di Monica Perugini (Responsabile nazionale donne – Partito Comunista)
Nell’epoca della storia che si ripete in farsa, il panorama politico ci impedisce ormai di distinguere il falso dal vero, e così in una corsa sfrenata verso l’omologazione globalizzata, si perde di vista persino quello che dovrebbe essere sempre considerato il soggetto dell’azione politica e, per la cosiddetta sinistra, il soggetto sfruttato, quello che subisce violenza dallo sfruttatore che prevarica e violenta.
Così, la vice segretaria di un partito che ostinatamente i media chiamano di “sinistra” opera un distinguo fra il violentatore-profugo-immigrato che deve essere grato e il violentatore-nostrano.
Un’aberrazione. Non solo il ragionamento sbugiarda la bieca e strumentale rincorsa verso un pubblico/potenziale-elettorato che sta sfuggendo di mano al partito più liberista che l’Italia abbia mai avuto, ma fa trasparire quel sentore di predica da sagrestia di vecchia memoria, secondo il quale bisogna sempre dire grazie e chiedere scusa, oltre che sentirsi in colpa dopo averne fatte di ogni sorta.
Ma le regole sono state cambiate e di ringraziamenti non ne arrivano più. Anzi.
Nel paese della devastazione dei diritti dei lavoratori, della sopraffazione dei più deboli, della mercificazione globale, della guerra fra poveri e della fulminea sotto proletarizzazione economica, sociale e culturale di masse sempre più vaste, nel paese dove il femminicidio rappresenta il rimedio quotidiano per risolvere i problemi relazionali,e dove riemerge la convinzione veicolata da media, pubblicità e sottocultura spazzatura imperante, in base ai quali la donna “appartiene” all’uomo, quello che di peggio c’è oltre il mare stretto, ormai c’è anche pure qua.
Nessuna analisi (e ci mancherebbe!) o semplice riflessione sugli esiti che sta generando nella nostra società la deportazione forzata di masse indifferenziate, prive di consapevolezza alcuna, semplicemente compravendute sul mercato degli esseri umani, proprio come fa comodo ai potentati economici ed attraverso una organizzazione sempre più imprenditoriale fatta di una catena consolidata di operatori “umanitari” radicata in ogni realtà della penisola.
Non si tratta solo di indignarsi perché è un profugo e non un italiano a violentare, ci si dovrebbe indignare perché quelle masse di profughi replicano una cultura di sopraffazione e di considerazione della donna come oggetto, cultura che avremmo dovuto sconfiggere da tempo e che, invece, oggi più che mai, vediamo riemergere e riprendersi la scena in maniera completa alla faccia della demagogia dei nostri governanti.
Masse deportate forzatamente ed in modo organizzato da paesi violentati da guerre che prima non c’erano, paesi diventati avamposto commerciale dei paesi occidentali predatori di risorse merceologiche, masse utilizzate come esercito di riserva contro i lavoratori locali per far tabula rasa di diritti sociali e civili, prive di consapevolezza (parlare di coscienza di classe sarebbe uno scempio) che arrivano in una realtà sconquassata e in un sistema destrutturato, prive di qualsiasi relazione socio culturale, addirittura nemmeno secolarizzate, infarcite di stereotipi sottoculturali ribaditi in loco da una concezione della donna a dir poco becera… che senso possono dare alla retorica della Serracchiani?
Il reato è orribile a prescindere ma lo sono ancora di più il regresso ed il baratro verso il quale stanno precipitando tutti i valori che erano stati alla base della lotta e della presa di coscienza che la classe operaia ed il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici avevano realizzato , arrivando nel primo 900 a teorizzare e poi realizzare una società socialista fatta di eguali, fondata sul benessere sociale, il rispetto dei diritti e dei fondamenti analitici.
Oggi l’inversione è completa ed è il partito di governo che ce lo dice.
Non si parte dal soggetto ma dalla causa che si vuole giustificare. Adesso è la così detta “migrazione” che deve prevalere come elemento portante e dunque il falso buonismo tenta di giustificare quella che sta per divenire la più grande deportazione di massa orchestrata dal capitalismo sulle orme del mercantilismo post seicentesco, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, con l’occhio rivolto a non perdere i pezzi (voti). Delle donne poco importa: la maschera delle legge sui diritti/privilegi civili per chi può permetterseli ed una normativa inattuata e ben poco esigibile sul femminicidio dovrebbero bastare per sentirsi all’altezza delle civiltà evolute!
Che ne è stato delle libere rivoluzioni democratiche conosciute come “primavere arabe” che avrebbero dovuto portare in Africa diritti, rispetto della donna e delle libertà civili? I fautori di quei bei tempi, coi dollari elargiti, hanno finito anche la smania per i valori e la voglia di libertà?
Da razzisti vecchio stampo, per convenienza, il potere che governa consenso e dissenso, ci vorrebbe razzisti alla rovescia, “accoglienti acritici”, salvo riesumare le prediche quando il troppo storpia e rischia di far perdere voti.
Mai nessuna credibilità ad un dibattito privo di valore, questa è la posizione delle donne comuniste.
Solo la coscienza di classe e la lotta per una società socialista potranno derimere e risolvere le sempre nuove contraddizioni che il capitalismo fa pagare agli sfruttati ed alle sfruttate.