Ancora una volta, oggi, San Marco è finita sott’acqua.
Il Mose si alza infatti solo con 130 cm di marea, visti i costi di utilizzo e gli intralci alla navigazione.
È pure di oggi la notizia dell’avvenuta ricostruzione della mappature dei “gatoli”, la preziosissima e antichissima rete di cunicoli costruiti dalla Serenissima, che costituisce un sistema di scarico unico, al fine del loro ripristino.
I “gatoli” sono collettori in muratura posti sotto la pavimentazione dei percorsi cittadini. Essi venivano puliti con costanza dai sedimenti e dai detriti fino agli anni ’60, quando il boom economico raggiunse anche Venezia: aumentò l’uso di lavatrici e lavastoviglie, insieme alla carta igienica e ai detergenti chimici, fatto questo che portò ad una maggiore ostruzione dei cunicoli. Tutto ciò coincise con la decisione di non pulire più i “gatoli” e di smettere di dragare i canali, cosa che costrinse ad alzare gli sbocchi lungo le rive, con conseguenze igieniche spiacevoli durante le basse maree (chi non ricorda l’invasione dei chironomidi, piccole zanzare infestanti).
Ora ci troviamo con un progetto, riguardante la pulizia del materiale sedimentato e l’ottimizzazione del sistema esistente dei cunicoli, che richiederà almeno 2-3 anni. Nel frattempo la Basilica resterà a mollo, visto anche che del progetto ideato da tempo da ingegneri e architetti per la Procuratoria di San Marco e costituito da barriere in vetro alte 120 cm da porre a protezione della Basilica intanto non si vede ancora la realizzazione.
Se si pensa che i danni incalcolabili provocati alla Basilica dall'”‘acqua granda” dello scorso anno sono imputabili all’incuria di decenni, quando si sarebbe potuto mantenere o ripristinare un sistema funzionante di scarico idrico, viene da chiedersi quando si capirà che la cattiva amministrazione della cosa pubblica deriva, in primis, dal concentrarsi sullo spremere economicamente la città senza pensare minimamente alla sua salvaguardia e alla tutela del suo patrimonio e dei suoi abitanti.
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