Il Sole 24 Ore del 21 giugno titola “caccia a 768mila laureati, il 50% non si trova”.
Si comincia con uno spottone pubblicitario rivolto ai ragazzi che si stanno maturando affinché si iscrivano ai corsi di laurea che maggiormente assicurano l’occupazione, sbandierando che le aziende hanno in programma di assumere 768mila laureati. Quindi già c’è il primo slittamento: non è che non si trovano, come recita il titolo, sono in “programma” di essere assunti, pari al 13,9% di tutti gli occupati programmati.
Già questo, anche se fosse proprio così, dovrebbe far vergognare questi imprenditori perché, come certifica Eurostat, l’Italia resta l’ultima tra i Paesi Ue per la quota di laureati, il 29%, nella fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni registrata nel 2020, lontano dalla media europea. La quota italiana è superiore solo a quella della Romania, pari al 25%.” Quindi la programmazione di occupazione è ben lontana da quella che dovrebbe essere per assorbire tutti i laureati già scarsi e ancor più lontana di quella che dovrebbe essere. Questo spiega perché l’Italia ha il numero più basso di laureati in Europa, ma il numero maggiore di laureati disoccupati, che infatti per la maggior parte scappano dal nostro Paese, dove che sono costati almeno 100mila euro (si calcola 137 mila euro in media).
Ma andiamo avanti.
Si elencano una serie di cifre non verificabili, perché basate sulle affermazioni degli imprenditori, sui laureati “introvabili”; ma le cifre che invece sono solide e verificabili sono le ultime citate nell’articolo, che riguardano il tasso di occupazione dei laureati triennali e dei magistrali, rispettivamente, 75.1% e 77,1% a 1 anno dalla laurea e 92,1% e 88,7% a 5 anni.
Leggiamoli al contrario. A un anno circa 1 su 4 non lavora, mentre a 5 anni circa 1 su 10. Ma la cosa ancora più grave che dopo 5 anni è meglio non avere fatto il percorso magistrale e non avere “investito”, come dicono loro, tempo e denaro, magari ancora più lontano dalla propria casa. Naturalmente questa conclusione amara e paradossale, perché è paradossale la situazione italiana.
Se comunque ancora lauree più “spendibili”, come ingegneria e statistica, hanno ancora circa il 5% di disoccupazione a 5 anni, matematica, fisica e informatica, siamo 7,4% di disoccupati.
Il punto essenziale è che i salari iniziali dei laureati in Italia sono la metà di quelli europei e, via via con la carriera, la distanza aumenta sempre più. Questo lo si può dire per tutti i lavoratori italiani.
La ricetta del Sole è quella di spingere ancora più giovani ad aumentare il mercato del lavoro dei laureati, in modo da perpetuare questa situazione, e non di spingere i suoi referenti, che sono gli imprenditori, a pagare di più.
Dei piagnistei che sono piccoli e non hanno le forze per pagare non ne possiamo più. L’innovazione tecnologica si fa non solo con i grandissimi, ma anche con le associazioni e le filiere produttive. Ma qui ci vorrebbe uno Stato in grado di accompagnare i più volenterosi e sfoltire la massa di “prenditori” capaci solo di pagare il politico di turno corrotto e corruttore. Pretendono la concorrenza per i lavoratori, mentre per loro c’è il mercato protetto.
Ci rivolgiamo quindi agli studenti che stanno prendendo la sudata maturità. Voi non siete la “futura classe dirigente” di questo Paese – tranne forse qualcuno più ammanigliato o più fortunato – voi siete il futuro proletariato intellettuale dal quale si estrae il massimo di plusvalore, grazie al vostro sudore e al sacrificio delle vostre famiglie che vi hanno mantenuto e che vi mantengono ancora dopo che iniziate a lavorare.
Come tutti i proletari, trovate la forza solo nella vostra unione e nella consapevolezza della distanza che intercorre tra il vostro lavoro e il vostro ruolo di costruttori di ricchezza e quello dei vostri sfruttatori.