SBLOCCO DEI LICENZIAMENTI, EMERGENZA ABITATIVA E POSSIBILE RIFORMA DEL CATASTO

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SBLOCCO DEI LICENZIAMENTI, EMERGENZA ABITATIVA E POSSIBILE RIFORMA DEL CATASTO

SBLOCCO DEI LICENZIAMENTI, EMERGENZA ABITATIVA E POSSIBILE RIFORMA DEL CATASTO

IL CAPITALE BORGHESE DIVENTA SEMPRE PIU’ AGGRESSIVO E LEGA QUESTE TRE ISTANZE.

di Antonino Massara

Lo sblocco dei licenziamenti, con i suoi effetti nefasti (GKN, GIANNETTI RUOTE, TIMKEN, CARREFOUR) e la ripresa delle esecuzioni degli sfratti, sono il preludio di una nuova emergenza abitativa.

Il problema della casa e quello del lavoro sono in intima connessione. Nel nostro paese ci sono più di 10 milioni di case vuote e centinaia di migliaia di persone senza un tetto. A livello sociale si registrano 4,7 milioni di individui in povertà assoluta ovvero “privi delle risorse necessarie a vivere in uno spazio dignitoso” ai quali si aggiungono 8,5 milioni di individui in povertà relativa, cioè incapaci di trovare sul mercato una risposta al problema casa. (dati Cassa depositi e prestiti, 2016).

La pandemia offre la grande possibilità di una ristrutturazione capitalistica, già iniziata con una serie di licenziamenti collettivi e che continuerà con un’ondata di sfratti e pignoramenti.

A rendere ancora più grave il quadro è l’assenza cronica di case popolari. Secondo dati ufficiali (Federcasa) in tutta Italia si stima un fabbisogno di circa 300.000 nuove case popolari per far fronte alla nuova situazione sociale. Tale penuria di servizi abitativi non è casuale. Alla base vi è la gestione affaristica da parte di aziende di edilizia pubblica che svendono il patrimonio immobiliare per coprire gli enormi buchi di bilancio, accumulati con lottizzazioni speculative, invece di procedere alla ristrutturazione degli alloggi sfitti.

Le case popolari vuote, infatti, sono raddoppiate ne decennio 2004/2014 dal 3,6 al 6% sul totale del patrimonio nazionale (dati Cassa depositi e prestiti). È emblematico il caso lombardo di ALER MILANO schiacciata da 450 milioni di euro di debiti, mentre solo a Milano sono 10.000 gli appartamenti sfitti o inagibili nonostante le migliaia di famiglie in attesa di assegnazione. Anche il caso ATER di Roma è da evidenziare, dove la manutenzione non viene più effettuata e solo nell’ultimo piano di vendita è prevista un’ulteriore alienazione di 7428 case popolari.

Oltre all’affarismo delle dirigenze, ci sono deliberate scelte politiche del tutto coerenti con il paradigma capitalistico del profitto. Lo Stato, lungi dall’essere un ente neutrale, non ha alcun interesse ad incrementare gli alloggi per le classi popolari. Ciò è messo nero su bianco dai piani comunali e regionali, che da un lato fotografano un peggioramento delle condizioni di vita tra precarietà e bassi salari a partire dal decennio 2010/2020, dall’altro non procedono ad incrementare l’offerta edilizia, nonostante questa sia ritenuta del tutto insufficiente. Le istituzioni elaborano strategie basate su sostegni economici alle famiglie e sul ricorso all’Housing Sociale, ovvero al terzo settore, che non può elaborare una programmazione generale ed offre dei prezzi poco inferiori a quelli di mercato.

Simili indirizzi politici sono del tutto coerenti con la visione capitalistica della società dove la casa non è un diritto nonostante sia un bene necessario per vivere ma è ridotta a merce, alla quale si può accedere solo se si è in possesso di una certa quantità di ricchezza, mentre assicura rendite elevate ai proprietari privati. Chi non lavora, o non lo fa abbastanza, ovvero chi non contribuisce sufficientemente alla valorizzazione del capitale, non ha alcuna importanza politica e viene ridotto a mero problema di ordine pubblico da risolvere con la forza degli sgomberi.

La questione delle abitazioni si aggiunge dunque a quella della disoccupazione, precariato e povertà, nell’aggravare l’assoluta mancanza di sicurezza nella quale vivono le masse popolari, sotto il dominio della borghesia.

La chiusura del cerchio si potrebbe avere con una proposta di riforma catastale che viene dettata da Bruxelles e attuata dal Governo Draghi. Tale riforma è una ottima occasione di ristrutturazione capitalistica, perché mira a colpire ciò che ancora in Italia rappresenta un fortino di risparmio: la prima casa. Se, da una parte, si può discutere sul fatto che il sistema catastale attuale vada rivisto, dall’altro bisogna considerare che dietro questa manovra c’è ancora la mano della “matrigna” Europa che tutela i profitti dei grandi gruppi finanziari ed industriali. Ed è proprio a questi ultimi che rischia di finire la gestione delle crisi abitative nel nostro paese, preparando cosi un succulento piatto per le speculazioni edilizie.

Giunge da Berlino la notizia che di recente ha vinto il “SÌ” ad un referendum consultivo con il quale si chiedeva l’esproprio di oltre 200.000 alloggi privatizzati/dismessi appartenenti a grandi fondi immobiliari. Una risposta politica molto forte che parte dal popolo stesso, contro la speculazione sugli affitti delle grandi società.

Noi come Partito Comunista, attraverso i nostri candidati sindaci delle scorse elezioni amministrative, abbiamo fatto una proposta di referendum, guardando quello che è successo a Berlino, dove il tema della casa come diritto all’esistenza è tornato ad essere centrale.

 

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