L’energia necessaria per la vita civile dei cittadini, la tutela del benessere dei fragili e per mandare avanti la produzione che crea lavoro e sostentamento, rischia di venire a mancare da dicembre 2022 a causa delle sanzioni contro la Russia.
Il governo italiano si è reso direttamente complice prendendo parte alla guerra armando l’Ucraina, mettendo a rischio le scorte energetiche, rispondendo al diktat di disconnessione dalla Russia per far contento l’alleato statunitense nel riequilibrare la sua bilancia commerciale. Il GNL USA infatti non solo costerà di più, ma non basterà: l’Italia non ha abbastanza rigassificatori, quello che verrà costruito a Piombino non sarà disponibile subito ed il posizionamento è contestatissimo dai cittadini che abitano nelle zone limitrofe.
Se il livelli efficaci di stoccaggio non verranno raggiunti non sarà emergenza, ma conseguenza.
Non bastasse, la fornitura di energia ha un prezzo basato sulle regole del libero mercato. L’UE ha imposto al fornitore russo contratti spot (che variano da minuto a minuto) in luogo a quelli a lungo termine, più sicuri dal punto di vista delle oscillazioni di mercato. Questo ha fatto sì che, a fronte di un iniziale risparmio, con l’inizio della guerra il prezzo dell’energia è stato preso di mira dai soliti speculatori della finanzia, dunque oggi l’energia subisce dei rincari giganteschi che mettono a rischio la tenuta produttiva e lavorativa del paese da prima del 24 febbraio 2022. A pagare sarà chi è già stato martoriato non dalla pandemia, ma dalle spregiudicate politiche annesse.
Come per la covid, che ha trovato terreno fertile nella sua selettiva letalità nei tagli strutturali alla sanità – speculazione capitalistica estesa alla scienza medica e privatizzazione dei servizi – anche per il prezzo dell’energia gli effetti non ci devono indurre nella tentazione di gridare all’emergenza. E’ conseguenza.
Le politiche ultraliberiste degli ultimi anni e a vantaggio di pochi, hanno gettato le basi per il presente di oggi. 30 anni passati a smontare tutte le solide basi strutturali dello Stato sociale che, pur con decine di contraddizioni, poneva l’interesse nazionale e la tutela dei cittadini al primo posto, facendo sue le istanze strategiche a tutela della popolazione. La sanità, così come l’apparato energetico e non solo, sono servizi di prima tutela, devono essere pubblici. Oggi siamo esposti ad ogni qualsiasi sconvolgimento globale e questo paese somiglia sempre più al bordello della Cuba di Batista che alla quarta potenza economica mondiale.
Dobbiamo rifiutare l’emergenza e denunciare la conseguenza delle politiche criminali ultraliberiste che hanno ingrassato un pugno di individui e impoverito le masse popolari.
Contro gli incantatori di serpenti che chiedono un tetto al prezzo del gas, quando l’ENI oggi non è più l’ente pubblico che cooperava con chi deteneva le materie prime energetiche per assicurare agli italiani energia a basso costo. Oggi, per volontà dei ragionieri di stato nemici del popolo, idoli dei lacchè della stampa, i Ciampi, Draghi, Andreatta e Prodi, per precisa volontà di costoro, l’ENI è per il 70% in mano ai privati, a loro risponde oggi con un fatturato stellare che si spartiranno quella manciata di baroni. Questo fanno le società quotate, creano valore per gli azionisti e seguono la regola del profitto. E’ impossibile mettere un tetto al prezzo del gas. Assisteremo ad un nuovo spostamento di ricchezza dal basso verso l’alto, un altro passo in avanti nell’accentramento del capitale finanziario.
Per gli speculatori delle sventure italiane, il 30% di introiti che arriveranno allo stato sulla pelle dei cittadini coprirebbero la catastrofe. Se lo Stato non fosse composto da torbidi giocolieri e avesse a cuore le sorti del paese, dovrebbe nazionalizzare subito i fornitori energetici, gas, elettricità, benzina.
E fuori dalla guerra! Per salvare il tessuto produttivo e i lavoratori, per calmierare i costi dei beni di prima necessità, per non far sprofondare il paese sotto le bombe del gas.
Abbiamo bisogno di un’ITALIA SOVRANA E POPOLARE