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Roma è malata ma Milano non scherza

di Giovanni Barbieri

Si fa un gran parlare di Roma e del suo Sindaco, Virginia Raggi. Tutte le polemiche che da Settembre (data delle dimissioni di Minenna) investono il Sindaco della Capitale sono più che giustificate da una e un’unica circostanza di fondo: come tutti gli esponenti del M5S, Virginia Raggi è stata catapultata ai vertici della politica istituzionale dall’antipolitica, che ha costituito la valvola di sfogo dello sdegno popolare. La Raggi è una miracolata, esponente di un “partito – non partito” che, in quanto tale, non ha e non potrà mai avere gli strumenti politici e ideologici adeguati per combattere in maniera efficace i mali che si propone di estirpare. La mole di denunce, querele, iscrizioni al registro degli indagati, sono la prova che il sistema politico borghese è immune dagli attacchi sferrati attraverso i suoi stessi strumenti. E che quel sistema è profondamente colluso con i poteri che pubblicamente vengono denunciati come forti e occulti, ma che di fatto ne costituiscono la base politica ed economica.

La controprova di tutto questo è fornita dall’esempio di Giuseppe Sala (per gli amici Beppe), Sindaco di Milano, che ne ha fatte (e continua a farne) di cotte e di crude. Di lui, la stampa preferisce non parlare.

Sala ha dato grande prova di sé sin dai tempi di Expo2015. Da Commissario del Governo, ha presieduto l’organizzazione e lo svolgimento della kermesse mondiale, presentata come esempio migliore dell’operosità e capacità organizzative italiane. In realtà, Expo è stato l’esempio dell’originale capacità tutta italiana di privatizzare i profitti e socializzare le perdite (economiche, ambientali e sociali), con l’aiuto di manager corrotti e con un certo margine di tolleranza per l’attività della criminalità organizzata.

Per Ignazio Marino, oggettivamente colpevole di essere un incapace nelle mani di una banda di delinquenti politici del PD, si è detto che “non poteva non sapere” cosa succedesse dietro e fuori le quinte del Comune di Roma. Giuseppe Sala, al contrario, poteva non sapere che alcuni dei più grandi appalti di Expo, non ultimo il più grande, quello della “Piastra dei servizi”, erano al centro di un giro di tangenti milionario; che la stragrande maggioranza dei mini-appalti di movimentazione terra (inferiori ai 50.000€ e quindi sottratti ai controlli casuali antimafia) erano in mano ad aziende direttamente o indirettamente riconducibili alla ‘ndrangheta; che la Dominus Scarl, consorzio di cooperative che riceveva gli appalti per gli allestimenti dei padiglioni di Francia, Qatar e Nuova Guinea da Nolostand S.P.A (società di FieraMilano), era in realtà riconducibile al clan mafioso dei Pietraperzia di Enna e Adegli Accardo di Partanna. Ecco, tutto questo Giuseppe Sala poteva non saperlo e, quindi, poteva liberamente diventare Sindaco di Milano.

Ma anche dopo essere stato eletto Sindaco di Milano, ha continuato a distinguersi per atti “fuori dal comune”, beneficiando del silenzio complice e connivente dei media.

Partendo, ad esempio, da due nomi che Sala conosceva bene, Roberto Arditti e Marco Pogliani, dal momento che erano stati suoi collaboratori ad EXPO e addetti alle pubbliche relazioni. Successivamente curarono la sua campagna elettorale e, come ricompensa, ricevettero due ricchi incarichi di consulenza (144.451€) assegnati loro con una selezione comparativa per assegnazione di incarichi di collaborazione esterna.

O anche Stefano Gallizzi, già uomo stampa di Expo, che insieme a Valentina Morelli ha curato la campagna elettorale di Sala. Entrambi assunti come portavoce del Sindaco.

In tempi di altissima attenzione per la trasparenza e l’onestà poi, nessuno parla dell’Assessore alla trasformazione digitale Roberta Cocco. La Cocco, ex manager di Microsoft voluta fortemente da Sala, si è rifiutata fino ad oggi di rendere pubblica la propria dichiarazione dei redditi, contravvenendo platealmente alla legge e ricevendo, con buona pace di Cantone, anche la pubblica difesa di Sala:” Lascio alla Cocco la libertà di agire”.

Che dire dell’assessorato al Bilancio? Sala ci piazza un suo sodale, Roberto Tasca, docente universitario, presidente della vigilanza di Fondo Strategico Italiano e Simest, nonché socio di Kenergy, società di Sala che, curiosamente, il Sindaco si “dimenticò” di dichiarare nella sua autocertificazione giurata del 2015, insieme alla casa in Engadina (Svizzera) e una società immobiliare in Romania.

Il capolavoro di Sala, poi, è quello che lo vede artefice della creazione di un doppio gabinetto. Sala vuole premiare il tesoriere milanese del PD, l’avvocato Mario Vanni, per l’ottimo lavoro svolto in campagna elettorale. Così, lo nomina suo capo di gabinetto. Il dettaglio, però, è che Vanni non è un dirigente, così Sala deve tenersi il capo di gabinetto di Pisapia per fargli firmare gli atti che Vanni non può firmare. Doppio stipendio per la stessa funzione e risoluzione relativamente veloce della questione: per assegnare l’incarico, il 7 Luglio viene bandita (confezionata?) una gara che si chiude il 18 Luglio. La vince Vanni.

E’ evidente che se la stampa italiana volesse davvero mettere in risalto la disonestà e la pericolosità di certi uomini politici, il primo uomo su cui sparerebbe sarebbe Giuseppe Sala. Ma Sala passa indenne, e quasi nel silenzio totale, perché Sala è l’incarnazione del sistema capitalista di gestione del potere che vede nello Stato la sua articolazione amministrativa pubblica. Il solo fatto di avere proposto un manager per un incarico così politicamente rilevante come quello di Sindaco, la dice lunga su quale sia il ruolo della politica oggi. La politica serve per soddisfare le esigenze del capitalismo e, oggi, consentirgli di riorganizzare la macchina burocratica e amministrativa in maniera tale da estrarre quanto più profitto possibile non solo dalle persone, ma anche dalle pubbliche amministrazioni, intese come “riserva” di valore della collettività. Quello che è successo a Milano, è stato più di recente riprodotto in grande con l’elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti d’America: sono i padroni che rimpiazzano la politica, nel momento in cui la politica è diventata talmente asservita da risultare addirittura superflua e rimpiazzabile. Questo asservimento è stato evidente, e lo è tuttora a Milano, dove un personaggio stantio come Basilio Rizzo, sostenuto dalla solita accozzaglia sinistrata di sinistra riunita in “Milano in Comune”, ha appoggiato Sala al ballottaggio. Rimanendo ovviamente silente di fronte a tanta evidenza perché si sa che, se sei nella maggioranza, diventi cieco, sordo e possibilmente anche muto.

In questo scenario, l’antipolitica dei 5 Stelle non fa altro che il gioco dei padroni facendosi massacrare, mentre i padroni, quelli veri come Sala, decidono e dispongono del destino di 1.000.000 di persone. Indisturbati.

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