Referendum: la CGIL dice no. Ma poi non fa niente.

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Referendum: la CGIL dice no. Ma poi non fa niente.

Una nota del sindacato di Corso Italia, chiarisce la posizione della confederazione sul referendum costituzionale. «Ferma restando la libertà di posizioni individuali di iscritti e dirigenti, l’Assemblea generale della Cgil invita a votare ‘No’ in occasione del prossimo Referendum costituzionale.» si legge nel documento finale varato dall’Assemblea Generale del sindacato. Nel documento la critica alla riforma per gli eccessi di delega al governo che farebbero «venir meno la certezza del bilanciamento dei poteri di cui la costituzione deve essere garante, con la possibilità di determinare un restringimento del pluralismo e della rappresentanza delle minoranze». Si definisce la riforma «un’occasione persa per introdurre quei necessari cambiamenti atti a semplificare, rafforzandole, le istituzioni». (il documento finale è qui: http://www.rassegna.it/articoli/referendum-costituzionale-il-no-della-cgil )

La decisione della CGIL non appare priva di collegamenti alla più ferma mobilitazione di settori della sinistra PD ed ex Ds contro la riforma, con l’obiettivo della spallata finale a Renzi. Non potrà sfuggire neanche ai più disattenti che la tregua siglata con Renzi si rompe proprio a pochi giorni dall’uscita allo scoperto di Massimo D’Alema con la presentazione dei comitati per il No. Un motivo per rimettere in discussione il modo in cui il presidente del consiglio sta dirigendo il partito e ha impostato la linea di relazioni con le forze sindacali, che ha visto frizioni con il principale sindacato della sinistra italiana. E proprio in quest’ottica appare chiaro il contenuto del no al referendum da parte della CGIL, la sua funzione di stampella esterna alla sinistra PD – che di riforme costituzionali peggiorative se ne intende – e la rinuncia a qualsiasi reale funzione di mobilitazione e organizzazione della classe lavoratrice.

Nel no della CGIL nessun accenno al perché questa riforma sia collegata strutturalmente con le esigenze di rafforzamento del capitale monopolistico, e di come l’accentramento dei poteri all’esecutivo corrisponda ad una esigenza di incrementare la rapidità e l’efficacia delle misure antipopolari. Nessuna critica ovviamente alla UE e nessun accenno alla pressione internazionale e nazionali legata al mondo della finanza e della grande imprenditoria. Nel documento si limita l’analisi ad aspetti prettamente istituzionali di “gestione” del sistema liberal democratico, ma si guarda bene dall’approfondire le ragioni strutturali e dal fare un’analisi dei rapporti attuali nell’ottica e nell’interesse dei lavoratori. I quali, in assenza di spiegazioni, continueranno a vedere questo referendum come un qualcosa di totalmente estraneo ai loro interessi.

Manca qualsiasi appello alla mobilitazione dei lavoratori – che, non per dare facili lezioni, sarebbe il compito principale di un sindacato – e a ben vedere i lavoratori sono nominati una sola volta alla fine del comunicato semplicemente in relazione all’impegno della Cgil e delle sue strutture per favorirne la partecipazione al voto, senza indicare la posizione. Tutto come consueto al di sotto del minimo sindacale. Una posizione politica insomma, che punta a partecipare all’assalto a Renzi, ma senza dare alcuna specificità del mondo del lavoro e senza spiegare le cause ai lavoratori e organizzarli. Una posizione ulteriormente mitigata con l’affermazione della libertà dei singoli di dissentire e agire in modo differente dalla linea generale.

Bilancio finale? Qualche piccola grana in più per Renzi che sperava una tregua sindacale, ma anni luce lontani da una vera posizione che schieri il sindacato italiano contro la riforma costituzionale, nell’interesse dei lavoratori. L’ennesima prova di tatticismo e politicismo della CGIL e ennesima occasione mancata. Un’opposizione ad armi spuntate, che finisce per fare proprie posizioni tutte interne al campo borghese, e fa di tutto per mantenere estranee e passive le masse lavoratrici.

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