Quarta giornata della “Settimana Engels”.
Introduzione al Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca di Alberto Lombardo
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Engels pubblicò il breve saggio Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca nel 1888. Marx era morto cinque anni prima e, come ci dice lo stesso Engels nella sua Prefazione, con questa pubblicazione egli quasi paga un debito d’onore con lo stesso Marx. Infatti i materiali che sono raccolti in questo opuscolo risalgono in parte al periodo di Bruxelles del 1845, periodo a cui appartengono anche i testi non pubblicati in vita L’ideologia tedesca e le Tesi su Feuerbach.
In quei testi possiamo ritrovare il programma che Marx e Engels si prefiggevano di svolgere nella loro vita. Come ci dice lo stesso Marx, presi da altri impegni più urgenti …
«Abbandonammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale, che era di veder chiaro in noi stessi».
Questa celebre frase la scrive Marx nella Prefazione del 1859 alla Critica dell’economia politica e poi la cita anche Engels. Essa è indicativa perché chiarisce due aspetti fondamentali del percorso dei due Maestri.
Primo, Marx ed Engels capirono ben presto che i problemi filosofici non si sarebbero potuti affrontare senza prima aver fatto chiarezza sul problema delle basi materiali della società. Questo possiamo dire che è l’atto fondativo del metodo marxista.
Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee. (Marx – Engels, L’Ideologia Tedesca).
Ma l’essere umano non è un’astrazione immanente all’individuo singolo. Nella sua realtà, esso è l’insieme dei rapporti sociali. (Marx, VI Tesi su Feuerbach).
L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. (Marx, Prefazione del 1859 alla Critica dell’economia politica).
Fino a quando non avessero svelato tutti gli elementi essenziali dei rapporti sociali che regolano la produzione capitalistica, sarebbe stato illusorio sperare di arrivare a qualcosa di conclusivo sul piano della sovrastruttura. Questi rapporti non possono essere compresi se non attraverso lo studio del loro svolgimento storico e quindi successivamente posti sotto forma concettuale attraverso l’astrazione storicamente determinata. Questa procedura potrebbe sembrare assolutamente ovvia, ma non è affatto così. L’impostazione idealistica hegeliana, a quei tempi dominante, aveva eretto un “sistema” nel quale i processi storici dovevano essere derivati da assunti idealistici preesistenti. Se Hegel ha avuto l’enorme merito di avere posto al centro del pensiero il processo, di tale processo ne ha colto solo l’aspetto aprioristico, “razionale” nel senso che viene compreso soltanto attraverso la ragione e non ricavata dal processo materiale medesimo nel rapporto tra quella e questo.
Il progetto della trattazione sistematica dell’economia politica, di cui Marx riuscì a vedere la luce solo per il Primo Libro, è il Capitale (Critica dell’economia politica, come recita il sottotitolo). Mentre il progetto dell’esame dello svolgimento storico si trova nelle Teorie sul Plusvalore, noto anche come Quarto Libro del Capitale, rimasto non pubblicato in vita di Engels.
Il progetto di ritornare ai temi filosofici, sebbene messo da parte temporaneamente – e per Marx dobbiamo dolorosamente dire, senza possibilità di ripresa a causa della sua scomparsa – fu ripreso da Engels alla fine degli anni ‘80.
Ciò ci porta finalmente alla seconda considerazione che ci premeva fare.
Ci sono due errori simmetrici in cui si può incorrere nel valutare il pensiero filosofico di Marx ed Engels.
Il primo è quello di sottovalutarne l’importanza, il secondo è quello di scinderlo dal resto del pensiero, assumendo solo il primo periodo come genuinamente marxista.
Il primo errore consisterebbe nel creare una frattura netta tra il pensiero degli anni ‘40, per quanto ancora – come abbiamo già accennato – non chiarificato alla luce delle scoperte economiche, derubricando quei lavori, per quanto non pubblicati, a semplici “opere giovanili” che poco hanno a che fare col pensiero “maturo”. Questo porta un danno gravissimo al marxismo. Infatti in questo modo esso viene ridotto all’aspetto della critica economica, privandolo delle altre due Fonti (come diceva Lenin): la filosofia e la lotta di classe. Inoltre le opere posteriori di Engels a quel punto possono essere classificate come estranee al pensiero marxista e si introduce la nefasta frattura tra i due Maestri: un Marx economicista e un Engels filosofo (spesso accusato di essere un positivista). Se si ha presente la successione cronologica degli studi e degli impegni dei Due, la circostanza che, nel periodo di quotidiana comunanza con Marx, Engels compose una serie di saggi (1877-78) poi raccolti in volume (con il titolo corrente e noto in Italia come Antidühring), tutto ciò smentisce coloro che pretendono di vedere negli scritti di Engels qualcosa che non fosse più che condiviso da e con Marx:
… la maniera di vedere le cose qui sviluppata per la massima parte è stata fondata e sviluppata da Marx e solo in minima parte da me, si intende che la mia esposizione non poteva aver luogo senza che egli ne fosse a conoscenza. (Prefazione alla seconda edizione dell’Antidühring).
Il secondo errore, simmetrico al precedente, consiste nell’assumere come Marx “autentico” solo il primo, quello “filosofico”, mentre il secondo sarebbe una deriva economicista, impregnato di una visione deterministica della società, che avrebbero portato a “previsioni” poi rivelatesi fallaci. Anche qui il “colpevole” del misfatto sarebbe ancora una volta Engels, ancora nella veste di “filosofo” positivista determinista (quanto sono contraddittorie queste accuse!) che avrebbe stravolto lo spirito del I Libro del Capitale nella redazione del II e del III e avrebbe poi eretto di sana pianta quella “prigione del pensiero” che ha chiamato materialismo dialettico – del tutto estranea al pensiero di Marx – e origine di tutti gli “orrori” che il socialismo scientifico ha creato nei paesi dove quel “malefico” pensiero si è inverato, come in Unione Sovietica.
Ci sarebbe solo da ridere, se testi anche “autorevoli” non fossero zeppi di queste sciocchezze e non avessero ammorbato le menti di generazioni di studenti e di militanti. Eppure, basterebbe riflettere con un po’ di umiltà e onestà sulle considerazioni fatte precedentemente, per mandare a gambe all’aria queste fandonie.
Qui basti osservare che entrambe le posizioni che abbiamo esposto – il primo Marx è da tralasciare, il primo Marx è l’unico autentico – non solo non tengono conto dei più elementari dati biografici che abbiamo appena accennato prima, ma scaturiscono dalle posizioni dei due nemici mortali contro cui il marxismo ha dovuto combattere fin dai tempi in cui Marx ed Engels erano in vita: il determinismo meccanicistico e l’idealismo.