“C’è chi rischia di più, donne e uomini che compiono ogni giorno un atto d’amore nei confronti dell’Italia”. Pensiamo a questa frase roboante pronunciata da Conte nemmeno un mese fa, carica di apparente riconoscenza nei confronti di tutti quei lavoratori che si sono rivelati essenziali per la collettività nell’emergenza sanitaria, tra i quali compaiono certamente i lavoratori e le lavoratrici dei supermercati. Poi, confrontiamo questa frase con la realtà e chiediamoci se a certe dichiarazioni ad effetto verrà mai data la continuità che spetta. Puntualmente la realtà si mostra in tutta la sua durezza, assolutamente slegata dai proclami del governo.
Con una vertenza che viene da lontano sulle spalle, la dirigenza dell’Ipermercato Pam-Panorama di Campi Bisenzio (FI) decide di mettere in cassa integrazione 90 lavoratori “essenziali” nonostante il governo non abbia previsto alcuna restrizione delle aperture sin dall’inizio dell’epidemia e il fatturato del punto vendita risulti addirittura in crescita.
Siamo di fronte al solito gioco dell’azienda che chiede ammortizzatori sociali senza offrire alcun piano di mantenimento occupazionale.
Denunciamo quanto sta accadendo attraverso le parole di una lavoratrice Panorama, Deborah Boretti, delegata sindacale USB.
Chi sono i lavoratori dell’Ipermercato Pam-Panorama? Da quanto tempo l’azienda minaccia esuberi?
L’Ipermercato è aperto dal Maggio 1997, io, per esempio, sono stata assunta un mesetto prima dell’apertura mentre l’ultima assunzione è di un caporeparto e risale al 2008. Siamo tutti a tempo indeterminato, quindi contratti vecchi, con molti vincoli e tutele, specialmente per i part time (senza domeniche) e questo per l’azienda è un grosso problema! Siamo per la maggior parte donne e più della metà dei lavoratori è assunto a tempo parziale. La prima procedura di ristrutturazione ha luogo nel 2008, con una mobilità volontaria. Dal 2011/12 la Direzione inizia a parlare di esuberi, che potrebbero essere “risolti” non con il licenziamento, ma con il trasferimento in altri punti vendita, anche fuori regione. L’azienda propone anche incentivi economici all’uscita, mettendoli però sul banco per pochi giorni, senza dar modo di organizzare una vita a persone oramai fuori dal gioco delle assunzioni, per termini di età (l’età media infatti è sui 45/50 anni). Ad oggi, l’uso di ammortizzatori sociali ci ha fatti arrivare alla proroga di una proroga di un contratto di solidarietà iniziato nel 2017. Sospesa, tale proroga, il giorno 13 Aprile, l’azienda ha avviato la cassa integrazione per emergenza Covid-19, nonostante la forte ripresa degli incassi che si sta registrando.
Un ricatto padronale che da anni lascia poco spazio all’immaginazione, oltretutto affiancato dall’apertura di nuovi punti vendita nell’area fiorentina dove vengono assunti lavoratori con minori tutele, l’ultima risalente a poco più di 6 mesi fa. Il tentativo di stravolgere la vita dei lavoratori, delle lavoratrici e delle loro famiglie con la richiesta di celeri e improbabili trasferimenti fuori regione o ancora, vincolare le proposte di trasferimento volontario ad un cambio contrattuale, sono infatti tutte strategie che confermano la volontà dell’Ipermercato di abbattere i costi del lavoro per concentrare ulteriormente i profitti. Oggi, l’attivazione della cassa integrazione preoccupa.
Quali sono state le richieste dei lavoratori e del sindacato presente (USB) dal 2008 fino a questi ultimi giorni?
Fin dall’inizio USB ha chiesto la volontarietà dei trasferimenti in altri punti vendita e un maggior tempo di elargizione dell’incentivo all’uscita, nonché un aumento economico di tale incentivo. Crediamo fortemente che se tale incentivo fosse prolungato per un intero anno (20 giorni scarsi non bastano per pianificare un cambiamento di vita!), sarebbe più facile organizzare un lavoro alternativo ed uscire dal punto vendita. Inoltre, allargare l’incentivo ai punti vendita della piana, per liberare posti che potrebbero servire per spostare i nostri ragazzi.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, l’azienda come si è posta nei confronti dei lavoratori? Le misure di sicurezza sono state predisposte nell’immediato?
In verità, abbiamo dovuto fare un grosso lavoro per avere ad oggi tutte le disposizioni necessarie (gel, mascherine, plexiglass, linee distanziatrici) ma quotidianamente dobbiamo sorvegliare su tutto: non c’è una regola chiara per l’entrata numerica dei clienti, spesso le casse vengono aperte in modo continuo (e non alternato), senza rispetto per le distanze fra cassa e cliente.
Avete messo a rischio la vostra salute offrendo un servizio essenziale ai cittadini. Dopo tutta la gratitudine espressa dal governo nei confronti del vostro lavoro, ora quali risposte pretendete dalle istituzioni? Quale sarà la vostra lotta?