di Antonio Felice
Oltre 300 mila metri quadrati sanificati, 130 dispenser igienizzanti installati, informazioni di prevenzione ai dipendenti attraverso 15 maxi tabelloni e 25 monitor video, 6000 brochure informative consegnate e 18.000 locandine affisse, una decina di termo camere agli ingressi e 600 punti di disinfettante per i dipendenti per la pulizia quotidiana delle attrezzature utilizzate durante il lavoro. Sono questi i numeri propagandati da SEVEL per il ritorno al lavoro da lunedì 27 aprile. Numeri rilanciati in pompa magna dalla stampa che, anche attraverso le interviste fatte dalle web TV locali hanno, ovviamente, rilanciato le direttive aziendali e dei Sindacati filo padronali firmatari degli accordi con FCA.
Qualche giorno fa un’operaia della SEVEL, Francesca (qui la sua intervista) – nome di fantasia per evitare ritorsioni all’interno della fabbrica (e già questo dovrebbe farci capire il clima intimidatorio che si respira in SEVEL) – ci diceva che “il famoso protocollo sottoscritto dai sindacati è un pericoloso accordo apripista, un protocollo per nulla realistico e attuabile … Semplice demagogia, propaganda per curare l’immagine. Per rassicurarci citano il comitato di esperti, ma con direzione manageriale, perché scalpitano di ripartire a tutti i costi scaricando di fatto la responsabilità sui lavoratori.”
Ma cosa hanno trovato in SEVEL gli operai al loro rientro in fabbrica? Basta leggere un po’ di commenti.
L’accordo firmato tra le organizzazioni sindacali nazionali e SEVEL che si è avvalsa anche di un gruppo di esperti capitanati addirittura da Burioni è stato propagandato a tal punto che FCA ha deciso di estendere a tutti i siti produttivi lo stesso accordo come esempio da seguire.
Pietro Gorlier, COO per l’area Europa e Nord Africa ha dichiarato di essere entusiasta dei protocolli firmati in SEVEL.
“Ciò che abbiamo dimostrato oggi alla Sevel di Atessa – commenta – è l’esempio concreto del nostro impegno prioritario nella protezione dei nostri lavoratori … lavoriamo quotidianamente con il Governo e con tutte le autorità locali – aggiunge – per rilanciare la produzione in Italia ma senza ammettere nessuna deroga alla sicurezza delle persone in ogni impianto produttivo o ufficio di Fca”.
Le parole di questo personaggio dimostrano ancora una volta (come se ci fosse bisogno di ulteriori conferme), che in fabbrica o non ci sono mai andati, se non attraverso visite guidate, preparate da giorni dai capi UTE, con pulizia dei posti di lavoro, visite in reparti “modello” ecc., o vendono fumo. La situazione al contrario è ben diversa.
Certamente il sig. Gorlier non può accorgersene. Non può accorgersi, anzi non vuole accorgersi (perché propugnato da lui stesso) del sistema ricattatorio che si vive in fabbrica dove i “caporali”, per parafrasare il buon Totò, costringono gli operai ad un lavoro inumano, senza dignità e rispetto della persona. Per il sig. Gorlier, che ricordiamolo è stato il delfino di Marchionne, contano i numeri, ma come questi numeri si raggiungono non è affar suo.
Sig. Gorlier sappia, ma questo già lo sa, che la SEVEL senza di Lei e il suo padrone Elkann, produrrebbe lo stesso e anche meglio, perché saprebbe assicurare un ambiente lavorativo degno per le maestranze e la sicurezza dei lavoratori sarebbe il punto imprescindibile da cui partire.
Thierry Breton, Commissario Europeo al Mercato Interno, dà la sua ricetta per risolvere la crisi causata dalla pandemia: finanziamento a fondo perduto (senza restituzione) per le grandi aziende soprattutto del settore automobilistico. Proposta che riceverà, senza alcun dubbio, l’approvazione di tutta la classe dirigente e di tutti i lacchè di regime.
Ma cosa importa loro del piccolo commerciante, del ristoratore, del tassista, o dei parrucchieri e delle altre categorie di lavoratori che ogni giorno sono costretti a combattere per mantenere la loro attività aperta. Per loro ci sono i prestiti, che ovviamente devono essere prima approvati dalle Banche e da restituire e anche con interessi.
Per questo è necessario invertire la rotta. L’alleanza sociale tra gli operai e il ceto medio ormai proletarizzato è la soluzione per abbattere questo sistema fatto di ingiustizia e soprusi.
Solo i lavoratori, organizzati nel loro partito, il Partito Comunista, potrà sovvertire il Capitalismo per una società più giusta e dove il valore della persona deve essere il discrimine con l’attuale sistema.