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RESISTENZA È LOTTA DI CLASSE

di Luca Felletti Spadazzi

Nella stretta data del venticinque Aprile è stato incastrato un evento storico, la Resistenza, indubbiamente più ampio e articolato.

Un lungo periodo storico che non parte solo dal famoso otto settembre millenovecentoquarantatré  ma dal “biennio rosso” e dagli anni precedenti all’instaurazione del Partito Nazionale Fascista, con Benito Mussolini capo del governo, fatto di tantissimi episodi storici che, se analizzati in un ottica di classe, dimostrano quanto la lotta contro il fascismo fosse molto più pregressa e soprattutto connotata di una “caratura” chiaramente di classe, quindi, proletaria.

A scuola, come in buona parte della narrativa storica, scritta e orale, dall’immediato dopo guerra a oggi, la Resistenza compare dai connotati più somiglianti ad una “strenua difesa dei diritti umani e civili” che il fascismo aveva messo in discussione. Cioè il concetto stesso di Resistenza è privato di quella connotazione che la dimostrerebbe invece come un azione di attacco frontale diretto, quanto possibile, in base anche alla tattica e ai famigerati “numeri”, da parte di quella classe sociale che più subì in quanto a repressione da parte del fascismo: ovvero il proletariato.

Attraverso una lettura di classe, dunque, è possibile comprendere come il fenomeno politico del fascismo si appoggiasse non solo al suo “capo” politico, Benito Mussolini appunto, ma anche ai suoi moltissimi finanziatori supportati e spinti da quelle folle oceaniche, oltre che da quasi tutti i grandi imprenditori industriali ed agricoli, che si possono vedere nei filmati d’epoca, le quali caddero nel tranello della retorica fascista, e dunque “popolar-padronale”, salvo accorgersi troppo tardi dell’errore quando ormai i giochi erano fatti.

Possiamo dunque dire come il fascismo non fu e non è, ancora oggi, un fenomeno di massa “sfuggito al controllo dei tutori dell’ordine” ma il vero e proprio braccio armato del capitalismo imprenditoriale e imperialista italiano rappresentato dalla classe borghese. Un sodalizio che ha visto la piena collaborazione di tutte le forze armate dello stato italiano per esercito, polizia e carabinieri, i quali non hanno affatto vacillato, nemmeno per un istante, nel porsi a difesa degli interessi economici dei padroni industriali e dei proprietari terrieri insorti dopo il biennio rosso che li aveva cosi duramente posti in discussione a livello sociale e politico: fenomeno ben rappresentato da quella famosa, e molto propagandizzata, marcia su Roma che, nei fatti, fu più una missione diplomatica che non un “assalto al palazzo d’inverno” in salsa nera.

Molti gli eventi storici che, “mutatis mutandis”, portano argomenti a supporto di questa tesi. Uno tra questi, del quale quest’anno ricorre il centenario, certamente furono le barricate di Scandicci: comune, all’epoca di Casellina e Torri, in Toscana, oggi provincia di Firenze, che si oppose fattivamente contro l’ondata fascista di invasione proveniente, massicciamente e convintamente, dal centro della città capoluogo, Firenze, oggi medaglia d’oro alla Resistenza.

Dopo gli scioperi che mobilitarono l’intero comparto industriale fiorentino, fino ad occupare molte ditte tra le più illustri all’epoca della città, tra le quali la Galileo e la Manifattura Tabacchi, scioperi nei quali si videro come protagoniste soprattutto le donne operaie, al fine di ottenere diritti salariali, riordino dell’orario di lavoro e diritti sociali, che solo nel dopoguerra vedranno un pallido tentativo di presa in considerazione da parte delle autorità, Firenze, attraverso i suoi industriali e proprietari terrieri, si distinse per propulsione del messaggio politico di reazione promosso dal fascismo.

Il centro cittadino infatti fu un vero e proprio motore di quelle “sortite” intimidatorie nei confronti della periferia, da parte delle famose “squadracce”, con il fine di sottomettere tutti coloro i quali non volessero sottostare alla reazione imprenditoriale e padronale dei campi fiorentini. Centro dal quale partì, alle prime ore del ventotto Febbraio millenovecentoventuno, una “squadraccia” fascista con l’intento di colpire di sorpresa la cittadina di Casellina e Torri con il favore del buio.

Ma, contrariamente alle loro aspettative di una generale rassegnazione, si trovarono a dover scappare davanti ad una delle barricate che, “motu proprio”, la popolazione stessa, appoggiata dal sindaco, tra i primi facente parte del neonato Partito Comunista d’Italia con la scissione di Livorno, eresse a difesa della città e in risposta alle minacce di conquista da parte della Firenze reazionaria e fascista. Solo l’indomani mattina, con l’aiuto dell’esercito regio e dei carabinieri, con cannoni e armi moderne, i fascisti riuscirono a insediarsi in città facendo breccia nelle “barricate” prendendo il controllo della città.

Tuttavia e ciononostante, a Scandicci, come in tante altre parti d’Italia, non si fermarono mai le azioni di sabotaggio e di guerriglia, anche a dispetto del cospicuo numero di combattenti,che ogni giorno venivano attuate e che per tanto sono da considerarsi veri e propri attacchi contro il regime fascista, l’esercito, i collaborazionisti loro alleati e le squadre speciali: questo a dimostrazione del fatto che quando si parla di Resistenza non si vuole intendere solo un moto di difesa nei confronti dei propri diritti civili e umani ma di un vero e coraggioso attacco contro il sistema capitalistico ed imperialista nazionale, alla testa del quale, i Comunisti possono, con orgoglio, rivendicarne la paternità e quindi la figura di protagonisti principali nonché organizzatori delle molte brigate partigiane in lotta.

Ancora oggi, specialmente in questi tempi, è tornato a farsi sentire il ruggito assordante del capitalismo neo colonialista ed imperialista italiano e dunque, in memoria di tanti nostri coraggiosi compagni e compagne, lavoratori e lavoratrici, è nostro dovere tornare ad erigere quelle “barricate” che difesero ieri e ancora più domani dovranno difendere, con la lotta, i diritti sociali del popolo nuovamente messi sotto attacco dai padroni di sempre che mai furono davvero sconfitti ma solo addomesticati dai tanti opportunisti infiltrati, cosi da non perderne il potenziale offensivo da risfoderare al bisogno contro i lavoratori.

Buon venticinque Aprile!. Allo studio, al lavoro, alla lotta!.

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