PROVE TECNICHE DI “PIENI POTERI”
aprile 6, 2020
E’ MANCATO STANOTTE IL COMPAGNO ALDO BERNARDINI
aprile 7, 2020

Stato e Rivoluzione

Spesso, in questo periodo di isolamento forzato e divieti vari, sentiamo da alcune parti invocare «lo Stato forte». Lo stesso Presidente del Consiglio Conte, nelle numerose dirette usate per annunciare decreti, ha più volte riferito che «lo Stato c’è».

 

Vediamo allora, attraverso il celebre scritto di Lenin Stato e Rivoluzione, cosa i comunisti intendono per Stato.

In quell’opera, scritta nell’immediata vigilia della Rivoluzione d’Ottobre del ’17, Vladimir Ilicic «Lenin» approfondiva le riflessioni di Marx ed Engels sullo Stato.

Lenin, attraverso le parole di Engels in L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, chiariva come lo Stato fosse «un prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo». Lo Stato, quindi, non era sempre esistito, ma era nato per una esigenza materiale. Questa esigenza veniva identificata da Marx ed Engels nel conflitto fra classi – quella borghese e il proletariato – venutosi a creare a un certo stadio di sviluppo delle forze produttive. Con questo scopo nacque lo Stato borghese.

I primi atti furono naturalmente la circoscrizione precisa del territorio; successivamente lo strumento di controllo e repressione – la forza pubblica – e poi le tasse e il debito per supportare quel grande «carrozzone».

La borghesia si fornì inoltre anche delle leggi per proteggere i propri funzionari e attribuì loro dei privilegi.

Pertanto lo Stato, pur volutamente mostrato neutro da chi lo muoveva (la borghesia), era in realtà strumento di oppressione sul proletariato.

Anche il suffragio universale, così come la Repubblica democratica, non mutarono la sostanza, in un contesto in cui i rapporti di produzione erano a vantaggio del capitale,

Anzi, proprio la democrazia, le elezioni, i partiti politici e tutte le istituzioni, in sinergia con banche, finanza e borse – diceva Engels – si adattavano maggiormente al dominio del capitale. Erano anch’esse un simulacro.

 

È per questo che i comunisti, secondo Lenin, devono in primis appropriarsi della macchina statale. Tale passo può avvenire inevitabilmente per via rivoluzionaria e violenta, e questo a causa delle resistenze borghesi. In seguito essi devono gestire collettivamente i mezzi di produzione (prima gestiti dai privati), formare una milizia del popolo, nazionalizzare le banche ecc. Questa fase, che Lenin chiamava fase 1 o Socialismo, è la «dittatura del proletariato».

Essa altro non è che il dominio politico della classe sfruttata attraverso lo Stato – ora sì proletario – che deve resistere agli inevitabili attacchi della borghesia, ma anche utilizzare l’apparato Statale per educare il popolo al Socialismo; così come la borghesia ha fatto per secoli con le sue strutture di potere.

D’altra parte, oggi, non assistiamo alla dittatura di un manipolo di persone (in poche decine possiedono quanto ha a disposizione la metà più povera del mondo) sul resto dell’umanità? Non sarebbe dunque più equo e logico il contrario?

Infine, quella che Lenin definiva la fase 2: il Comunismo, la società senza classi; quindi la fine dello Stato, perché – decadute le sue premesse – esso non servirà più.

Pertanto, invocare lo Stato in questo momento di difficoltà, così come affermare come fiore all’occhiello la sua presenza, vuol dire che il dominio della classe dominante, la borghesia, si perpetua ai danni del proletariato.

Spetta dunque ai comunisti impossessarsi dell’apparato statale per porlo al servizio degli sfruttati. Solo così, ci insegna Lenin, potremo arrivare al Comunismo realizzato, la società senza classi dove a ciascuno sarà dato secondo i propri bisogni e ciascuno darà secondo le proprie possibilità.

Marco Barricata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *