L’affondo che in queste ore è stato lanciato su Tripoli dalle truppe del generale Haftar potrebbe portare alla capitolazione del governo riconosciuto dall’ONU, quello presieduto da Al Serraj. Voci diplomatiche riferiscono di una regia francese sull’operazione; non ce ne stupiremmo e sarebbe l’ennesima riprova della natura aggressiva e imperialista di uno dei paesi traino dell’Unione europea e dell’inconsistenza politica dell’Unione stessa.
Da settimane è in corso l’offensiva sul campo delle truppe dell’Esercito Nazionale Libico (LNA) di Haftar, sostenuto da Francia, Russia, Egitto, Arabia Saudita e Emirati Arabi, che dalla Cirenaica hanno posto sotto il loro controllo dapprima il sud e ovest della Libia, conquistando anche l’importante giacimento di El Feel (dell’ENI in compartecipazione con la NOC) e di Sharara, per giungere in queste ora alle porte di Tripoli, in vista della prossima “Conferenza nazionale” del 14/16 aprile a Ghadames che, secondo il piano ONU (appoggiato dall’Italia), dovrebbe (il condizionale mai come oggi d’obbligo) portare ad un accordo per arrivare ad elezioni.
Non a caso un via vai di rappresentanze e diplomazie imperialiste si susseguono in questi giorni in Libia, dal comandante dell’Africom americana Thomas Waldhauser al ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, dal segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres all’ambasciatore italiano Giuseppe Grimaldi Buccino (nella ricerca di allacciare difficili relazioni anche con Haftar), al fine di disegnare diversi piani corrispondenti agli interessi dei monopoli e potenze in competizione per il saccheggio e controllo delle risorse libiche.
Il nostro governo ha sbandierato come grande successo diplomatico la conferenza di Palermo del novembre 2018, una farsa in cui in cambio di un generico appoggio di Trump, che nei fatti si sta rivelando totalmente inutile, abbiamo acconsentito alla costruzione del Tap (la cui opposizione era una delle bandiere del movimento 5 stelle in Puglia), strategico per i piani statunitensi in Europa per limitare l’afflusso di gas russo. Agli incontri diplomatici seguono gli scontri armati e viceversa che determinano rapporti di forza sul campo in cui il governo fantoccio di Al Sarraj in Tripolitania, sostenuto dall’Italia, Qatar, Turchia e Fratelli Musulmani (ormai in disgrazia ovunque), si trova in una posizione di estrema debolezza politica e militare. Un sostegno, quello dell’imperialismo italiano ad al Serraj, che non è di natura diversa rispetto a quello francese ad Haftar, derivando esclusivamente dal fatto che in Tripolitania risiede il 70% dei suoi interessi economici e del petrolio dell’Eni, insieme al gasdotto Green Stream.
Tutto questo si continua a giocare sulla pelle del popolo libico mentre ufficialmente tutti parlano di “soluzione politica”.
Si profila pertanto una nuova crisi umanitaria, a dispetto della propaganda leghista su “Tripoli porto sicuro” e questa volta sarà difficile per chi è al governo svicolare da responsabilità che li investono direttamente. Non è con i porti chiusi o la retorica securitaria che si risolverà il fenomeno delle migrazioni di massa e l’ennesima crisi innescata dalle solite logiche, ma, come abbiamo sempre denunciato, con la fine delle politiche di sfruttamento del continente africano e del medioriente, del capitalismo globalizzato e delle guerre imperialiste.
E non è con gli opposti nazionalismi e il finto sovranismo di Salvini e Meloni che ci si libera dai meccanismi perversi dell’UE e della NATO, ma solo con il socialismo. A proposito di NATO, mentre ricorrono i 70 anni dalla sua fondazione e quasi tutti ripetono il coro dell’alleanza come baluardo di pace, siamo appunto a commentare l’ennesima ripresa della guerra sull’altra sponda del Mediterraneo, come se la NATO stessa non avesse responsabilità sulla destabilizzazione della Libia. Finchè esisterà la NATO esisteranno le aggressioni agli Stati sovrani che dispongono di risorse e materie prime e finchè questo accadrà, ci saranno ondate migratorie che investiranno anche il nostro paese. L’unica via per coesistere pacificamente con i popoli del Mediterraneo è uscire dall’UE, uscire dalla NATO e costruire un’Italia socialista, come da sempre diciamo.