Per la Banca Carige il governo Lega-M5S in dieci minuti si rimangia quanto promesso. A spese dei lavoratori che pagano le tasse e a favore della vecchia proprietà
Ricordate le strombazzate dei senatori 5 Stelle che gettavano false banconote da 500 euro contro l’intervento (scandaloso) a favore delle banche venete del governo PD? E quando attaccavano per la gestione (scandalosa) della crisi MontePaschi? E quando si scagliavano contro il conflitto (scandaloso) di interessi di Maria Elena Boschi nel caso Banca Etruria?
Lunedì, in un consiglio dei ministri durato dieci minuti, hanno fatto lo stesso.
Carige è l’istituto di credito di Genova, in grave difficoltà, unico fra gli italiani a essere stato bocciato ai test della Banca Centrale Europea, che il 2 gennaio ha provveduto a commissariarla d’urgenza per favorire una fusione con un istituto più grande e più stabile, pur lasciando i vecchi amministratori.
Ma le nozze non si fanno coi fichi secchi e ci vogliono i soldi e le garanzie che solo lo stato può portare – ossia con le tasse rapinate ai lavoratori – sui futuri prestiti che Carige chiederà sia sul mercato obbligazionario che alla Banca d’Italia. Il Tesoro interverrà di fronte a richieste da parte della BCE di aumentare il proprio capitale erogati da Bankitalia/BCE (il cosiddetto ELA, Emergency Liquidity Assistance); ma soprattutto ci sarà la possibilità (un’ipotesi ritenuta “residuale” da fonti finanziarie, ma comunque predisposta dall’esecutivo) di un intervento del Tesoro nel capitale della banca – proprio come avvenuto per Mps e tentata senza successo per Veneto Banca e Popolare di Vicenza – che potrebbe gravare sul fondo da 20 miliardi creato dal decreto Gentiloni di fine 2016. «Una mossa, questa, che inciderebbe sul debito pubblico», fa notare Il Sole 24 Ore di ieri 8 gennaio (pag. 12 Carige, garanzia pubblica sui bond).
L’articolo del Sole ci informa inoltre che è stato proprio l’azionista di maggioranza, la famiglia Malacalza, ad opporsi all’aumento di capitale di 400 milioni, che avrebbe diluito il proprio potere all’interno della banca, ma avrebbe forse potuto evitare l’intervento dei soldi pubblici. La goccia che ha fatto traboccare il vaso scaturisce da un «bond, che doveva pagare una cedola annua del 13%, alla luce del venir meno dell’aumento della rischiosità della banca, ora ha visto salire il suo rendimento annuo al 16%, qualcosa come circa 50 milioni di euro l’anno. Un onere troppo grande da sostenere, per l’istituto ligure. Da qua il tentativo dei vertici della banca di ridefinire gli accordi: la richiesta avanzata dai commissari è stata quella di un sostanziale dimezzamento del tasso (dal 16% all’8%) e di una parziale conversione del bond subordinato in una sorta di “finanziamento”, visto che andrebbe in una riserva in conto futuro aumento di capitale. Una modalità, questa, che salvaguarderebbe la famiglia Malacalza, che manterrebbe così inalterata la propria partecipazione oggi al 27,5%. Ma che, d’altra parte, certo non piacerebbe al sistema bancario, che si troverebbe così con un prestito a condizioni stravolte rispetto agli accordi iniziali.»
In poche parole, i capitalisti non sanno a chi far pagare il conto delle loro malefatte e arriva lo Stato borghese a ripianare tutto, indipendentemente dal colore del loro partito che in quel momento è al governo: verde, giallo, rosa fucsia …
Vi immaginate un lavoratore o un pensionato che, non potendo più pagare il mutuo, si rivolge allo stato per avere il tasso dimezzato? No, quelle però sono le banche, sono “troppo grosse per fallire”. In realtà ci sono “famiglie” “troppo protette” anche solo per perdere un granello del loro potere.
E da dove deriva questo disastro della banca genovese, così come di tante altre banche italiane? Da prestiti che sono stati fatti e che ora non riescono a recuperare, quelli che si chiamano “crediti deteriorati”. Prestiti fatti a chi? verrebbe da chiedersi. Sarebbe opportuno che almeno i nomi di costoro fossero noti, per capire se sono poveri disgraziati rovinati dalla crisi che ora dormono sotto i ponti insieme ai lavoratori che hanno licenziato, oppure se ne stanno in panciolle ai paradisi fiscali.
La Carige si ritrova ad oggi con circa 2,8 miliardi di crediti deteriorati. E qui interviene ancora lo stato con SGA, la partecipata del Tesoro già intervenuta come “bad bank” del Banco di Napoli.
Anche qui, immaginate un piccolo fornitore che si trova in difficoltà non perché ha lavorato male, ma perché i propri clienti non lo pagano – e tra questi clienti spesso c’è proprio lo stato – e chiede che i propri “crediti deteriorati” se li cucchi qualcun altro?
Per carità, tranquilli però, Palazzo Chigi comunica che le misure sono state prese «in stretto raccordo con le Istituzioni Comunitarie» e «tali garanzie saranno concesse nel pieno rispetto della normativa in materia di aiuti di Stato». Quindi l’Unione Europea, quando si tratta di salvare le banche, ossia le famiglie proprietarie delle banche, chiude un occhio, anzi tutt’e due.
Senza pudore, il vicepremier pentastellato, Luigi Di Maio, parla di una norma che «tutela i risparmi dei cittadini che hanno scelto la banca Carige». «Le banche italiane – aggiunge – pagano il prezzo di un sistema di vigilanza della BCE che va dotato di strumenti rafforzati di controllo e di intervento. Saremo sempre dalla parte dei risparmiatori e dei correntisti, sempre».
Il fatto stesso che sia stato necessario un intervento esterno dimostra che questa banca al momento non è un buon partito da farla maritare e ci vuole una dote per renderla appetibile, e la dote chi gliela fa? Ovviamente lo stato. Quindi la favola che “gli italiani non ci metteranno un euro e in caso contrario la banca verrà nazionalizzata” non è credibile. Verrà accollata allo stato se non ci saranno pretendenti interessati, quindi se nonostante tutto resterà un cattivo affare.
Questa non è nazionalizzazione. È tutto il contrario, sono soldi pubblici regalati ai privati.
La nazionalizzazione che vogliono i comunisti è l’esatto contrario: l’esproprio senza indennizzo e affidamento ai lavoratori.
2 Comments
La nazionalizzazione che vogliono i comunisti è l’esatto contrario: l’esproprio senza indennizzo e affidamento ai lavoratori.
E inoltre esteso a tutte le banche, non limitato a quelle in perdita.
Tutto questo avviene perche siamo nella gabbia euro, uno Stato sovrano nella sua moneta (FIAT) PUÒ nazionalizzare tutte le banche che vuole, senza dover TASSARE NESSUNO. Carige è l’ennesimo schiaffo alla gente da parte di un sistema. neoliberista e antidemocratico.Un Parlamento che risponde unicamente al popolo, nazionalizza le banche per perseguire unicamente l’interesse pubblico…ma, il nostro Parlamentto deve rispondere alla UE e alle sue folli regole. Va inoltre detto che il problema non sono le banche a sè ma, il sistema economico in cui esse si trovano.