intervista a Michelangelo Severgnini
di Alberto Fontanesi
Abbiamo intervistato Michelangelo Severgnini, poco prima dell’uscita de “L’Urlo”, che, dopo essere stato un film, ora è diventato un libro, edito da l’AD, gruppo editoriale dell’Antidiplomatico. Uscito e presentato a Roma il 15 settembre, alla presenza di Abdul Hadi Al-Huweej, ex ministro degli esteri del primissimo governo libico post 2011 ma mai riconosciuto dalla comunità internazionale e autore della prefazione del libro, e dei senatori Dessì e Petruccioli, con cui Severgnini aveva presentato un’interrogazione parlamentare sulla fine che fanno i fondi che lo stato italiano versa alla Libia.
Parlando del libro,ci dice, che:
“Raccoglie 4 anni di ricerca, è la somma di tutto il materiale raccolto, di tutta la ricerca che ho fatto insieme ai ragazzi in Libia e ad altri libici con cui ho collaborato, per far si che si potesse raccontare effettivamente cosa sta succedendo in lì”.
Dopo aver parlato con migranti intervistati dai grandi media italiani , Severgnini ha potuto constatare come in realtà i virgolettati riportati fossero del tutto manipolati nel loro significato, riportando l’esatto contrario di quello che aveva voluto dire il migrante. Per questo motivo all’interno del libro sono stati inseriti dei QR Code, con cui, tramite link, si può accedere a messaggi vocali o video registrati da migranti direttamente dall’interno dei centri di detenzione in Libia, così da avere la prova di ogni virgolettato.
Il libro esce a pochi mesi di distanza dall’uscita del film, che ancora però ha problemi con la distribuzione, infatti è possibile vederlo solo a proiezione a scopo didattico/culturale. All’inizio, ci dice l’autore, la produzione pensava fosse possibile traghettare questo materiale all’interno del dibattito della sinistra arcobaleno, che però come risposta, per non mettere in discussione gli status-quo, ha abbassato totalmente le saracinesche e che quindi il problema della mancata distribuzione in realtà è un problema di politico, e di prestigio della produzione in certi salotti.
Tant’è che, messo in contatto con il programma di La7 “Propaganda Live”, per i suoi contatti con persone anche all’interno di centri di detenzione, che lui definisce “depositi umani, dove la gente viene scaricata lì” e quindi, continua, “nessuno bada se hai in mano un cellulare o no”, gli propone una diretta esclusiva da un centro di detenzione, una cosa mai fatta e mai vista prima in televisione! Il programma rifiuta , perché quello che viene raccontato è contrario alla loro narrazione, e per cui applicano quel processo che Severgnini definisce “Reductio ad Opinionem”, secondo il quale loro cercano di far passare quello che i migranti chiedono in realtà, cioè di tornare a casa, come opinione personale dell’autore, che conclude :”quindi se il rapporto, i termini sono questi , allora ci sono dei conflitti che vanno al di la della politica, se stai facendo il giornalista prima tu pubblichi poi ne parliamo, se invece fai il contrario, non stai facendo né giornalismo né politica, stai facendo la guerra, perché questa è guerra, è propaganda di guerra.”
“A livello metodologico mi sono concentrato sopratutto su quello che in Libia è successo dal 2011 in avanti, tanto è vero che penso che ci sia una distorsione ottica in Italia, perché siamo convinti che tutto ciò che sappiamo sulla Libia, tutto ciò che occorra dire ancora sono gli episodi del 2011, come se da lì in poi non fosse successo nulla. […]Un paese che ha cercato di andare avanti, di ricostruirsi, di rinascere e questo non è stato possibile per via di tutta una serie di dispositivi militari e politici che mirano a sopprimere la sovranità del popolo libico, a vantaggio di quello che era poi l’obiettivo finale di questa guerra, cioè il saccheggio delle risorse e del petrolio libico.”
Sin dall’inizio si sono formate delle milizie, che avevano il controllo del territorio di Tripoli, quindi della fetta più importante della Libia.
Nel 2014 si sono tenute le uniche elezioni in Libia, producendo un parlamento che però, non esprimeva la maggioranza che si aspettava la fratellanza mussulmana. Questo movimento politico transnazionale all’interno dei paesi mussulmani,di fatto a disposizione dell’occidente, ha sempre agevolato le “primavere arabe” come in Tunisia, in Egitto e in Libia appunto. Alla caduta del “dittatore” di turno, la fratellanza mussulmana era sempre subito pronta a prendere le redini del paese, anche militarmente. In queste elezioni infatti, dove i rappresentanti di questo grumo di potere hanno ottenuto solo 20 deputati su 100, le milizie si sono attivate militarmente impedendo al parlamento si insediarsi a Tripoli.
Impossibilitato nell’insediamento a Tripoli e per questioni di sicurezza, il parlamento eletto si insedia a Tobruk, una città nell’estremo est ai confini con l’Egitto.
Nello stesso periodo, sulle ceneri di quello che era stato l’esercito libico, si costituisce una prima formazione militare guidata dal Generale Haftar, che, con un voto del parlamento di Toubruk dell’anno successivo, diventa l’Esercito Nazionale Libico. Nello stesso anno viene liberata la Cirenaica, combattendo anche contro l’Isis, che ai tempi aveva alcune città nella regione e, nel 2019 conclude la liberazione del sud della Libia, dove l’esercito e il parlamento libico riprendono anche il controllo dei pozzi petroliferi. Da quel momento solo la Tripolitania rimane in mano alle milizie (e al governo non eletto e riconosciuto da sempre dall’occidente).
Severgnini prosegue, e ci racconta che :
“Nel 2015 c’è il congresso di Skhirat in Marocco, in seguito al quale, la comunità internazionale, che significa l’occidente, che significa la NATO, paracaduta il premier Sarraj a Tripoli, che non ha la fiducia del parlamento, che non è stato votato dal popolo libico, ma che gode dell’appoggio militare di queste milizie che noi occidentali finanziamo, e in più vengono istituiti due corpi dello stato che funzionano come dei parlamenti paralleli, che sono l’alto consiglio di stato e il consiglio presidenziale, che sono di fatto degli organi coloniali, che non sono stati votati da nessuno. Noi come occidente quindi riconosciamo come governo Libico legittimo la parte della Tripolitania che in realtà è un governo non eletto e fantoccio , invece di riconoscere il governo eletto dai libici.”
Arriviamo poi alle elezioni che si sarebbero dovute tenere nel dicembre 2021 ma annullate una settimana prima della data stabilita. Il motivo? Said Gheddafi aveva più del 50% dei consensi e sarebbe diventato direttamente presidente della Libia. Un fatto che Severgnini definisce “questa verità in Libia la sanno anche i muri.”
Da quel momento, interrotto il processo democratico militarmente (altro colpo di stato) si è tornati alla situazione di stallo e tensione tra est e ovest, e il parlamento di Tobruk ha deciso di votare un altro governo, che non potendo fisicamente insediarsi a Tripoli per via del cordone di milizie a protezione della città, si è insediato a Sirte, città nel mezzo tra la capitale e Bengasi.
Negli ultimi 2 mesi ci sono stati 2 tentativi di ingresso a Tripoli da parte dell’Esercito Nazionale Libico ambedue respinti. Anche se l’autore ci segnala che :“ci sono sempre maggiori defezioni da parte delle ultime milizie rimaste fedeli ad Abdul Hamid Dabaiba, cioè il premier di Tripoli.”
Petrolio
“I pozzi di petrolio stanno nel sud e sono sotto il controllo dell’esercito nazionale, il problema è che per essere venduto questo petrolio attraverso i gasdotti viene portato sulle coste per la maggior parte in Tripolitania, dove ogni anno ne sparisce il 40%. È questa la vera storia che va raccontata sulla Libia, il petrolio sparito come dimostrato viene venduto illegalmente attraverso la mafia maltese e poi arriva in Italia e in Turchia, e i proventi di questo traffico finiscono direttamente nelle mani delle milizie, che si occupano quindi del contrabbando, che poi reinvestono il ricavato in armi ma anche in economia per così dire “legale” aprendo supermercati, imprese,ecc . Quindi se la gente vuole lavorare deve accettare quello dato loro dalle milizie e questo genera loro consensi. Ciononostante la maggioranza delle persone di Tripoli stanno chiedendo la liberazione dalle milizie da parte dell’esercito nazionale, perché sanno benissimo cosa significhi rubare il 40% del bilancio di uno stato ogni anno. I libici erano abituati a non pagare nulla, dalle bollette, al sistema sanitario, all’educazione.”
Tripoli quindi vende legalmente il petrolio e incassa tramite la Banca Centrale (venduto dallo stato alle aziende), quindi di fatto il parlamento di Tobruk, che ricordiamo è il parlamento eletto dal popolo libico, quando decide qualcosa lo fa senza i fondi necessari. Anche questo quindi, con il contrabbando che finanzia le milizie, è uno dei motivi per cui i libici hanno tenuto chiusi i pozzi petroliferi per alcuni mesi tra il 2019 e il 2020 e la scorsa primavera per 4 mesi.
“Dal 2011 ad oggi l’Italia ha perso i ¾ del volume di affari con la Libia, è sintomatico che non ne stiamo parlando, io considero questo come parte della propaganda di guerra , quando riescono a non farti parlare delle cose che sarebbero importanti per te discutere, anche questo significa farti guardare da una parte mentre dall’altra ti stanno portando via ciò che ti appartiene, appartiene in che senso, noi dobbiamo sempre riconoscere la sovranità libica e riconoscendo la geografia del mediterraneo tra Libia e Italia c’è una alleanza naturale che dovremmo reciprocamente coltivare, cosa che abbiamo disimparato a fare.”
Migranti
“La questione della migrazione va raccontata di nuovo completamente da capo, dall’inizio.”
La gestione migratoria, ci spiega l’autore, in Libia è in mano alle milizie, che traggono profitto da questa situazione. In combutta con le mafie africane adescano ragazzini con promesse di viaggi brevi e comodi, fanno arrivare in Tripolitania migliaia di africani per poi ridurli in schiavitù. Il flusso è diminuito negli ultimi 2 anni grazie ai rimpatri organizzati dall’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), molte persone tornate in patria infatti hanno sensibilizzato i più giovani a stare in guardia da queste promesse, portando la testimonianza di chi è stato uno schiavo in Libia.
“Ora il punto è che c’è un blocco di 700,000 persone, arrivate in Libia anni fa e rimaste bloccate lì,senza possibilità di andare avanti, senza possibilità di tornare indietro, tanto è vero che oggi è inutile parlare delle cause che fanno partire i ragazzi dai propri paesi, oggi è utile parlare di come tirare fuori queste persone dalla Libia, altrimenti rimarrà un bacino di persone pronte a rischiare la vita, anche se la maggior parte di loro non ci pensano nemmeno a venire in Europa e di rischiare la vita sui gommoni sgonfi, ormai è in trappola in Libia e chiede di essere riportate a casa. Questa è una delle verità che in Italia, in Europa non si può raccontare altrimenti il castello della migrazione cadrebbe all’istante”
Di queste 700,000 persone ogni anno in Italia ne arrivano tra i 20 e i 30,000, cioè 1 su 20 o 30, gli altri, ci spiega l’autore, rappresentano denaro fresco per le milizie, schiavizzandole e torturandole a scopo di estorsione, cioè ragazzi sottoposti a tortura in diretta telefonica con le famiglie, ricavandone fino a 4000€ a migrante, si calcola quindi un profitto superiore di ben 4 volte ai finanziamenti italiani alla guardia costiera libica. In sostanza i trafficanti e la guardia costiera libica sono già in contatto alla partenza, si mettono d’accordo decidendo chi passa e chi no, chi torna a terra per essere poi torturato e chi va con le ONG. Anche se indirettamente le ONG, sono messe sotto accusa dai migranti stessi che le definiscono come esche. L’ autore riportando le testimonianze dirette dei suoi intervistati,ci spiega che per chi sta in Libia il fatto che si sappia che loro siano lì davanti alle coste, che gestiscano pagine e profili social che quindi in un certo senso invitino ragazzi a partire, per loro rappresenta un’esca. Anche in fase di adescamento nei paesi d’origine, le mafie africane, avvicinando i ragazzini gli mostrano foto e i video delle ONG che salvano persone in mare, promettendo il viaggio sarà breve e verranno salvati appena partiti.
“Dalle statistiche a disposizione e calcolando le testimonianze dei ragazzi, la guardia costiera libica che recupera i migranti e li riporta a terra, li sottopone a torture a scopo di estorsione e in un anno, sulla loro pelle, fa una cifra 4 volte superiore dei soldi che il governo italiano dice di mandare alla guardia costiera libica. Assieme ai senatori Dessì e Petruccioli abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare, perché con la collaborazione di Brakabel Tama che è una politica libica, siamo entrati in possesso di un documento ufficiale del governo di Tripoli, che afferma che gli aiuti umanitari, i fondi ricevuti dall’Unione Europea non vengono spesi nel capitolo migrazione ma vengono destinati ad altre voci di spesa, verosimilmente, milizie, armi e guerra per la difesa della capitale. A fine luglio, il governo dimissionario Draghi, ha inviato altri 12 milioni di euro al governo di Tripoli, destinati alla guardia costiera, nessuno ne ha parlato, ma gli scontri che si stavano tenendo in questi giorni verosimilmente sono combattuti con i soldi che il governo Draghi ha mandato a fine luglio.”
“…i ragazzi che sono in Libia, se ci entri in contatto,[…]sanno benissimo di appartenere a quella maggioranza che verosimilmente non avrà la possibilità di raggiungere l’Europa. Quindi a quel punto ammettono di essere caduti nella trappola ma chiedono di tornare a casa, perché hanno un’alternativa al dilemma Europa o morte, che è quella di tornare a casa sani e salvi , ecco quello che stanno chiedendo.”