Sono almeno 43 le persone uccise dalla polizia durante le manifestazioni di protesta in Sudan scoppiate a seguito dell’aumento del prezzo del pane e del carburante. Da giorni migliaia di lavoratori, studenti professionali, dipendenti pubblici, giovani, donne stanno manifestando nelle principali città del paese per chiedere l’abrogazione delle misure antipopolari imposte dal regime dittatoriale, dettate dal Fondo Monetario Internazionale, che colpiscono pesantemente le condizioni di vita delle classi popolari in un paese dove il 46% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Le manifestazioni iniziate mercoledì a Port Sudan, il più grande porto del paese, 1.000km a est della capitale Khartoum, si sono rapidamente diffuse nella città operaia di Atbara e Nyala (ovest), Al Gedaref (est) e Dongola (nord) per poi arrivare fino alla capitale Khartoum e in altre zone. In quattro città è stato dichiarato lo stato d’emergenza con il coprifuoco dalle 18 alle 6. A fuoco anche sedi istituzionali e del partito di governo.
Le misure intraprese dal governo per fronteggiare la crisi finanziaria, con il crollo della moneta, comportano il taglio dei sussidi statali, l’aumento del prezzo del pane, triplicato da una sterlina a tre, un incremento generale dei prezzi dei beni di prima necessità con un’inflazione al 70%. Centinaia sono i manifestanti arrestati, compresi studenti di 13 anni, secondo quanto denunciato dal Partito Comunista Sudanese.
I comunisti esortano le masse a «manifestare contro le politiche del regime che stanno devastando il paese» e sottolineano che «l’unica soluzione alla crisi attuale che sta travolgendo il paese è il rovesciamento del regime, lo smantellamento e liquidazione dei suoi resti e l’introduzione di un’alternativa popolare democratica che apra la strada per il completamento dei compiti della rivoluzione democratica nazionale».
Già lo scorso gennaio una rivolta aveva scosso il paese contro il trentennale regime guidato dal Partito del Congresso Nazionale, legato ai Fratelli Musulmani, che continua ad utilizzare misure repressive tra cui la detenzione, la tortura e l’uccisione di leader e attivisti politici, la confisca di giornali, tra cui Almidan (organo del PCS) mentre continua la sua offensiva militare contro il popolo del Darfur, del Kurdufan e del Blue Nile, ricoprendo il ruolo di agente dell’imperialismo e della reazione nella regione. Nel paese infatti è presente la più grande sede della CIA del Medio Oriente ed è divenuto parte della forza USAfricom, partecipando alla guerra di aggressione saudita nello Yemen, mentre viene saccheggiato dai monopoli capitalistici stranieri tra cui migliaia di acri di terra fertile confiscate alla popolazione e svendute ai paesi del Golfo, Turchia e Cina.
Nelle proteste di gennaio vennero arrestati il segretario politico del PCS, Mohamed Mokhtar Al-Khatieb, e diversi membri del comitato centrale e quadri dirigenti. Altri due dirigenti comunisti sono stati arrestati nel mese di marzo. Detenuti anche i membri dell’Ufficio Politico del PCS, Hanadi Fadl e Masoud Ali e 13 dirigenti delle Forze Nazionali del Consenso (NCF), coalizione di cui fanno parte i comunisti che hanno annunciato ulteriori manifestazioni di massa facendo appello per la solidarietà e il supporto internazionalista alla lotta del popolo sudanese e per la liberazione dei detenuti politici.
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