di Benedetta Sabene
A distanza di quasi un anno, la Procura di Roma ha emesso 13 misure cautelari contro coloro che hanno preso parte alle contestazioni contro la manifestazione nazionale di CasaPound il 21 Maggio 2016, autorizzata in pieno centro. Le misure consistono in nove obblighi di firma e quattro arresti domiciliari nei riguardi di chi la Digos sostiene di aver identificato, mentre sono state perquisite anche alcune abitazioni. Gli attivisti e gli studenti colpiti dalla manovra repressiva della Procura sono appartenenti ai collettivi universitari e alle organizzazioni politiche cittadine quali Acrobax, Militant, Degage.
La giornata del 21 Maggio comincia con la convocazione di un presidio antifascista in Piazza Santi Apostoli, al quale aderiscono diverse migliaia di persone: attivisti di sinistra e cittadini, l’ANPI e alcuni esponenti sindacali. Altissima fin da subito la tensione, in quanto in più occasioni alcuni fascisti si inseriscono nel presidio per monitorare i numeri e gli eventuali spostamenti della contromanifestazione: due provocatori fascisti in scooter vengono raggiunti e assaliti dai manifestanti che gli procureranno diversi giorni di prognosi. Altro momento cruciale della giornata è quando il presidio si muove in corteo e su via Bixio assalta un veicolo con a bordo i neonazisti del gruppo Road Crew Ostwestfalen – legati al terrorismo nero e già noti alle forze dell’ordine in Germania – che si stava recando alla manifestazione fascista e che ora si farà difendere da Domenico Di Tullio, avvocato e attivista di CasaPound.
La questura in quei giorni dichiarerà che a bordo del veicolo vi fossero soltanto degli spaventati turisti tedeschi: proprio questa è stata la versione diffusa dai media nazionali e soprattutto da quelli collegati alla galassia nera italiana per criminalizzare il dissenso verso la concessione di piazze cittadine alle sempre più frequenti manifestazioni fasciste.
Quanto sta avvenendo è la prova di come la cinghia repressiva si stia stringendo sempre di più nei confronti di chi ha il coraggio di scendere in piazza ad esprimere il proprio dissenso: lo abbiamo visto recentemente alla manifestazione del 25 marzo contro l’Unione Europea, dove numerosi attivisti e cittadini provenienti da altre parti d’Italia si sono visti respingere dalla città con fogli di via e fermi, o addirittura bloccati alle porte di Roma all’interno dei pullman dalle forze di polizia.
Ad ostacolare la libertà di protesta e di contestazione è intervenuto anche lo stesso governo con il decreto Minniti, in particolare con l’articolo 5 che agevola forme di «prevenzione di fenomeni che comportino turbativa del libero utilizzo degli spazi pubblici», in cui quindi possono rientrare anche picchetti, cortei, presidi.
Dietro una tutela della “sicurezza”, quindi, le forze statali e governative si stanno armando per reprimere ogni forma di dissenso, andando oggi a colpire i militanti delle più disparate realtà sociali presenti sul territorio che ogni giorno fanno dell’antifascismo la loro bandiera.
Sempre di più, oggi, il fascismo viene visto come una comune ideologia politica, legittima, a cui concedere spazio e modalità di espressione all’interno delle piazze cittadine. Sempre di più i suoi adepti si trincerano dietro le forze dell’ordine, forti della loro tutela e protezione. Forze dell’ordine che oggi più che mai condannano e processano l’antifascismo, nato dalla Resistenza e dal sacrificio di migliaia di uomini e donne che credevano negli ideali di libertà e giustizia sociale, mentre lasciano ai fascisti piena libertà di espressione e di movimento andando contro persino agli stessi principi costituzionali.
A seguire la posizione della federazione romana del Partito Comunista:
SOLIDARIETÀ CON ANTIFASCISTI ARRESTATI
La federazione romana del Partito Comunista invia la propria solidarietà ai compagni arrestati e sottoposti a misure restrittive per i fatti connessi con la manifestazione dell’estrema destra a Roma dello scorso anno. La presenza a Roma di un gruppo musicale neonazista è un affronto alla storia della nostra città. Non ci sfugge che le misure assunte oggi sono la prova di un innalzamento della spirale repressiva a danno dei movimenti di lotta, che con il decreto Minniti ha completamente scavalcato le residue tutele costituzionali. Il ricorso alle misure preventive di carcerazione e restrizione è sempre più utilizzato come vera e propria misura sostitutiva di pene per reati impossibili da provare, torcendo le misure cautelari ad una finalità propriamente repressiva.
Il PC si associa alla richiesta di scarcerazione degli arrestati a cui invia la propria solidarietà.