Pio La Torre nacque nella frazione di Altarello di Baida del comune di Palermo in una famiglia di contadini. Sin da giovane si lanciò con tutte le energie nella lotta politica in sostegno dei braccianti, finendo anche in carcere.
Sindacalista della Cgil, aderì al Partito Comunista Italiano. Fu la sua estrazione contadina a spingerlo ad una militanza attiva e che lo vide protagonista in prima linea negli anni epici del movimento contadino, delle occupazioni delle terre, del PCI diretto da Girolamo Li Causi, ma anche contro la mattanza mafiosa che miete decine di vittime fra militanti e dirigenti socialisti e comunisti. Una guerra civile strisciante. Nel 1948, toccò a La Torre prendere il posto a Corleone di Placido Rizzotto, trucidato dalla mafia, alla testa della locale Camera del lavoro.
Nel 1952 venne eletto consigliere comunale a Palermo, qualche anno più tardi segretario regionale della CGIL, entrò nel Comitato centrale del PCI e fu eletto all’inizio degli anni sessanta segretario regionale del PCI, diventando deputato all’Assemblea Regionale siciliana. Trasferitosi a Roma per prendere la direzione della Commissione agraria e poi di quella meridionale, venne chiamato da Enrico Berlinguer alla Segreteria nazionale del PCI.
L’ascesa politica di Pio La Torre arriva ad un punto di svolta nel 1972: il grande balzo avvenne con l’elezione alla Camera nel collegio Sicilia occidentale, e subito in Parlamento. Fu lì che ebbe modo di proporre la legge che introduceva il reato di associazione mafiosa (Art. 416 Bis), ovvero la Legge Rognoni-La Torre e una norma che prevedeva la confisca dei beni ai mafiosi.
Pochi anni dopo, il terrorismo mafioso torna in azione, ma è di segno diverso. Colpisce più in alto, in modo selettivo, e ha finalità eversive. Attacca lo Stato e i suoi rappresentanti. Il primo che aveva maturato la consapevolezza della pericolosità dell’incarico di ritornare in Sicilia era stato proprio Pio La Torre. Due settimane prima di essere assassinato, aveva trascorso la Pasqua a Roma con la famiglia dall’amico Emanuele Macaluso. Dopo aver pranzato, passeggiando sul lungo Tevere, La Torre aveva delineato a Macaluso i nuovi assetti politico-mafiosi che si stavano imponendo nell’Isola, dopo l’uccisione dei democristiani Michele Reina e Piersanti Mattarella. E gli confidò: “Ora tocca a noi”.
Quando Pio La Torre torna nuovamente in Sicilia nell’autunno del 1981 per prendere in mano la direzione del Partito comunista regionale, dopo la parentesi romana durata 12 anni come membro della Direzione e della Segreteria nazionali del partito, si è imposto “il preciso compito di dare la precedenza su tutto alla lotta contro l’installazione dei missili” a Comiso. Infatti il 7 agosto di quello stesso anno il governo italiano aveva autorizzato l’installazione di 112 missili Cruise a media gittata e armati di testate nucleari, nella piccola città del ragusano, condannando quella regione a divenire la base militare Nato più importante dell’Europa del Sud. Potenzialmente, Comiso e Ragusa sarebbero potute divenire un bersaglio di un attacco atomico.
Ma la vicenda dei missili va molto al di là del problema riguardante le popolazioni potenzialmente coinvolte da un conflitto. Il problema più immediato e non ipotetico è la militarizzazione del territorio, trasformare un pezzo di territorio italiano in una zona fuori da ogni controllo legale ordinario e che non risponde alle leggi italiane. Ogni diritto tutelato costituzionalmente si ferma alle porte della base, ma anche molto più in là, perché gli stessi movimenti dei cittadini devono essere controllati in modo molto più stringente.
Dal punto di vista costituzionale la completa cessione del controllo delle basi a un’autorità straniera sulla quale il governo e il parlamento italiano non ha nessuna possibilità di veto è un vulnus, una ferita irreparabile. Il dito sul pulsante di lancio ce l’ha un militare americano che risponde solo al suo comandante in capo, il presidente USA. Infatti l’istallazione di questi missili non passò e non poteva passare dall’approvazione del Parlamento. L’Italia potrebbe essere coinvolta in una guerra senza che le autorità preposte a dichiararla neanche ne siano informate.
Dal punto di vista internazionale i missili rappresentano una violazione dell’equilibrio strategico che era stato assicurato fino ad allora. Infatti, se USA e URSS avevano un equilibrio sui missili intercontinentali in grado di colpire il territorio metropolitano del nemico, tale equilibrio viene rotto dalla presenza di missili “tattici”, ossia che hanno un raggio di azione continentale e non intercontinentale. Si diceva che i pershing e i cruise istallati a Comiso equilibravano tatticamente i missili SS20 sovietici di eguale raggio. Ma, mentre i missili sovietici da territorio sovietico possono colpire un eventuale nemico in Europa e non il territorio americano, al contrario i nuovi missili americani possono colpire direttamente il territorio sovietico e quindi non sono da classificare come tattici, ma come strategici. In meno di 10 minuti, i Pershing 2 schierati in Germania possono colpire le basi e le città sovietiche, compresa Mosca, mentre i missili schierati a Comiso, possono colpire le città sovietiche. La rottura dell’equilibrio non era solo un fatto teorico, ma apriva una prospettiva pericolosissima, equivalente all’analoga crisi dei missili di Cuba del 1962. In quel caso l’equilibrio fu raggiunto perché i missili a corto raggio, che alla fine non furono istallati a Cuba, furono barattati per la dismissione dei missili NATO di pari natura presenti in Turchia. La rottura strategica dei missili a Comiso metteva il mondo intero davanti alla concreta possibilità di un conflitto nucleare, data la superiorità strategica che acquisivano gli USA sull’URSS. Il conflitto si sarebbe potuto interamente combattere sul suolo europeo a spese dei popoli del nostro continente e avrebbe – nelle menti perverse dei militari americani – essere davvero combattuta e vinta con perdite limitate, rompendo l’equilibrio del terrore assicurata dalla muta distruzione, che paralizzava i guerrafondai. La guerra diventava una concreta possibilità e tutti i popoli europei ne erano esposti.
Si capisce quindi che la lotta contro i missili non è la lotta in favore di questo o quello schieramento, ma è la lotta per la pace e la salvezza del mondo e dell’Europa in particolare.
Il Segretario Regionale del Partito Comunista non si arrende e il 4 aprile del 1982 alla testa di centinaia di migliaia di persone, guida una manifestazione storica di fronte ai cantieri della base missilistica. Arringando la folla come un vero tribuno della plebe, Pio La Torre crea quello slancio necessario per raccogliere più di un milione di firme per fermare l’installazione dei missili Cruise. Nonostante ciò, 4 giorni dopo iniziarono i lavori per costruire la base militare. Ma grazie al suo carisma e a quel movimento di popolo, composto anche di non comunisti, che si era aggregato intorno alle sue idee, la Nato e il sistema si accorsero di avere un problema in Sicilia: un forte partito comunista, radicato e con un segretario regionale risoluto e coraggioso.
Vogliamo qui ricordare anche la figura di Pietro Ancona, recentemente scomparso, il segretario socialista della CGIL siciliana, che in quel frangente si schierò a fianco della lotta del PCI contro le decisioni del governo pentapartito Spadolini di cui il PSI faceva parte.
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Era il 30 aprile 1982. A Via Li Muli a Palermo non c’era traffico, nessun testimone. Un fatto anomalo, diranno più tardi le cronache. All’epoca non c’erano macchine blindate e Pio La Torre da qualche giorno aveva chiesto al suo autista, il compagno Rosario Di Salvo, di fare strade diverse. Aveva fatto domanda anche per il porto d’armi. Nel suo stato d’animo, la convinzione di andare incontro a dei rischi dopo il grande lavoro svolto per arginare il fenomeno della criminalità organizzata e per l’impegno contro la base missilistica.
Alle 9:20, mentre la Fiat 131 di La Torre sta raggiungendo la sede del partito, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo ad uno stop improvviso, immediatamente seguito da raffiche di proiettili. Da un’auto scesero altri killer a completare il duplice omicidio. Pio La Torre morì all’istante, mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di perire. Al funerale presero parte centomila persone.
Fu un funerale ove la simbologia del partito ha uno stile classico: pugni chiusi e i feretri avvolti nella bandiera di Partito. Enrico Berlinguer vi pronuncerà un discorso fin troppo sobrio, senza sbavature nello stile di un Partito Comunista che si va sempre più “istituzionalizzando”. Tuttavia il discorso assume un tono decisamente più empatico con la folla e con i familiari delle vittime, quando tocca l’impegno di La Torre contro i missili Nato a Comiso: il Partito rivendicò la giustezza e l’opportunità di quella linea, nonostante l’enorme costo pagato. I compagni La Torre e Di Salvo vennero definiti “due intrepidi combattenti che hanno lottato per la causa giusta”. Al di la della retorica, il Partito Comunista di allora era un partito che stava già abbandonando la via rivoluzionaria, e nella sua involuzione riformista, non seppe cogliere l’eredità e il furore della battaglia del Compagno La Torre.
I processi hanno individuato gli esecutori dell’omicidio e circoscritto il movente alla lotta condotta da Pio La Torre contro l’organizzazione mafiosa. La relazione di minoranza della Commissione nazionale antimafia della VI legislatura, e la legge che sarà approvata postuma che introduce nel codice penale la previsione del reato di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis) e la confisca dei beni alla mafia, portano il suo nome. Secondo un pentito, i mandanti sarebbero da individuare tutti all’interno dei vertici mafiosi: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Antonino Geraci. Ma secondo alcuni non si può escludere la pista atlantica, ovvero che la politica di opposizione del PCI all’installazione dei 112 missili Cruise a Comiso avesse determinato, contribuito o accelerato la condanna a morte del dirigente comunista.
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Oggi la battaglia del Compagno Pio La Torre è più che mai attuale.
Le manovre imperialiste della NATO oggi stanno sconvolgendo il mondo intero e costituiscono il pericolo più attuale per la pace e la sicurezza mondiale. La lotta contro i missili a Comiso trova continuità contro i nuovi sistemi MUOS a Niscemi. Ancora la Sicilia al centro delle manovre imperialiste, ancora gli stessi pericoli, nonostante il campo socialista non esista più.
La mafia, il volto più abominevole del capitale è pronta ad aggredire il tessuto sociale e produttivo del Paese e a penetrare ancor più in profondità. Le classi popolari sono esposte al rischio, ancor di più di quanto non lo sia in situazioni “normali”, di essere preda della mafia a causa della necessità e della ricattabilità quotidiana. Centinaia di migliaia di lavoratori autonomi, artigiani, piccoli imprenditori, commercianti sono a rischio usura e i clan mafiosi sono pronti a banchettare sul cadavere economico prodotto dall’epidemia di Covid-19 nel nostro Paese.
La mafia è la declinazione siciliana del capitalismo. Il capitalismo esercita il suo potere in Sicilia attraverso le forme mafiose, che solo nei momenti di crisi e di contraddizione estrema si manifesta attraverso gli scoppi violenti, ma che nel quotidiano significa controllo del territorio, oppressione ideologica e morale oltre che economica delle classi subalterne, spartizione del potere che promana da quello statale e ad esso si conforma. Non ci potrebbe mai essere mafia se il potere borghese non ne avesse tutti i vantaggi, se l’enorme forza repressiva dello stato non fosse colpevolmente indirizzata verso la copertura di tale struttura criminale e non certo verso la sua sconfitta e dissoluzione. La mafia non è – almeno non è solo – lupara e coppola, ma colletti bianchi, avvocati, imprenditori, banche, finanziarie.
La lotta alla mafia è la lotta al capitale, la lotta all’imperialismo è lotta contro il capitalismo a cominciare da quello del nostro paese.
Dall’esempio combattivo del compagno Pio La Torre, noi comunisti dobbiamo prendere il meglio e lottare per uscire dall’UE, dall’Euro e dalla NATO per edificare la nuova società, quella dove il potere è in mano ai lavoratori. Lottare per edificare il socialismo.
Il miglior omaggio a questo eroe è il solenne impegno del Partito Comunista che è quello di portare avanti la sua battaglia sul tracciato degli ideali di Pio La Torre.