioni, privatizzazioni, gare d’appalto, fallimenti pilotati e cooperative.
I contenuti dello sciopero Generale dei Trasporti del 16 giugno scorso, pensato e indetto da CUB Trasporti e SgB e l’adesione di massa che ha registrato, sono stati la linfa ispiratrice di una nuova stagione di lotte e dell’indizione dello Sciopero Generale del 27 ottobre 2017.
Pensiamo che ci sia tra i lavoratori una nuova maturità. Un segnale che ci dice che i lavoratori vogliono resistere a chi, in questi anni, ha mandato in fallimento numerose aziende (es. Alitalia e Atac) e l’Italia stessa. Una nuova coscienza contro i Governi padronali e la sfiducia di chi continua a chinare la testa essendo sempre più complice del capitale.
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