L’Esperanto per la “fraternità e la giustizia tra tutti i popoli”

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L’Esperanto per la “fraternità e la giustizia tra tutti i popoli”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Intervista di Pietro Fiocchi

con il Prof. Renato Corsetti

 

Lo hanno più volte dato per morto. L’Esperanto è vivo e vegeto, va controcorrente, ma resiste. Da quando nel 1887 a Varsavia è stato pubblicato il primo libro della “Lingvo Internacia” (lingua internazionale) a firma del Dottor Esperanto, alias Ludwik Lejzer Zamenhof, medico polacco, la storia della lingua e del “popolo” esperantista ha avuto vicende alterne, ma continua a fare il suo corso.

Questa “Lingua internazionale”, che successivamente ha preso il nome di Esperanto, è la più conosciuta e usata tra tutte le lingue ausiliari internazionali, ovvero quelle lingue ponte tra persone di diversa nazionalità, che non hanno una lingua in comune. L’Esperanto è relativamente semplice da imparare, è una lingua franca e idealmente neutrale. Aspetti rilevanti in prospettiva di una democrazia linguistica, presupposto di uguaglianza.

Tra le figure di primo piano del movimento esperantista ci sono stati e ci sono politici, personaggi del mondo scientifico e culturale, artisti. Uno di loro è l’italiano Renato Corsetti: studi universitari in economia e linguistica, è professore emerito di psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione, materia alla quale ha dedicato tutta una vita e che ha a lungo insegnato all’Università “La Sapienza” di Roma. È stato presidente dell’Organizzazione Mondiale della Gioventù Esperantista, dell’Associazione Universale di Esperanto e della Federazione Italiana di Esperanto.

Professore, cosa è la “interna ideo”, quale è il suo ruolo nel movimento esperantista?

L’idea, o più precisamente l’idea interiore, l’ “interna ideo”, sottesa al movimento esperantista non è niente altro che “fraternità e giustizia tra tutti i popoli”, per usare le parole usate da Zamenhof[1] stesso.

Oggi forse diremmo solidarietà e giustizia fra tutti i popoli e dovremmo aggiungere il riconoscimento della pari dignità fra tutti i popoli e tutte le culture, grandi e piccole, ricche o povere. Insomma nella testa degli esperantisti non c’è quella graduatoria che normalmente è nella testa di tutti: prima vengono gli americani degli USA, che sono i migliori di tutti, i più moderni, ecc. poi vengono gli svedesi, poi gli italiani e poi tutti gli altri con i bengalesi e simili all’ultimo posto.

Tutte le culture hanno qualcosa da dire al mondo. Dopo aver conosciuto gente di tante culture e di tanti ceti sociali, sono sempre più convinto che gli uomini sono uguali, che non ci sono popoli eletti e popoli reietti non ci sono gruppi prevalentemente buoni e gruppi prevalentemente cattivi, ma tutti gli uomini reagiscono alle situazioni materiali in cui si trovano, come affermavano i  non più molto citati Marx ed Engels[2].

Quali punti in comune trova tra l’Ideo dell’Esperanto e l’idea alla base del pensiero e dottrina del socialismo, del comunismo?

Il vero punto in comune è la spinta all’uguaglianza degli uomini e delle loro culture, come il socialismo ed il comunismo sono la spinta all’eguaglianza nel campo più generale delle condizioni di vita. Entrambe le ideologie sono figlie di quel magico periodo del diciannovesimo secolo in cui gli uomini credettero che fosse necessario proseguire il cammino intrapreso dalla Rivoluzione Francese del secolo precedente ed estenderne i benefici a tutti.

L’apparizione dell’esperanto è del 1887, non molto lontano dalla Comune di Parigi, dalle società operaie, dalle prime leggi sulla scuola per tutti. Non è un caso che tutti i regimi nazionalisti del 20-esimo secolo abbiano perseguitato contemporaneamente comunisti ed esperantisti. Le polizie di quegli stati avevano capito molto più degli intellettuali borghesi il solido legame tra i due movimenti. Per esempio in Giappone sia la polizia che il pubblico sapevano che: “Gli esperantisti sono come i cocomeri, verdi di fuori e rossi di dentro”[3] .

Del resto il fatto che adesso tutti i governi legati alla NATO guardano con indifferenza venata da inimicizia all’esperanto dice molto di più sul ruolo della NATO di guardiano dell’impero USA di lingua inglese che sull’esperanto.

Parliamo delle grandi personalità del socialismo e del comunismo. Chi di loro ha creduto nell’Esperanto, lo ha promosso e lo ha utilizzato in occasioni importanti?

Non è accertato con documenti chiari se Lenin abbia detto che l’esperanto è il latino della democrazia, ma sta di fatto che durante la vita di Lenin il movimento esperantista russo fu favorito nell’Unione Sovietica in molti modi perché l’internazionalismo proletario sembrava sposarsi benissimo con le idee mondialiste dell’esperanto.

Ci furono congressi, furono fondate associazioni, ecc. Secondo alcuni Stalin stesso aveva studiato l’esperanto durante un periodo in carcere. Il movimento, tuttavia, subì un momento di arresto durante gli anni del socialismo in un solo paese, quando i rapporti degli esperantisti con gli stranieri furono guardati con sospetto. Ma tutti i principali leader dei movimenti comunisti attivamente si interessarono di esperanto.

C’erano esperantisti con Mao nella “lunga marcia” e lo invitarono a visitare una mostra sull’esperanto. In quella occasione Mao scrisse una frase molto nota in Cina “Se si prende l’esperanto come mezzo per presentare idee veramente internazionaliste e veramente rivoluzionarie, allora l’esperanto può e deve essere studiato”.

Ancora oggi il movimento esperantista in Cina è molto forte. Ed anche in Vietnam, dove Ho Chi Minh nel suo viaggio giovanile per il mondo studiò l’esperanto nel 1916 a Londra.[4] Tito fu sempre favorevole all’esperanto ed anche Fidel Castro che nel congresso mondiale di esperanto a Cuba nel 1990 si dichiarò “soldato dell’esperanto”.

Come valuta da un punto di vista pratico l’uso dell’Esperanto per la comunicazione e la cooperazione scientifica, culturale e sociale tra i popoli?

L’esperanto funziona. Non si tratta di opinioni, ma di dati di fatto che ne mostrano l’impiego in tutti i campi, dalla Radio Cinese alla Radio Vaticana. Si può pensare che il governo cinese o il Papa sbaglino le loro valutazioni, usando qualcosa che non funzioni?

Del resto anche il programma in rete Duolingo, società con scopo di lucro americana, ha circa un milione di studenti nei suoi corsi di esperanto e l’associazione dei commercianti di lingua esperanto, organizzata da esperantisti cinesi è molto attiva negli scambi commerciali, vedi il suo sito multilingue: https://www.ikef.info/english.  L’esperanto funziona. Se non si usa non è perché non funziona ma perché gli imperi vogliono imporre le loro lingue.

Considerato lo stato attuale delle “lingue in pericolo di vita”, delle forti disuguaglianze tra popoli, quali sono le criticità del dominio globale di un’unica lingua nazionale rispetto ai vantaggi di usare una lingua progettata e promossa per essere sovranazionale e “neutrale”?

È semplice: l’uso della lingua del più forte tende a spazzar via le lingue dei più deboli, spesso con la stessa collaborazione dei più deboli stessi. Vedi le lotte delle università italiane per istituire corsi in inglese. In sostanza l’imperialismo linguistico-culturale è solo un’altra faccia dell’imperialismo più generale. Il fenomeno è stato abbondantemente descritto[5], ma come dice la nostra filosofia di vita, l’importante non è capire il mondo ma cambiarlo e nessuno lo vuole cambiare in questo campo, perché ci sono forti interessi dietro la situazione attuale.

Nel corso del suo lungo impegno per il movimento e per la promozione della lingua internazionale, quale evento, quali “risultati” hanno contribuito maggiormente a convincerla che l’Esperanto sia una giusta e utile causa, che per questo vale proprio la pena insistere?

Io credo, come ho già detto all’inizio che non ci siano culture superiori e culture inferiori, che gli italiani allo stesso modo dei giapponesi o degli americani del nord e del sud abbiano diritto di spiegare i loro valori e di essere rispettati in quanto uomini. Ma non tutti la pensano così. Coloro che fanno a gara per usare l’inglese al posto dell’italiano, credono che gli italiani non abbiano più niente da dire al mondo e che sia meglio mascherarsi da nordamericani per valere qualcosa. Io credo che noi dobbiamo insistere con l’esperanto come i comunisti devono insistere col comunismo.

Il sistema liberista sta portandoci alla scomparsa dell’umanità, ma molti ancora insistono a difenderlo. Se noi esperantisti non continuiamo a difendere i diritti linguistici dell’uomo nessun altro lo farà.

A che punto siamo oggi con l’Esperanto, quante persone lo parlano e ne fanno un uso pratico, professionale?

È difficile dirlo, ma gli studi più recenti parlano di 2-3 milioni di parlanti nel mondo. Di questi molti ne fanno un uso pratico. Abbiamo già parlato dei commercianti, ma adesso parliamo dei medici, che hanno una associazione di medici esperantisti molto attiva, recentemente occupata a tradurre in esperanto le pagine della Organizzazione Mondiale della Sanità sul Covid-19:  http://umea.fontoj.net/, ma gruppi di interesse più snelli si formano quotidianamente in rete ed è molto difficile seguirli tutti. Basta digitare la parola esperanto in Youtube ed uno viene assalito da una montagna di filmetti sulle cose più diverse, dalla vita su Marte alla cerimonia del tè cinese.

Quali paesi o organizzazioni sono maggiormente attive per diffondere conoscenza e uso della lingua internazionale?

La più rappresentativa è l’Associazione Mondiale di Esperanto (Universala Esperanto-Asocio – UEA, www.uea.org) che rappresenta il movimento presso le Nazioni Unite e l’Unesco ed ha sezioni nazionali en una settantina di paesi. In Italia la Federazione Esperantista Italiana  (www.esperanto.it).

La più attiva è la associazione esperantista cinese (Ĉina Esperanto-Ligo, http://esperanto.china.org.cn/), che ha attività in molti campi, editoriali, radiofonici, in rete, ecc.

 

[1]   Discorso inaugurale al Secondo Congresso Mondiale di Esperanto, Ginevra, 1906. Riportato in Korzhenkov A., L.L.Zamenhof, Kongresaj Paroladoj, Ekaterinburg, Ruslanda Esperantisto, 1995.

[2]   Engels F. e Marx K., L’ideologia tedesca, Roma, Editori Riuniti University Press, (ed. italiana) 2018.

[3] Lins, U., Dangerous Laguage – Esperanto under Hitler and Stalin, Londra, Palgrave Macmillan, 2016.

[4] Esperanto as an Asian language, blog della British Library del 22 luglio 2017.

 

[5] Phillipson, R., Linguistic Imperialism, Oxford University PressISBN . OCLC 30978070, Oxford, 1992; Phillipson, R., Linguistic Imperialism Continued, RoutledgeISBN . OCLC 730949179, New York, 2010.

 

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