Conferenza stampa sabato scorso davanti al comune di Pisa per lanciare il presidio davanti alla base di Camp Darby.
«Non a caso è stato scelto il Municipio messo sotto accusa per avere avallato la militarizzazione del territorio», sottolineano gli organizzatori.
Appuntamento il 1 maggio davanti alla base USA di Camp Darby alle 10.30 a cui farà seguito la mobilitazione per il 2 Giugno con una manifestazione più grande. Alla giornata dell’1 hanno aderito la “Rete civica livornese contro la guerra”, il “Sindacato Generale di Base”, il PRC di Livorno, il PCL e il Partito Comunista, che hanno lanciato la mobilitazione a carattere regionale, oltre ad altre realtà, collettivi, giornali come la redazione di “Lotta Continua”. Abbiamo intervistato gli organizzatori, Federico Giusti di SGB e Salvatore Catello del PC, del Comitato ”Lavoratori e lavoratrici contro la guerra”.
Perché 1 maggio a Camp Darby?
Mese dopo mese ci accorgiamo che sul nostro territorio le sensibilità contro guerra e militarizzazione sono sempre più flebili. È un tema ostico da sempre e soprattutto nei momenti di minore mobilitazione, negli ultimi mesi, vediamo crescere il disinteresse verso la militarizzazione strisciante del territorio, le frecce tricolori con gli aerei da guerra trasformati in spettacolo senza alcuna voce dissenziente, la giornata della solidarietà con i reparti speciali dell’esercito e centinaia di bambini e ragazzi delle scuole senza contestazione alcuna.
Chi siete e cosa rappresentate?
“Lavoratori e lavoratrici contro la guerra” è un cartello di realtà che hanno un punto in comune: contrastare la deriva autoritaria che precarizza il lavoro e le nostre vite e denunciare la militarizzazione del territorio che impegna soldi a fini di guerra e a discapito di sanità, istruzione, welfare, salario e reddito. Una sigla scelta non a caso, sul tema della guerra e della militarizzazione dei territori. I lavoratori sono stati sempre contro la guerra, ricordiamoci degli anni sessanta o settanta, sapevano opporsi alla guerra e allo stesso tempo lottare nei loro paesi per condizioni di vita e di lavoro dignitose, due temi non scindibili se vogliamo costruire un movimento di massa. In Grecia contro i bombardamenti Usa e francesi in Siria ci sono state manifestazioni di migliaia di persone, scioperi e mobilitazioni, in altre nazioni non abbiamo visto che pochi e sparuti presidi. Poi come diceva Brecht, sono sempre e solo i lavoratori, sia dei paesi vincitori che dei paesi vinti, a pagare sulla loro pelle i costi della guerra.
Grandi opere di militarizzazione, che vuol dire?
Un anno fa abbiamo appreso casualmente che la Regione Toscana aveva dato il via libera alla costruzione di una ferrovia, ad usi esclusivamente militari, che collegherà Camp Darby all’aeroporto militare di Pisa. Da anni comando militare USA e NATO chiedevano la possibilità di trasportare armi e supporti logistici via acqua e via ferrovia, non più lungo le strade dove il passaggio di convogli militari era stato, anni fa, contestato da pacifisti. Una richiesta accolta dalle istituzioni locali, prima con ingenti lavori per la navigabilità del Fosso dei Navicelli, fosso costruito dai Medici (sec XVI) per collegare Pisa al porto di Livorno.
Accrescere la profondità del Canale serve al momento soprattutto agli USA che potranno in silenzio trasportare armi al porto di Livorno, porto da cui ogni mese partono navi destinati alle aree nevralgiche dove si trovano basi NATO e USA.
Sempre in questi giorni gli USA hanno annunciato che la consegna di una parte della base USA al demanio militare italiano è rinviata. Eppure per mesi era stato detto l’esatto contrario, ossia che gli USA avrebbero restituito al governo italiano una piccola porzione della base.
Gli USA e la NATO hanno bisogno di riqualificare le loro basi militari, necessitano di infrastrutture per favorire il trasporto di armi e del logistica di guerra in tempi celeri e senza alcun controllo da parte degli enti locali di Pisa e di Livorno che tuttavia non hanno mai messo in discussione queste opere di militarizzazione del territorio, anzi le hanno semplicemente avallate. Hanno disconosciuto anche l’ordine del giorno approvato oltre 10 anni fa in consiglio comunale a Pisa che parlava di riconversione della base; ci sono consiglieri comunali dalla memoria labile che oggi dicono l’esatto contrario.
Di fronte a tutto questo che dice l’amministrazione comunale?
Il Comune di Pisa e la maggioranza del Pd non hanno mai preso in considerazione l’ipotesi di opporsi a questa devastazione del territorio a fini militari, ne prendono atto, e come loro la Regione Toscana, anzi alla fine faranno di tutto per accelerare la realizzazione dell’opera. Se poi, un domani, restituiranno una piccola porzione della base, lo faranno solo per consentirvi la dislocazione di reparti speciali dell’esercito italiano destinati, sotto il comando NATO, alle zone di guerra. Si spendono soldi per la militarizzazione del territorio, soldi sottratti alle spese sociali, alla sanità, alla istruzione e alla ricostruzione delle aree terremotate che dopo anni sono ancora ridotte a cumuli di macerie. Il 1° maggio non è una giornata di festa, i lavoratori e le lavoratrici non hanno nulla da festeggiare con quasi 4 morti al giorno sul lavoro, con la miseria crescente che ormai riguarda 5 milioni di persone, con la precarietà del lavoro divenuta precarietà delle nostre vite.