Playa Girón: la patria socialista sconfigge l’imperialismo.
Playa Girón senza la sua storia non sarebbe che una mediocre spiaggia, considerando il paradiso terrestre in cui è inserita. Una baia semplice, scarna, in cui l’acqua un po’ risplende e un po’ ristagna. Ma la sua gente e la sua storia valgono la traversata di qualsiasi oceano. Quando in quell’aprile del 1961 le forze controrivoluzionarie riversarono tutto il loro odio nella ora celebre baia della provincia di Matanzas, il popolo libero di Cuba innalzò il suo scudo più forte: l’orgoglio patriottico della Rivoluzione!
Ripercorriamo con ordine: siamo appunto nel ’61 e sono trascorsi poco più di due anni dall’entrata trionfale dei barbudos a La Habana. A fare le spese della Rivoluzione sono stati, oltre a Battista e i suoi sbirri, tutti i latifondisti, gli impresari alberghieri, i padroni di veri e propri bordelli a cielo aperto che sfruttavano per il proprio personale profitto tutte le risorse dell’isola, naturali e umane. L’anno precedente, il 1960, fu un anno di riforme epocali per Cuba, con Castro che nazionalizzò le raffinerie di petrolio, le banche americane, le attività criminali di Lucky Luciano e soci, che gestivano il turismo sessuale statunitense nei lussuosi alberghi de La Habana. Le produzioni agricole furono espropriate e redistribuite a chi la terra la lavorava davvero, e non ai vari Rockefeller che ne gestivano i profitti da salotti lontani. Aneddoto interessante, l’azionista di maggioranza dell’azienda agricola dei Rockefeller era un tale Allen Dulles, direttore della Cia. Ad Ottobre, agli U.S.A. non restò altro da fare che apporre l’infame embargo che ancora oggi stritola l’isola.
Possiamo già contare un numero incredibilmente alto di nemici che Castro si era fatto in soli 24 mesi di governo: capitalisti, banchieri del calibro dei Rockefeller, vertici della Cia, mafiosi internazionali. Tutte personalità, queste, che con il governo fantoccio di Battista avevano conosciuto il loro periodo migliore. Dovrebbe far pensare il fatto che il Cardinale Primate di Cuba Manuel Arteaga accorse a festeggiare con Battista il giorno del suo insediamento; non a caso, tra i soldati invasori catturati a Girón figurarono una moltitudine di preti spagnoli e franchisti che, operando a Cuba da prima della Rivoluzione, non sopportavano gli effetti delle conquiste della stessa.
Ma il danno peggiore che Cuba stava creando era perlopiù propagandistico: Cuba era (ed è) l’esempio vivente che l’egemonia nordamericana nel continente sia un drago di cartone; Cuba, l’insolente, dimostrava di poter scambiare zucchero con il petrolio sovietico, stando comodamente a 300 km da Miami; Cuba, la ribelle, mostrava ai fratelli latinoamericani che la terra appartiene a chi la coltiva. Questo era ed è l’aspetto che più di tutti terrorizza chi vorrebbe un mondo a servizio dei propri interessi.
Sappiamo come agisce l’imperialismo nella sua fase di conquista: ogni qualvolta perda territori su cui speculare, prima li isola e cerca di destabilizzarli e, in ultimo, attacca. Ecco quindi che già negli ultimi mesi del Governo Eisenhower, il 17 Marzo 1960, fu approvato il “Programma per un’azione segreta contro il regime di Castro”, proposto al Presidente dalla Cia stessa. Seguirono mesi di destabilizzazione e preparativi, basi logistiche organizzate in Guatemala, Porto Rico, Messico e Nicaragua, attentati e sabotaggi vari nell’isola. Kennedy, nel Gennaio del ‘61, rinnovò l’approvazione all’operazione con la specifica richiesta, però, di non palesare troppo il coinvolgimento statunitense, camuffandolo con mercenari ed esuli cubani; infatti, in compagnia dei preti, la stragrande maggioranza degli invasori catturati a Girón furono proprio quei cubani che con la Rivoluzione avevano perso la possibilità di sfruttare il prossimo e quindi di continuare ad arricchirsi.
Cuba, 15 Aprile 1961: gli aeroporti militari delle Forze Armate Rivoluzionarie e civili di Santiago di Cuba e San Antonio De Los Baños si svegliarono sotto le bombe di aerei da guerra statunitensi meschinamente ridipinti, in modo da apparire a prima vista disertori cubani. Gli obiettivi erano i veri veivoli dell’aviazione cubana. Il piano Yankee era quello di annientare l’aviazione cubana e fare atterrare a fine bombardamento uno di quegli aerei a Miami ed inscenare quindi una diserzione contro Castro. Ma cinque di questi bombardieri furono abbattuti dalla contraerea e Castro, con le prove in mano, denunciò l’aggressione all’Onu. La difesa all’Onu degli Usa, che continuava a sostenere la tesi della diserzione, finì soltanto per coprire ancor più di ridicolo Kennedy, che si trovò costretto ad annullare gli altri bombardamenti previsti per il giorno seguente.
16 Aprile 1961: Castro in un messaggio al popolo onorò il ricordo dei civili rimasti uccisi negli attentati terroristici del giorno precedente, accusò apertamente il mostro imperialista e dichiarò Cuba stato Socialista.
17 Aprile 1961, 1:00 di notte, Playa Girón: iniziò lo sbarco più costoso e meno riuscito della storia dell’intelligence nordamericana, sbugiardata in campo internazionale dal maldestro tentativo di depistaggio ed anticipata dai servizi segreti cubani, che già attendevano l’invasore con numerosi aerei militari (scampati agli attentati del 15) nascosti in zona e truppe speciali del M-26-7, movimento paramilitare leader nella guerriglia della recente Rivoluzione. Tra questa data e quella del 19 Aprile, si consumò una vera e totale vittoria del popolo: tutt’ora si tramandano i racconti di ragazzi di 15 anni che montano al volo nelle camionette della contraerea che andavano a piazzarsi sulla spiaggia, per partecipare volontariamente all’abbattimento dello stesso infame nemico che due giorni prima aveva assassinato i loro fratelli Habaneri e Santiagheri.
Alla fine del conflitto, saranno solo 104 i morti tra gli invasori e 1113 i prigionieri: Cuba non cedette alla vendetta, dimostrando anche qui una superiorità netta rispetto agli statunitensi, che non esitarono invece a bombardare e smitragliare civili anche nella stessa Girón. I prigionieri, soccorsi e medicati, saranno rilasciati venti mesi dopo negli Stati Uniti in cambio di 53 Milioni di dollari in alimenti per bambini e farmaci. Solo due di loro saranno condannati a 30 anni, poiché già precedentemente rei di delitti in suolo cubano.
Questa battaglia ed il suo lascito simbolico sono quanto di più importante per Cuba per insegnare all’America Latina come una nazione libera può e deve ergersi contro l’espansione imperialista; le altre nazioni, di contro, impararono che quel finto Dio che la propaganda inquadrava negli U.S.A. può umanamente sanguinare, può essere sconfitto.
Questa è senz’altro una pagina bella di storia, una favola quasi (se pensiamo alle moltitudini di volte nelle quali è andata diversamente) in cui alla fine si celebra la vittoria dell’autoaffermazione di un popolo. Una storia dalla quale dobbiamo apprendere come il sentimento di amore verso la propria comunità e l’ardore della difesa di quanto si è costruito, possa battere schiere di mercenari pagati dalla mafia, dalla chiesa, da Rockefeller e dalla Cia.
Veramente, letteralmente, infinitamente: Patria o morte!
Eduardo de Dominicis