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La situazione in Argentina, che arrivava da una profonda crisi economica, sociale e politica del governo di Maurizio Macrí (2015-2019), si era aggravata durante la presidenza di Alberto Fernández (2019-2023), il quale ha legittimato il debito estero fraudolento con il Fondo Monetario Internazionale, contratto dal precedente governo. L’accordo con il FMI, approvato nel marzo 2022, ha portato un aggiustamento che ha affettato i settori più umili e anche le fasce medie, con un’inflazione che quest’anno si aggirerà sul 180%. La povertà si posiziona sul 43% della popolazione, raggiungendo i 20 milioni di compatrioti, dei quali 9 milioni sono indigenti.Il fiasco del governo di AF, Cristina Kirchner e Sergio Massa e l’inadempimento delle loro promesse del 2019, spiegano in parte il trionfo di un fascista come Javier Milei, che ha promesso un “cambiamento” annunciando un aggiustamento “ancora più duro di quello del FMI”. Tuttavia, il suo compromesso era che questo aggiustamento lo avrebbe pagato “la politica” che lui chiama “la casta”, cioè la dirigenza politica con privilegi.
Nella sua campagna Milei agitava una motosega simbolizzando il suo piano di tagliare supposti privilegi. La realtà ha dimostrato che questa mannaia ricadrà contro il popolo, tagliando diritti ai lavoratori.
Due giorni dopo la sua assunzione al nuovo governo, il ministro dell’Economia, Luis Caputo, ex agente di JP Morgan e Deutsche Bank, ha annunciato una svalutazione del peso argentino del 118%, beneficiando i gruppi esportatori e le banche e danneggiando la popolazione con introiti in pesos. A questo si è aggiunto un aumento scandaloso dei prezzi degli alimenti, che in alcuni casi ha superato il 400%. Parliamo di prodotti essenziali, come pane, zucchero, latte, olio, pasta e riso, tra gli altri articoli di consumo popolare, tutti prodotti nel paese.
Caputo è stato ministro delle Finanze e presidente del Banco Central durante il governo di Macrí e come tale è stato un fattore fondamentale dell’indebitamento illegale che quel governo ha contratto con il FMI. Adesso torna dalla mano di Milei, smentendo il suo discorso contro “la casta”.
Il 20 dicembre Milei ha fatto un discorso attraverso i mezzi nazionali, circondato dai suoi ministri, dove ha annunciato un Decreto di Necessità d’Urgenza (DNU), tramite il quale deroga una trentina di leggi e ne riforma più d’un centinaio.
Nello stesso giorno migliaia di persone hanno marciato per le vie di Buenos Aires, Córdoba, Rosario e altre città, protestando contro l’aggiustamento. Questa marcia è stata convocata dalle organizzazioni che fanno dei picchetti, alcune maestranze combattive e la sinistra; tra di loro il nostro Partito della Liberazione (PL).
Il DNU è stato considerato “nullo” da molti prestigiosi costituzionalisti, poiché la maggioranza delle sue disposizioni non presenta nessuna “necessità e urgenza”, che lo giustifichino. Nel suo articolo prima dichiara “l’emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, amministrativa, previsionale, tariffaria, sanitaria e sociale fino al 31 dicembre del 2025”.
È la giustificazione per produrre un cambiamento enorme in materia legislativa, saltando a piedi pari il Congresso.
E questa politica di legiferare dal Potere Esecutivo, violando la divisione dei poteri repubblicani, è continuata indicendo sessioni straordinarie del Congresso e inviando una “ley ómnibus” dove include disposizioni tali come facoltà straordinarie per il presidente fino a dicembre 2025. Nella Costituzione Nazionale argentina tali facoltà sono espressamente vietate e quelli che le consentono sono considerati “infami traditori della Patria”.
Milei lavora in questo modo approfittando del sostegno ricevuto nel ballottaggio del 19 novembre, dove ha ottenuto il 56% dei voti, contro il 44% che ha conseguito il candidato “oficialista” Sergio Massa. Giustamente è stato il disastro di costui nella sua gestione come ministro dell’Economia del governo precedente, la conseguenza del trionfo di Milei, benché si tratti di un “cambiamento” che danneggerà i propri votanti.
In materia di relazioni internazionali, Milei ha ratificato il suo allineamento con gli Stati Uniti e Israele e la sua ministra degli Esteri, la bancaria Diana Mondino, ha dichiarato che non entreranno nei BRICS, dove dovevano incorporarsi dal primo gennaio 2024.
La tradizione di lotta del popolo argentino si è manifestata nei pochi giorni di governo del nuovo presidente: appena aveva finito di parlare nella notte del 20 di dicembre, annunciando il DNU, hanno cominciato a suonare le pentole in Buenos Aires, nei quartieri di classe media e poi nel Congresso. Al giorno seguente, la protesta è stata ancora più assordante e si è diffusa a tutte le città. Come Rosario e Córdoba. In quest’ultima c’è stata una repressione della polizia contro le persone che si manifestavano pacificamente, dove le forze dell’ordine attaccarono la moltitudine con lacrimogeni e manganellate; cinque giovani sono stati detenuti e imputati giuridicamente.
Nelle motivazioni del DNU 70/2023, si riconosce “Che più di 6 milioni di minori di età soffrono la fame, non hanno accesso a condizioni di vita degne e, come è evidente, nemmeno possono assistere regolarmente a scuola”. Ma invece di prendere misure per palliare questa situazione, Milei ha tagliato l’assistenza alle mense di tutto il paese, quando si sta incrementando la necessità di assistenza a più bambini e persone adulte, di fronte alla crisi alimentare. L’eliminazione di programmi como Precios Cuidados (Prezzi Calmierati) ha comportato che monopoli alimentari come Molinos Río de la Plata, Arcor, Ledesma, Aceitera General Deheza, Bagley, La Serenísima, Cañuelas, tra gli altri, fissino i prezzi a loro libero arbitrio, raggiungendo enormi guadagni a spese della fame della gente.
Un’altra riforma che è già in evidenza con il DNU è la deroga e la riforma di leggi protezionistiche dei lavoratori a misura degli interessi dei grandi padroni.
Malgrado l’attacco ai diritti lavorativi, la Confederazione Generale del Lavoro, guidata da una burocrazia molto vicina alle imprese e lontana dalle basi operarie, ha ritardato la convocazione d’una misura di forza prima della fine dell’anno. Hanno realizzato una mobilizzazione il 27 di dicembre, ma dentro dei limiti segnati dal Protocollo Anti-picchetti della ministra Bullrich, che vieta il taglio totale delle vie ed esige, per qualsiasi convocazione operaia, un permesso previo e un’assicurazione contro i danni. Inoltre, come se si fosse decretato lo stato di assedio, adesso il governo pretende legiferare sul divieto di riunione con intenzioni di protesta di più di tre persone nella via pubblica.
Il grande malcontento, provocato dalle misure di aggiustamento, ha obbligato quella dirigenza sindacale a convocare uno sciopero per il 24 gennaio, dalle 11:00. Cioè un mese dopo e con un abbandono del compito già a mezzogiorno. Non è quello che si aspettavano i lavoratori e i settori umili, i più danneggiati dalle misure adottate dal nuovo governo. Nelle concentrazioni spontanee si canta la consegna “dov’è, che non si vede, quella famosa CGT”. E nelle mobilizzazioni che picchettano e della sinistra, si esige lo sciopero generale e un piano di lotta per resistere all’aggiustamento.
Altra delle misure annunciate dal governo è la privatizzazione e l’alienazione all’estero delle aziende statali, come YPF (petroliera con maggioranza statale), Aerolineas Argentinas, Correo Argentino, Ferrocarriles Argentinos, ecc. Si ripete così la storia, poiché nella decade dei ’90 il governo neoliberale di Carlos Menem promosse la privatizzazione delle aziende statali, provocando migliaia di licenziamenti e la consegna del patrimonio nazionale alle multinazionali straniere.
Diversi settori democratici hanno presentato ricorsi presso i Tribunali perché sia dichiarata la nullità del DNU:
Dal PL avvertiamo che il “piano Motosega” di Milei genererà, prima che dopo, la resistenza popolare, per il tremendo aggiustamento che scarica sul popolo lavoratore.
Quello non è stato l’atteggiamento della maggioranza della dirigenza peronista, che ha fatto un richiamo alla “prudenza” durante i primi giorni. Appena dopo la massiva mobilitazione del giorno 20, convocata dalle organizzazioni sociali e la sinistra e delle casseruolate spontanee che si sono prodotte lo stesso giorno, altri settori –come la dirigenza sindacale- hanno preso coraggio uscendo per strada, ma senza valicare i limiti segnati dalla ministra della Sicurezza. Nel Protocollo di questo dicastero, così come nel DNU e nelle leggi inviate al Congresso, il governo pretende criminalizzare la protesta sociale, cosciente che le loro misure antipopolari promuoveranno il respingimento di gran parte della popolazione, inclusi quelli che l’hanno votato.
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