Anche i lavoratori dello spettacolo, malgrado nel paese del Belcanto e della musica, subiscono i contraccolpi delle politiche padronali.
Da qualche settimana le proteste e gli scioperi degli Artisti del coro dell’Accademia di S. Cecilia di Roma, ripropongono tristemente lo stesso copione: blocco dei concorsi e turn over, inspiegabile disattenzione nei confronti del coro da anni sempre meno presente nella programmazione delle stagioni, intimidazioni sottili perché le tecniche si affinano ma i soprusi sono quelli di sempre.
Questo processo di smantellamento e depauperamento culturale parte da lontano.
Gli Enti lirici nascono nel 1967 con la L. 800 ma, nel 1996, la Legge Veltroni n. 367, trasforma gli Enti Lirici Pubblici in Fondazioni di Diritto privato con l’obiettivo di risolvere il problema della certezza delle risorse creando un sistema di finanziamento misto.
Cambia lo stato giuridico dei teatri ma, la formula di incentivare i Privati a finanziare le Fondazioni, si rivela ovviamente fallimentare. Le varie leggi “di riforma” che si susseguono non centrano l’obiettivo e tendono solo a “precarizzare” il personale. In ultimo, leggi dal profilo illiberale e autoritario del ministero Franceschini (art. 24/ L. 160 e Codice dello Spettacolo 2017) addirittura dispongono che lo squilibrio economico- patrimoniale ricada pienamente sui lavoratori in termini di tagli allo stipendio e perdita dell’impiego, come se fossero i dipendenti a gestire i teatri anziché i manager di Stato ai quali non si chiede conto del loro operato. Oggi il contributo Fus é di circa 180 mln di euro, storicamente il più basso e si punta sull’intervento dei privati stimolati e attratti, a loro dire, dalle “incredibili capacità manageriali dei manager designati dalla politica” , fino a ieri incarnata in Dario Franceschini e dalle politiche neoliberali del Pd.
I lavoratori dello spettacolo dal vivo hanno sempre denunciato vessazioni ma sono stati dimenticati troppo spesso come se, un musicista o un attore, una maestranze teatrale non abbiano bisogno di mangiare, di lavorare, di comprare casa, di stabilità, perché “vivono di Arte”. Il passaggio da fondazioni a teatri di tradizione ha creato un declassamento e la riduzione della programmazione delle stagioni.
Le risorse, spesso inadeguate, mai costanti e coerenti a sostegno dei Teatri dell’Opera, con la sola rivalutazione di quanto stabilito nel 1985 (istituzione del Fus) hanno fatto si che, alle Fondazioni, spettasse quasi il doppio di quanto elargito. Di fatto questi finanziamenti sono solo sulla carta o mal spesi.
Il Codice dello Spettacolo creato dal Ministro Franceschini ha, al contrario, scorporato congelando al minimo storico la quota Fus destinata alle Fondazioni aumentando invece la restante quota per gli altri settori dello Spettacolo.
Oggi il Sovrintendente o il Consiglio di amministrazione non sono considerati responsabili della gestione, al contrario. Si vessano solo i lavoratori secondo la legge. Su queste si veda l’esempio della gestione discutibile del Teatro dell’Opera di Roma: taglio stipendi quale inedito storico (anche Arena di Verona ) creazione di debito tributario in misura storica , erosione del patrimonio, aumento costo spettacolo, contrazione apporto privati in misura storica (evidentemente non trovano appeal nella gestione) platealmente in controtendenza con quanto richiesto dalle recenti leggi e da quanto proclamato, come punto di forza di un bravo manager.
(Si veda a Cagliari o le gestioni al Teatro Regio di Parma e Torino, a Trapani, in Calabria il Rendano, a Bari il Petruzzelli). Chiusura progressiva dei Corpi di ballo.
Dopo la recentissima dismissione del complesso dell’Arena di Verona rimangono 4 corpi di ballo su 14 Fondazioni. Licenziamenti indiscriminati, scorciatoie amministrative per aggiramento problemi e conseguenti cause di lavoro vinte dai lavoratori a carico e danno delle Fondazioni, invece, mai a carico dei Dirigenti, veri colpevoli che dovrebbero pagare in solido tali malversazioni .
Si diceva della gestione del Teatro dell’Opera (della quale é responsabile il Sindaco di Roma Capitale in quanto Presidente del CdA). Pesante contenzioso, pignoramenti per circa 2 mld, tentato licenziamento collettivo del Coro e dell’orchestra (182 unità) quale inedito storico.
Costante pressione sui lavoratori come metodo gestionale con innalzamento esponenziale, in molti teatri, di ingiustificati e pretestuosi provvedimenti disciplinari.
A Roma e Bari provvedimenti disciplinari in misura storica ma anche a Venezia, a Napoli, a Firenze.
Il Teatro musicale è costantemente sotto attacco, in palese violazione dell’art. 9 della Costituzione anche con la destrutturazione dei complessi artistici: l’azzeramento del corpo di ballo di Verona, il minimo storico degli elementi stabili dei corpi di ballo di Roma (7 elementi su 72), il tentato licenziamento collettivo di Coro e Orchestra di Roma, la presenza di troppi Dirigenti o direttori con stipendi molto alti il cui compenso é di oltre 12 volte superiore a quello del livello di inquadramento, più basso nel CCNL, doppi incarichi artistici con premi ulteriori alla dirigenza in costanza di tagli di stipendi dei dipendenti.
Questa dunque la strategia degli ultimi 20 anni.
Anche per L’Accademia Nazionale di S. Cecilia il coro è quasi inutilizzato e, da un po’ di settimane, è sceso in agitazione.
Così dicasi per il caso Scala di Milano dove si è paventata quasi una svendita a magnati sauditi.
Per il resto assistiamo ad una pretesa rivoluzione in senso privatistico attuata riducendo i salari dei lavoratori, socializzando le perdite e privatizzando i profitti.
Dobbiamo opporci con determinazione a questo solito disegno.
Al teatro dell’Opera, per esempio, i lavoratori stanno pagando con una decurtazione dal salario mensile di 200€ rispetto a prima del tentato licenziamento delle masse artistiche dell’anno 2014. Ci sono stati anche problemi con il mancato pagamento dei contributi I.N.P.S. da parte del sovrintende e l’insolvenza del versamento I.R.P.E.F. L’Inps potrebbe rivalersi sui lavoratori. Devono ancora spiegare e decidere circa questa delicata situazione che coinvolge centinaia di lavoratori.
Da poche settimane si sono anche riuniti i rappresentanti dei lavoratori degli Enti lirici di molti teatri italiani (Comunale di Bologna, Teatro Regio di Torino, Teatro dell’Opera e Accademia di S. cecilia di Roma) per creare un fronte comune sindacale e per organizzare le azioni di protesta (in parte già iniziate).
Il Partito Comunista vuole appoggiare le proteste dei lavoratori dello spettacolo in tutta Italia auspicando un coordinamento con azioni che puntino alla statalizzazione e alla concentrazione del lavoro nelle mani di tutti i lavoratori dello spettacolo.