Sanità al collasso nel mese di agosto. Riduzione dei posti letto, crisi dei centralini in corrispondenza ad un aumento delle richieste di primo soccorso. Una spietata fotografia della condizione del settore sanitario e non solo, in seguito alla morte di di Gianfranco Riggiu, avvenuta negli scorsi giorni a Roma, con la complicità dei ritardi nei soccorsi.
Sotto accusa la nuova centrale unica di emergenza voluta dall’Unione Europea che da alcuni mesi ha unificato nel 112 il numero di chiamata per tutte le emergenze. Il centralino dovrebbe smistare poi ai vari corpi – dai vigili del fuoco, alla polizia, fino al soccorso sanitario – le richieste ricevute. Ma in questi giorni di emergenza incendi, grade caldo, aumento delle richieste di intervento al pronto soccorso da parte di anziani specie nelle città, per stessa ammissione degli operatori il sistema è letteralmente andato in tilt. Secondo la denuncia della figlia dell’uomo deceduto a Roma, per diversi minuti la chiamata al 112 avrebbe avuto come esito una risposta registrata. Sul caso indaga la procura di Roma.
Ma più in generale l’intero sistema sanitario è precipitato nel caos. Diversi giornali hanno posto l’accento sulla grande percentuale di medici e infermieri in ferie in questo periodo. Nel complesso circa il 34% dei posti letto disponibili risulterà disponibile nel mese di agosto. La situazione creerebbe a detta di molti particolari disagi, per turnazioni effettuate senza la necessaria cura e con poca attenzione dei diritti dei malati. Ancora una volta le colpe dell’inefficienza del sistema vengono attribuite ai lavoratori.
La realtà come al solito è un po’ diversa. Al netto di qualche inefficienza e certamente di qualche solito meccanismo clientelare di cui la pubblica amministrazione non è certo priva, l’idea di far ricadere le colpe su questi aspetti, lascia, come sempre, i primi colpevoli assolti.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una drastica riduzione del personale medico, che viene addirittura programmata con il numero chiuso nelle università, numero talmente basso, che più volte le associazioni di medici hanno fatto presente che a breve non sarà più possibile assicurare la copertura di personale necessario per l’intero sistema sanitario nazionale. Secondo queste stime ad oggi il personale ospedaliero è sotto organico di ben 10 mila dottori e 20 mila infermieri, più altri 30 mila che sarebbero necessari per la copertura dei servizi sul territorio. Le associazioni di categoria sono poi scese in difesa dei medici ricordando che a causa dei ripetuti blocchi di assunzioni e del ricorso agli straordinari i medici hanno accumulato qualcosa come 12 milioni di ore di riposo non godute e straordinari non retribuiti, che pertanto non possono essere semplicemente scaglionate con la normale ripartizione.
Ma il dato più impietoso è il confronto tra numero di posti letto disponibile per abitante. In Italia sono 3,5 i letti per ogni mille abitanti, in Francia 6, in Germania 7, esattamente il doppio. Da anni sulla sanità si fa cassa con tagli tanto a livello nazionale, che nelle principali regioni. Nonostante tutto l’Italia continua ad avere uno dei migliori sistemi sanitari al mondo. Ma per quanto ancora? Sotto il peso delle politiche di tagli e privatizzazioni già oggi i servizi per i cittadini diventano sempre più difficili e scadenti.
Mesi in coda per tac, risonanze, o altri esami che richiederebbero priorità assoluta. Un sistema sanitario nazionale sempre più a macchia di leopardo, con il sud penalizzato, e ticket sanitari imposti dalle regioni per il ritorno sul debito. Tutto questo, neanche a dirlo, a completo vantaggio della sanità privata, in una evidente strategia di cancellazione del sistema sanitario pubblico, per garantire al capitale un settore di grande profitto. Ad agosto la stampa si indigna per la condizione della sanità italiana, ma la colpa è dei medici o delle politiche seguite fino ad oggi?
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