«Finora la sovrastima dell’Rt è stata mascherata dal fenomeno più rilevante in termini numerici dell’aumento dei casi della seconda ondata. Pertanto tale fenomeno si è osservato solo adesso evidenziando in tal modo la sovrastima del Rt»
Questo scrive l’assessorato alla Sanità lombardo.
Quindi una regione è stata tenuta in lockdown per un errore tecnico di comunicazione tra autorità? Ci sarebbe da ridere, se il fatto non avesse avuto ripercussioni gravissime per i cittadini di quella regione.
Gli operatori più esposti dichiarano che, più che per le chiusure già costosissime, la penalizzazione peggiore le subiscono con le chiusure a intermittenza, per altro aleatorie, che impediscono di programmare l’attività, con conseguenti costi aggiuntivi a causa di acquisti, impegni, esborsi già sostenuti.
Ma che cosa spinge a una politica così ondivaga?
È la migliore soluzione rispetto al contrasto dell’epidemia? Gli esperti dicono proprio di no. Sul Corriere della Sera del 23 gennaio, l’epidemiologo italiano Francesco Forastiere, che insegna a Londra lontano dalle baruffe italiane, sulla scorta di una recente ricerca, dice:
«In questa fase possono funzionare solo le restrizioni rigide»
Quindi non sono neanche gli epidemiologi che suggeriscono queste politiche stop-and-go.
Del resto i dubbi sull’uso dell’Rt non sono nuovi.
In un articolo della edizione on-line della prestigiosa rivista Nature vengono elencate una serie di critiche ben note agli esperti riguardanti l’uso di tale indice, che è nato in ben altri ambiti applicativi, dove il processo di diffusione si può ammettere “omogeneo”. Invece nei paesi che hanno mostrato le migliori capacità di contrasto alla pandemia – Cina, Giappone e Corea – sono stati usati modelli che tengono conto della cosiddetta sovradispersione del fenomeno (pochi contagiati superdiffusori e molti contagiati non contagiosi) di cui abbiamo parlato qui.
Inoltre, a parte la non immediatezza della misura, che può forse dire qualcosa sul passato riguardante da due a quattro settimane precedenti, a parte la generalità quando riferita ad ampie regioni che invece possono essere molto differenziate, nel citato articolo leggiamo (trad. nostra):
«Una cosa sono gli ingressi in un ospedale o in un reparto di terapia intensiva, un’altra sono i risultati di un rilevamento casualizzato di una popolazione per vedere come un gruppo di persone abbiano o abbiano avuto nel loro insieme il COVID-19.»
Nello stesso articolo si raccomanda di usare tutta una serie di altre misure da accompagnare al famigerato Rt.
Purtroppo tra queste spesso si cita il rapporto tra nuovi casi e tamponi. Anche questa misura è affetta da gravi difetti, in quanto i “tamponati” non sono un campione rappresentativo della popolazione scelto in modo casuale, ma è autoselezionato, ossia vanno a fare il tampone le persone che si ritengono più esposte. Tutto ciò è complicato dal fatto che ci sono vari tipi di tamponi, dalla differenza tra contagiati non contagiosi e contagiosi, malati paucisintomatici o con sintomi gravi, fino ai ricoverati nelle terapie intensive. Per non parlare poi dei falsi positivi e falsi negativi, che dovrebbero far escludere tali strumenti come atti ad accertare la situazione individuale, ma limitarli alla popolazione, in cui gli errori possono venire a compensarsi per grandi numeri.
Per assoluta chiarezza, il virus c’è, circola, è molto pericoloso e mortale. Per tacitare le fole che circolano in rete, bastino i dati pubblicati dall’Istat riguardanti il di più di morti che il nostro Paese ha subito nell’anno scorso, dati globali che non possono derubricarsi a errori statistici e che caso mai sottostimano gli effetti del virus, non tenendo conto del calo dei morti per incidenti stradali a causa dei lockdown.
Completa lo scandalo, l’asta internazionale denunciata dal Fatto quotidiano il 22 gennaio
Quando si aprirà finalmente alla possibilità di potersi vaccinare con vaccini che, pur progettati su piattaforme non nuove, ma proprio per questo più sperimentate, e soprattutto disponibili in misura più ampia senza sottostare ai ricatti delle solite multinazionali?
Certo che i sostenitori del libero mercato, della libertà di ricerca, della democrazia liberale, dei detrattori dei “sistemi dittatoriali” dovrebbero andare a nascondersi per la vergogna di tutto questo. E invece eccoli che pontificano indisturbati, passandosi la parola l’un l’altro.
Facciamo sentire una voca alternativa, quella del Partito Comunista