di Eros Barone
«È facile piantare lo “stendardo intatto”, il compito è portarlo alle masse per conquistarle.»
Rosa Luxemburg nasce a Zamosc, in Polonia, il 5 marzo 1871, in una famiglia israelita di orientamento liberale permeata di spiriti illuministici. Frequenta, con risultati brillanti, il liceo femminile di Varsavia, dove ben presto entra in contatto con il “Proletariat”, un gruppo rivoluzionario clandestino del quale diventerà un’attiva militante. Nel 1890 si trasferisce a Zurigo per studiare filosofia (ma i suoi interessi si rivolgono anche alle scienze naturali e alla matematica). A Zurigo, capitale dell’emigrazione intellettuale e politica, Rosa stabilisce amicizie importanti con Plechanov, la Zasulic e Warski, e un forte legame sentimentale con un giovane ebreo lituano, Leo Jogiches.
In questi anni la Luxemburg si dedica all’approfondimento della questione polacca e fonda nel 1893 il partito socialdemocratico della Polonia, lavorando alla rivista “Sprawa Robotncza” (Causa operaia) e partecipando alle riunioni della Seconda Internazionale. Portatrice di un indirizzo universalistico che la caratterizzerà in tutta la sua attività politica e culturale, conduce una critica serrata contro la causa dell’indipendenza nazionale polacca. Sosterrà questa posizione per tutta la sua vita, arrivando a respingere l’affermazione del diritto delle nazioni all’autodeterminazione e polemizzando aspramente con Lenin, il quale dal canto suo era ben consapevole, come sarà poi lo stesso Stalin, dell’importanza che la categoria di nazione ha nella storia, nella cultura e nella politica. D’altronde, se è vero che la cultura marxista di Rosa Luxemburg ha una forte impronta cosmopolita, è altrettanto vero che essa è anche una cultura solida, tutt’altro che ideologica in senso deteriore, sostanziata da severe analisi strutturali, dal gusto dell’indagine sociale e da una curiosità voracissima. In quasi trent’anni di lavoro scriverà perciò una sola opera organica, “L’accumulazione del capitale” (1913), nei confronti della quale verrà mossa dai marxisti più rigorosi, tra cui lo stesso Lenin, l’accusa di catastrofismo economico e di sottoconsumismo, nonché una messe di saggi e articoli, fra i quali mette conto di ricordare la polemica contro il riformismo di Bernstein (fondamentale ancor oggi è il saggio del 1899 su “Riforma sociale o rivoluzione?”), le divergenze con Lenin sulla concezione del partito e sul rapporto fra questo e il movimento di massa, le analisi della rivoluzione bolscevica e la battaglia per il suffragio universale: scritti che, nel loro insieme, esprimono un pensiero politico ricco e coerente, anche se scarsamente sistematico. Del resto, nella vita intellettuale di Rosa Luxemburg trovano posto anche altri interessi che sono tipici di una personalità poliedrica: la passione per le scienze, in particolare la botanica e la zoologia, la lettura delle opere di Goethe e dei grandi romanzieri russi, la musica romantica e i quadri del Tiziano.
Nel 1898 si stabilisce a Berlino, diventando cittadina tedesca grazie ad un matrimonio bianco, e a Berlino Rosa vive la sua maturità politica e intellettuale. Nella capitale della Germania, che è anche la capitale della socialdemocrazia, si lega di intensa amicizia a Karl e Luise Kautsky. Sennonché, quando, attorno al 1910, la rottura politica tra Rosa e il teorico della “Die neue Zeit”, organo del revisionismo centrista, si farà insanabile, l’affetto si trasformerà in un odio selvaggio. Nella totale unità di «personale e politico», che contraddistingueva la sua personalità, Rosa Luxemburg – sono parole sue – «non ammetteva meschinità» e non tollerava «nessuna bassezza». Vi era anche un riserbo di sé che non si lasciava né conoscere davvero né penetrare, e vi era soprattutto una ferrea istanza etica che imponeva alla volontà di adeguarsi senza esitazioni e tentennamenti alle indicazioni della ragione.
Quando nel 1919 scoppiano a Berlino i moti spartachisti, Rosa Luxemburg, pur cogliendone lucidamente l’immaturità, resta sul campo per guidarli. Pagherà con la vita questa scelta, venendo assassinata il 15 gennaio 1919, assieme a Karl Liebknecht e all’amato Leo Jogiches, dai “Freikorps”, le squadracce protofasciste dell’esercito tedesco, favorite e aizzate dal ministro socialdemocratico Noske, loro mandante politico. Non è la scelta estrema del sacrificio, ma è l’unica scelta possibile per una persona che ha fatto della rivoluzione la sola meta degna di un’esistenza dotata di senso. Resta esemplare, a questo proposito, il giudizio sulla Luxemburg formulato da Lenin in un articolo scritto nel 1922 e pubblicato dalla “Pravda” nel 1924:
«Paul Levi vuole aggraziarsi la borghesia – e, conseguentemente, i suoi agenti, la IIª Internazionale e l’Internazionale due e mezzo – ripubblicando precisamente quegli scritti di Rosa Luxemburg in cui lei era in torto. Noi risponderemo a ciò citando due righe di un buon vecchio scrittore di favole russo: “le aquile possono saltuariamente volare più in basso delle galline, ma le galline non potranno mai salire alle altitudini delle aquile”. Rosa Luxemburg sbagliò sulla questione dell’indipendenza della Polonia; sbagliò nel 1903 nella sua valutazione del menscevismo; sbagliò nella sua teoria dell’accumulazione del capitale; sbagliò nel luglio 1914, quando, con Plechanov, Vendervelde, Kautsky ed altri, sostenne la causa dell’unità tra bolscevichi e menscevichi; sbagliò in ciò che scrisse dal carcere nel 1918 (corresse poi la maggior parte di questi errori tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, dopo esser stata rilasciata). Ma a dispetto dei suoi errori lei era – e per noi resta – un’aquila. E i comunisti di tutto il mondo si nutriranno non solo del suo ricordo, ma della sua biografia e di tutti i suoi scritti, che… serviranno da utili manuali nella formazione delle future generazioni di comunisti di tutto il mondo. “Dal 4 agosto 1914 la socialdemocrazia tedesca è stata un fetido cadavere” – questa dichiarazione renderà il nome di Rosa Luxemburg famoso nella storia del movimento proletario internazionale. E, certamente, risalterà nel movimento proletario, fra i mucchi di letame e le galline come Paul Levi, Scheidemann, Kautsky e tutta la confraternita di coloro che schiamazzeranno sugli errori commessi dai più grandi comunisti. A ognuno il suo.»
In conclusione, per comprendere, quasi come in un lampo che all’improvviso illumina un paesaggio, questa straordinaria figura di grande marxista, di grande rivoluzionaria e, conseguentemente, di grande dialettica, bisogna forse rifarsi a ciò che ella scrisse in una cartolina che inviò ad un’amica, nel 1906, da Maderno, località turistica del lago di Garda: «Sole, quiete e libertà – le cose più belle della vita, eccettuati sole, tempesta e libertà».