Per il comitato regionale pugliese del Partito Comunista urge il riconoscimento delle conseguenze dello stato di calamità naturale ai lavoratori bracciantili del comparto olivicolo.
Quest’anno in tutta la Puglia, per motivi climatici avversi dovuti ad incursioni di aria gelida nei mesi di marzo e aprile e alle umidità sciroccali estive che hanno favorito la formazione della mosca dell’ulivo, il raccolto annuo delle olive, grossa fetta di economia regionale, è andato quasi totalmente perduto.
La campagna olearia 2018/2019 è incominciata ad ottobre ed è finita a novembre 2018. Il tempo di durata di raccolta è stato di 5 mesi inferiore all’anno precedente. Alla qualità, risultata pessima, si è sommato un decremento disastroso della quantità del raccolto che ha sfiorato il 60% su base regionale fino ad arrivare al 90% nel Brindisino.
Il costo delle olive si è attestato tra 12 e 20 euro, drammaticamente in picchiata, considerando che nel 1989 un quintale di olive veniva pagato a £ 130.000, per cui con il ricavo di solo un quintale di olive una famiglia media faceva la spesa per 15 giorni.
Ne è risultato che gli addetti al settore della Regione hanno lavorato fino a 5 mesi in meno e tanti olivicoltori hanno preferito abbandonare le olive in campo, in quanto il costo del raccolto sarebbe stato di molto superiore al ricavo.
Ma i disagi per i lavoratori del settore avranno conseguenze negative anche dopo il periodo della raccolta olivicola annua.
Infatti da un lato mancheranno i soldi per potature, arature, concimazioni e trattamenti vari, dall’altro la Regione Puglia e l’UNIONE EUROPEA pretenderanno, a spese dunque degli agricoltori, le buone pratiche per la prevenzione della ”xilella fastidiosa”, lasciando loro solo due prospettive: non fare i lavori di manutenzione annua, incorrendo nelle sanzioni regionali, o continuare ad indebitarsi per mantenere gli alberi di ulivi.
Nella Regione Puglia si è assistito a una delle peggiori calamità naturali a memoria d’uomo e il disastro economico verificatosi sta passando sotto tono.
Ad oggi le associazioni di categoria si limitano a chiedere lo stato di calamità naturale per la gelata dell’anno scorso, i rappresentanti politici dei governi, regionale e nazionale, come al solito, si affrettano a esprimere solidarietà ai manifestanti, in gran parte proprietari terrieri.
Le richieste che verranno soddisfatte saranno sempre le stesse: risarcire le aziende dal danno subito dal mancato raccolto.
Braccianti agricoli: lavoratori invisibili.
Per tale disastro climatico, ci saranno conseguenze economiche per l’intero anno in corso anche per le migliaia di lavoratori inquadrati nel settore del bracciantile, i quali, avendo perso 5 mesi di lavoro, non raggiungeranno le giornate di ingaggio richieste per i contributi previdenziali e per ottenere l’assegno di disoccupazione, quest’ultimo fondamentale per la sopravvivenza annua.
Il mancato raccolto e la scarsa qualità dello stesso hanno danneggiato non solo i piccoli e i grandi proprietari di uliveti ma anche i lavoratori – braccianti agricoli.
La logica attuale è che, in caso di calamità naturale, gli agricoltori potranno avere contributi economici dallo Stato, mentre i braccianti dovranno provvedere con mezzi di fortuna alle giornate di ingaggio.
Noi chiediamo che, ai fini contributivi per il 2019, oltre a riconoscere lo stato di calamità naturale per i danni subiti ai proprietari degli uliveti, debbano essere riconosciute ai braccianti agricoli le stesse giornate lavorative di ingaggio dell’anno precedente.