*di Gianluca Evangelisti
Si è svolta ieri in tutta Italia la giornata di mobilitazione dei rider, prima giornata di questo tipo nel nostro paese con agitazione dei lavoratori in diverse città come Torino, Bologna, Catania e Milano. Una mobilitazione tanto più importante se si considera che arriva a poco più di un anno dal tavolo tra ministero, piattaforme e associazioni dei Riders.
Foto da Bologna
Infatti, nonostante i proclami trionfalistici del ministro Di Maio che sbandierava l’impegno del governo per far sì che le condizioni dei lavoratori migliorassero, la compagine giallo-verde si è dimostrata totalmente subordinata agli interessi dei colossi del delivery come Glovo, Just eat, Deliveroo e altri, riunitisi in Assodelivery per far fronte comune contro i diritti dei lavoratori. L’indifferenza del governo ha permesso alle piattaforme di compiere ulteriori attacchi verso i diritti di quelli che, pur essendo subordinati a tutti gli effetti, sono riconosciuti da queste aziende come “collaboratori esterni”. Glovo ha eliminato del tutto la paga minima garantita, anche in quelle poche fasce orarie dove era ancora prevista; Deliveroo, che già aveva opacità nella rendicontazione dei chilometri effettuati (principale parametro in base alla quale si è pagati), ha abbassato ulteriormente le tariffe. L’estrema precarietà del settore ha la sua punta di diamante nella paga a cottimo che costringe i lavoratori a ritmi forsennati che si sono più volte tradotti in tragici incidenti. Nell’ultimo anno nel nostro paese questo lavoro è già costato la vita a tre lavoratori (Bologna, Pisa e Bari) e numerosi altri incidenti si sono rivelati fatali per altri rider in tutta Europa.
Questi fatti sono la naturale conseguenza della ricerca sfrenata del profitto che le piattaforme perseguono con i modi a cui abbiamo fatto riferimento. Ricerca del profitto che ha anche una sua legittimazione ideologica nella narrazione che viene fatta in relazione alla Gig Economy (letteralmente economia del lavoretto). Si fa riferimento a questa idea quando si vuole dare un volto presentabile alla precarietà che affligge sempre più il mondo del lavoro. I “lavoretti”, quindi, non vengono presentati per quello che sono: prestazioni di lavoro in cui a fronte del profitto estratto da ciascun lavoratore mancano anche le tutele più basilari; ma li si definisce come le soluzioni “smart” per chi ha bisogno di lavorare.
Non si può che rifiutare l’idea secondo cui quello del rider sia un “lavoretto” e non una vera e propria attività professionale poiché questa narrazione è perfettamente conseguente agli interessi dei grandi gruppi finanziari che fanno profitti investendo nel settore. Affermando che i rider non sono lavoratori a tutti gli effetti, si legittimano le aziende a non trattarli come tali, a non garantire diritti che dovrebbero essere basilari. A questa condizione di precarietà i lavoratori hanno risposto attraverso diversi scioperi e mobilitazioni, riuscendo in più casi a bloccare totalmente il servizio delle piattaforme.
La mobilitazione di ieri rappresenta un grande passo in avanti per la lotta dei riders e dei lavoratori del nostro paese.
Foto da Torino
Le differenti organizzazioni che in questo periodo hanno lottato nelle diverse città con metodi e risultati ritagliati sulle realtà locali iniziano a porre la questione su un piano nazionale. Nel solidarizzare con le rivendicazioni dei rider, non si può che notare che la loro lotta è una lotta emblematica del nostro tempo poiché è la battaglia per il riconoscimento di diritti che, conquistati con anni di lotte da parte del movimento operaio, sono oggi un miraggio a tutto vantaggio dei padroni. È auspicabile che, portando su un piano nazionale le istanze dei rider, si arrivi ad uniformare le condizioni dei lavoratori su tutto il territorio e fra le diverse piattaforme, che si arrivi al riconoscimento della condizione di subordinazione, che cessi lo sfruttamento di tipo schiavistico che le multinazionali del delivery hanno portato avanti finora con il raggiungimento di un equo salario e di reali garanzie per i fattorini. Con la mobilitazione di ieri comunque si aggiunge un importante tassello allo scontro in atto nel nostro paese, unendo per la prima volta i lavoratori delle varie città in un’unica data e si è dimostrato come anche nelle “economie delle piattaforme”, dove i padroni hanno elaborato un modello quasi perfetto per mettere in concorrenza i lavoratori, cercando di evitare anche qualsiasi forma di socializzazione tra di essi, sia possibile per la classe operaia organizzarsi e lottare.