Manovra 2019: finalmente sono arrivate le cifre … forse.
Dopo una snervante attesa e giorni di trattative più o meno nascoste, finalmente arriva in parlamento la prima manovra finanziaria del governo Lega-M5S. L’attuazione dei provvedimenti più attesi arriverà successivamente con DDL collegati, ma il quadro numerico è quello che viene sintetizzato di seguito. Le cifre sono espresse in milioni di euro.La manovra coinvolge complessivamente 33.416,90, con maggior deficit, rispetto a quanto previsto nella legge precedente, di 21.753,70.
La posta maggiore è quella che serve alla sterilizzazione degli aumenti dell’IVA per 12.349,80 pari al 36,96%. Seguono poi due provvedimenti gemelli: portare le pensioni a quota 100 e il reddito e pensione di cittadinanza, che valgono ognuno 6.719,70, pari al 20,11%. Ma per questi due provvedimenti si rimanda a provvedimenti attuativi ancora da venire. Così come da venire sono altri aggiustamenti marginali che potranno arrivare in Parlamento. Quindi il 77,17% della manovra sta tutta qui. Il resto sono “spiccioli”.
Segue il rilancio investimenti che vale 3.450,70, pari al 10,33%, che sarà affidata a una regia struttura, che «opera alle dirette dipendenze del presidente del Consiglio». Questa sembra una posta che il governo si tiene come riserva per tacitare in seguito gli appetiti che già i padroni, mai sazi, reclamano a gran voce.
Preoccupante la Spending review che comporta risparmi per 2.542,60, pari al 7,61%. Ci chiediamo: cosa ci sarà ancora da tagliare dopo le cure da cavallo che i precedenti governi hanno attuato? Questa comporta una partita di giro con Politiche invariate e altre spese di pari importo, ma chi favorirà?
Per esempio: per la flat-tax ci sono solo 544,80, ossia l’1,63%. Per “pace fiscale e rottamazione cartelle” 181,60 pari allo 0,54%. Per il pubblico impiego 544,80 pari al 1,63%, la cui voce più sostanziosa sono 3.000 unità in tre anni per l’Arma dei Carabinieri, la Polizia e la Guardia di Finanza. Ma il 70% di questi fondi è già «bloccato» per destinazioni di fatto obbligate, il rimanente consentirebbe un aumento di 10 euro a dipendente. Nel frattempo i docenti di scuola si facciano le lezioni private a spese delle famiglie.
Non stiamo ad elencare tutto quello che non c’è e che era stato promesso: dalle pensioni d’oro, alla riduzione delle spese militari, ad altri provvedimenti sbandierati in campagna elettorale. Concentriamoci sulle prime tre cifre più grosse.
Mettendo da parte la sterilizzazione dell’aumento dell’IVA – un’eredità che i governi si tramandano l’uno con l’altro, visto che sembra quasi obbligatorio eseguirla, in quanto nessuno vuole andare incontro a un evento così negativo sia dal punto di vista economico che popolare – alla fine sembra che M5S e Lega si siano spartiti a metà i benefici della ricaduta propagandistica della manovra: quota 100 e reddito di cittadinanza. Questi però, assommando a 13.439,40, non costituiscono che il 61,78% del maggior deficit.
Lungi da noi la visione di chi vorrebbe “incalzare” il governo a fare i più. I provvedimenti sono negativi, punto e basta. Il reddito di cittadinanza sarà il solito regalo alle aziende che chiameranno lavoratori sempre più precarizzati. La quota 100 si dovrà vedere ancora cosa comporterà per i lavoratori che ne usufruiranno.
Ma è chiaro però che i conti non tornano. E questo lo dobbiamo denunciare. Se già 10 miliardi promessi erano del tutto insufficienti per una platea di 6 milioni e 400 mila cittadini che ne potrebbero avere diritto, i 6.719,70 che si dovranno spartire pensioni e redditi sono quasi nulla. Non si dica inoltre che questa è solo una manovra iniziale e che diverrà più sostanziosa nei prossimi anni, perché ci si è impegnati a non sforare il deficit ulteriormente, anzi a farlo calare e quindi – stante la brusca frenata dell’economia in questo trimestre e quella ancora peggiore prevista nel prossimo anno – in seguito ci saranno solo minori risorse e non maggiori. Rimandiamo ulteriori commenti a quando, dalle cifre provvisorie e generali, si passerà a quelle definitive e dettagliate.
Possiamo finor dire che il “cambiamento”, già dimostratosi assente nei primi atti politici del governo, dimostra un volto ancora più preoccupante nell’abbozzo del primo atto economico. I lavoratori e la classe operaia deve respingere questa manovra, non deve lasciarsi abbindolare da abili manovre che potranno solo aggravare le loro condizioni economiche.
Nessun credito al governo dei padroni.