Sezione di Venezia “Partigiano Tarcisio Vallotta”.
Venezia è una città dove all’oggi si concentra tutto il male del sistema alla massima potenza. Qui si scontano i pegni del cambiamento climatico, della speculazione, del fallimento della monocultura turistica che ha portato miseria e disperazione nelle famiglie, costrette a cercare un altro luogo dove poter sopravvivere. Come in un fragile equilibrio di una struttura di carte, sarà la prima a crollare, prima che tocchi a tutte le altre. Tant’è, che in centro storico ed isole siamo rimasti meno di 50000, dai 150000 che eravamo.
Una delle nostre tragedie è la crisi delle abitazioni. Nessun salario è sufficiente, a fronte della spesa mensile di almeno 1000-1200 euro di affitto per una casa di piccole dimensioni, appena sufficiente ad ospitare una famiglia di tre persone. Speculazione, acqua alta e covid hanno iniziato il lavoro, che adesso sarà terminato dallo sblocco degli sfratti, a fronte di nessuna politica per abitazione e residenzialità attuata da questa Giunta comunale. Si tratta di una emergenza assolutamente legata al modello capitalistico di sviluppo, modello basato sullo strapotere di potentati economici privati che detengono un ingente patrimonio immobiliare, parte del quale viene lasciato artificialmente sfitto al fine di produrre l’aumento dei canoni di locazione di mercato.
Sul versante pubblico invece, da una prospettiva comunista, si devono denunciare le gravi responsabilità sia del Governo nazionale sia degli enti territoriali. A Venezia ci sono circa 2500 case sfitte: gli enti pubblici hanno subito un danno derivante dalla mancata riscossione degli affitti e gli appartamenti si deteriorano ma, soprattutto, famiglie aventi diritto non hanno ricevuto le assegnazioni. Spesso, inoltre, le abitazioni sono fatiscenti, a causa della scarsa o assente manutenzione.
Per ripopolare Venezia bisogna cambiare rotta: ci sono alloggi vuoti da decenni, alcuni in pessime condizioni, altri addirittura ristrutturati ma non assegnati. I richiedenti hanno spesso anche dieci anni di bandi alle spalle e non vedono una via d’uscita. La situazione riguarda tutto il Paese, ma qui determina un danno ulteriore, contribuendo in maniera enorme allo spopolamento della città, voluto da chi ha l’interesse di trasformarla in una nuova Pompei o in un enorme parco divertimenti per turisti.
È dei giorni scorsi, inoltre, la notizia che la società “Insula”, braccio operativo del Comune, ha ceduto a Veritas i lavori pubblici per dedicarsi interamente alle politiche della residenza. Potrà, inoltre, utilizzare il bonus del 110% per le ristrutturazioni, previsto dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020. Perché questo non è stato fatto finora? In primavera avevamo pubblicato un appello in questo senso, rimasto fino ad oggi inascoltato, visto che i legali del nostro Partito ci avevano informato che la legge permette l’utilizzo del superbonus anche agli enti pubblici. Sarà inoltre sfruttato veramente, o la burocrazia ne impedirà l’utilizzo effettivo? Sarebbe opportuno, a tale scopo, sburocratizzare le procedure per le case ERP, rimuovendo i vincoli, ritenendo prioritario il diritto sociale dell’abitazione.
Alla radice dell’emergenza abitativa in Italia, inoltre, vi è anche sicuramente un problema che afferisce all’esiguità del patrimonio immobiliare pubblico, dal quale trova scaturigine il seguente problema: l’assegnazione delle case di edilizia popolare genera conflitti tra poveri. La gravissima carenza di case pubbliche in tutta Italia è conseguenza delle poche risorse finanziarie destinate al settore dell’edilizia residenziale pubblica: basti pensare che solamente un 25% delle persone in condizione di disagio economico acuto accede ad un alloggio popolare, anche perché la limitatezza delle finanze pubbliche sconquassate dalle politiche economiche di austerità imposte dall’Unione europea ha determinato la previsione di requisiti sempre più stringenti per l’accesso alle case popolari.
Di contro, perfino la Corte Costituzionale ha affermato che gli obiettivi dell’edilizia residenziale pubblica devono consistere nel fatto di assicurare un’abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo ove è la sede dei loro interessi, per mettere nelle condizioni i soggetti, che non dispongono di risorse sufficienti, di vivere un’esistenza libera e dignitosa mediante un servizio che deve assicurare la provvista di alloggi per i lavoratori e per le famiglie meno abbienti. Il diritto all’abitazione è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e rientra “tra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione”. Riteniamo che sia pertanto prioritario condurre una battaglia contro previsioni normative che tendono sempre di più a rendere non effettivo questo essenziale e inviolabile diritto della persona.
Al riguardo si pensi alla Legge regionale del Veneto n. 39 del 03 novembre 2017 recante “Norme in materia di edilizia residenziale pubblica”, in cui si autorizza l’alienazione degli alloggi popolari previa autorizzazione della Giunta regionale, con priorità agli assegnatari al prezzo di mercato diminuito del 20% e conseguentemente tramite la procedura dell’asta pubblica.
Non solo, quindi, l’ente non attiva le procedure di assegnazione degli alloggi residenziali ma, addirittura, ne lascia sfitta una percentuale considerevole, fattore che permette in caso di alienazione del patrimonio l’applicazione di una logica assolutamente improntata al mercato attraverso il ricorso all’asta con offerta in aumento.
Sul piano politico abbiamo l’impressione che i Comuni, sempre più fiaccati dalle ristrettezze di bilancio, assumano artatamente una strategia tesa a lasciare sfitta una buona quantità di alloggi popolari in modo da procedere all’alienazione dei medesimi.