«La guerra non è soltanto un atto politico, ma un vero istrumento politico, una prosecuzione dell’attività politica, una sua continuazione con altri mezzi.»
(Karl von Clausewitz)
Che la guerra sia la continuazione della politica con altri mezzi è una cosa che tutti sono disposti ad ammettere a parole, ma pochi traggono da ciò le necessarie conseguenze.
Inserire quindi le azioni sullo scacchiere militare entro gli interessi economici che le guidano è la bussola con la quale orientarsi. E ciò a prescindere poi dalle conclusioni politiche da trarre. Prima si esamina la realtà e poi dall’esame si traggono le conclusioni. Invertire le due fasi significa o essere preda di una grave malattia psichiatrica o essere in malafede.
Armamenti in Ucraina.
Repubblica di Irlanda e Malta, membri Ue ma non Nato, si limitano a inviare aiuti umanitari e medicine e ad accogliere profughi, ma escludendo ogni forma di supporto militare.
In Ungheria Viktor Orban, non solo non ha inviato armi all’Ucraina, ma non ha consentito nemmeno il transito degli armamenti sul territorio. Budapest non dirà niet neppure all’energia di Mosca, che fornisce al Paese l’85% del gas. Si rompe il fronte di Visegrad con Varsavia, Praga e Bratislava.
La Bulgaria, membro Nato e Ue, non ha inviato armi a Kiev e ha criticato le sanzioni alla Russia.
Per la Spagna il premier Pedro Sanchez, in visita ieri a Kiev, assicura «il nostro più grande invio di armi all’Ucraina».
In Germania la situazione è controversa. Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz si è detto contrario all’invio di armi pesanti in Ucraina. E il blocco delle importazioni di gas dalla Russia è stato al momento escluso. «Il cancelliere tedesco Scholz afferma che l’embargo sul gas dell’UE non porrebbe fine alla guerra in Ucraina e ribadisce la sua riluttanza del Paese a fornire armi pesanti per il timore di un’escalation nucleare». (Spiegel). La Germania è fra quelle più pesantemente bacchettate da Kiev, ossia da Washington.
La Francia nicchia in attesa del voto.
L’Italia fa la prima della classe. Manda armi, ma il Parlamento neanche sa quali siano, perché la lista è secretata. Si dichiara favorevole a un embargo totale del gas russo, limitandosi finora a interdire l’import-export, colpendo tante aziende italiane.
Il gas
In una fulminante intervista a La7 (https://www.facebook.com/watch?v=1674925259524301), l’ing. Salvatore Carollo, ex dirigente ENI, spiega bene alcune cose: 1) Il gas russo non manca a causa della guerra, le forniture non sono in alcun modo diminuite; 2) il prezzo è aumentato per una scelta politica di questo governo che ha legato il prezzo non a contratti di lungo periodo, ma alla borsa di Amsterdam; 3) Questo governo, nonostante gli strepiti, non riesce a fare chiarezza sui contratti, potrebbe togliere le concessioni agli speculatori, ma non lo fa.
Il Governo Draghi tranquillizza il popolo italiano, limitandosi a battute infelici, ma facendo passare l’idea che basti abbassare di uno o due gradi il condizionatore estivo e potremo spezzare le reni alla Russia. La realtà è opposta.
Leggiamo sul Fatto Quotidiano di oggi 22 aprile:
Se queste sono le cifre in ballo, precipitare in questa avventura la Nazione che senso ha? Chi ci perde è chiaro: tutto il popolo italiano. Ma chi ci guadagna?
Qui non si parla di condizionatori abbassati, ma di fabbriche chiuse.
La foglia di fico degli “ambientalisti”.
Ora è di moda accusare i ritardi nelle concessioni per lo sfruttamento del gas nazionale in mare. Ma ricordiamo che questo, tra costi di esplorazione, istallazione, estrazione e trasporto, costa molto di più che acquistarlo dalla Russia e quindi le società si sono tenute ben lontane da imbarcarsi in un’avventura a perdere. Potrebbe farlo solo lo Stato, facendo capire ai cittadini che è un investimento a lungo termine per assicurare molto parzialmente l’indipendenza economica. Ma d’altronde, essendo una concessione data a società internazionali, che certezze avremmo sul fatto che questo gas (trascuriamo qui i danni ambientali) poi verrebbe acquisito dall’Italia? Nessuna. Ce lo dovremmo ricomprare al mercato libero in concorrenza con tutto il mondo.
Questa è la differenza tra una nazione governata dalla politica e invece una governata dai mercati selvaggi.
Ieri mattina a Taranto è stato inaugurato alla presenza di tre ministri (Giorgetti e Giovannini in video collegamento, Di Maio ha mandato un messaggio), il primo parco eolico off-shore in Italia a Beleolico, al largo del molo tarantino. Contrariamente alla vulgata che siano gli “ambientalisti” a dire sempre no, si scopre che invece Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha salutato con entusiasmo l’inaugurazione e ha denunciato «14 ANNI DI RITARDI e ostracismi istituzionali, … un caso emblematico della via crucis autorizzativa del nostro paese».
Tutti strateghi
Dopo il periodo in cui sembravamo tutti virologi, oggi tutti si improvvisano generali. Ci sembra interessante riportare invece il commento di Marco Bertolini, ex comandante Vertice interforze e della Brigata Folgore. Un uomo certo che tutto si può dire, tranne che non sia cresciuto in una cultura atlantista. In un’intervista ancora sul Fatto del 22 aprile, egli segnala: «Da un punto di vista tattico la presa di Mariupol segna sicuramente una svolta, nel senso che due terzi degli obiettivi che la Russia ha dichiarato – vale a dire il Donbass, la Crimea e l’Ucraina non nella Nato –sono stati conseguiti.»
Quindi gli strombazzati successi della “resistenza” ucraina vengono autorevolmente smentiti. Dove si vuole arrivare? E soprattutto a chi fa comodo tutto questo?
Chi ci guadagna?
L’interesse a continuare il conflitto è certamente degli USA. Il risultato è quello di mettere l’Europa contro la Russia, facendo pagare il prezzo di ciò a tutti e due e ottenendo vantaggi duplici: sul piano economico e su quello strategico.
La Von der Leyen ha detto che bisogna “arrivare alla vittoria”, che poi significa la sconfitta della Russia. Se queste sono le premesse, vuol dire che l’UE spinta dagli USA si sta orientando ad alimentare una lotta continua contro la Russia che potrebbe durare a lungo. Non solo ciò è contrario agli interessi dei popoli europei, da Lisbona a Mosca, ma le stesse dirigenze politiche dei Paesi europei – con la minoranza delle teste di ponte USA costituite dagli Stati baltici, quattro su cinque del gruppo di Visegrad, e l’Italia guidata dal banchiere non eletto Draghi – ormai sono in netto contrasto con la politica dell’Unione. A chi rispondono i governanti non eletti di Bruxelles? A chi rispondono i nostri rappresentanti eletti in Parlamento, dopo che è evidente che il popolo italiano, pur nella generosità dimostrata, è in maggioranza contrario a questa politica dissennata?
Tornando a von Clausewitz, se questo è il quadro politico-economico, le conclusioni sul terreno militare dovrebbero essere radicalmente opposte a quanto perseguito dai bellicisti nostrani.
Si dovrebbe mettere in primo piano l’interesse dell’Italia, dei popoli europei, del popolo ucraino tutto e anche del popolo russo. Invece l’interesse che perseguono i nostri governanti italiani e della UE è solo ed esclusivamente filoamericano.
Ci faranno vedere un 25 aprile in cui si esaltano i battaglioni nazisti con tanto di croce uncinata, blaterando che quello è un simbolo asiatico antico di secoli. A cosa arriveremo, a vedere nelle manifestazioni per la Resistenza il fascio littorio, con la scusa che esso è un simbolo delle antiche italiche virtù di indipendenza della Roma repubblicana?
Non ci stiamo.
Al momento di marciare
molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
è la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico
è lui stesso il nemico.