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Trump lascia Roma, appuntamento a Taormina

US President Donald Trump and First Lady Melania Trump step off Air Force One upon arrival at Rome's Fiumicino Airport on May 23, 2017. Donald Trump arrived in Rome for a high-profile meeting with Pope Francis in what was his first official trip to Europe since becoming US President. / AFP PHOTO / Filippo MONTEFORTE

Difficile dire cosa resterà di questa visita di Trump in Italia, di certo i risultati del G7 nei prossimi giorni ci diranno qualcosa. Quello che appare certo è che, successivamente all’attentato di Manchester, il disegno americano di mettere al centro dell’agenda la questione “sicurezza” e “lotta al terrorismo” troverà certamente attuazione. Un paradosso, solo per chi non è avvezzo alla doppiezza della diplomazia imperialista, di fronte ai 110 miliardi di armi appena venduti dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita, che del terrorismo jiadista è il principale protettore internazionale. Comunque sembra che il colloquio con Gentiloni sia servito proprio a questo: centrare l’asse del G7 sul terrorismo, evitare troppe discussioni sulla questione dei cambiamenti climatici e sugli accordi che Trump ha annunciato di voler ridiscutere.

Dalle indiscrezioni e dai brevi comunicati rilasciati dopo gli incontri sembra che Trump sia venuto per così dire a “serrare le fila” dell’alleato italiano in vista del G7 e dei prossimi impegni. Con Mattarella pare che il tema centrale del colloquio sia stato il rapporto con la Russia. L’inquilino della Casa Bianca ha «riaffermato l’unità transatlantica nel mantenere la Russia responsabile per le sue azioni in Crimea e nell’Ucraina orientale» e ha «sottolineato l’importanza di convincere la Russia ad adempiere ai suoi impegni in base agli accordi di Minsk».

Dall’Italia grande servilismo, come quello dimostrato da Gentiloni in visita negli Usa che si era visto imporre un incremento delle spese italiane alla partecipazione alla Nato senza battere ciglio. Come giudicare l’incontro tra la Boschi e Ivanka Trump? Fuffa a furor di flash. Poi le organizzazioni non governative, come la Comunità di Sant’Egidio che cedono anch’esse al fascino della visita presidenziale. Nonostante facciano della pace una loro bandiera poi stringono la mano ai rappresentanti delle potenze imperialiste, con tanto di comunicati favorevoli alle visite.

Non sorprendere che in un quadro del genere qualcuno abbia voluto vedere nel ferreo e inflessibile protocollo vaticano, un minimo riscatto di dignità per quanto reazionario e apparentemente fuori tempo. La sempre presente disputa tra potere temporale e spirituale ha arricchito la millenaria collezione di episodi simili, con l’imposizione del rigido protocollo, dell’orario più che scomodo della visita e persino con l’ingresso dall’entrata laterale del Vaticano per non disturbare i fedeli. Senza dubbio la gerarchia vaticana ha dimostrato più freddezza, anche per le scelte politiche sul medi oriente che di certo non vedono la santa sede in linea con le scelte Usa. In una Roma plasticamente paralizzata dalla visita di Trump, i romani sapranno trovare il loro millenario, quanto illusorio scatto di orgoglio, nel sapere che anche il presidente degli Stati Uniti e il suo seguito hanno dovuto adeguarsi al Papa e non viceversa. Magra reazionaria consolazione.

Le 70 automobili del corteo presidenziale hanno paralizzato Roma per ore con la sola intenzione di dimostrare forza e potenza. Le misure di sicurezza della questura hanno diviso la città in zone, con divieto assoluto in alcune aree e blocchi mobili in altre, nelle quali è stata vietata qualsiasi forma di manifestazione. Un divieto rotto solo da pochi. Nella prima giornata Grennepeace ha proiettatato sulla cupola di San Pietro una scritta in difesa dell’ambiente; un gruppo di attivisti pacifisti ha srotolato uno striscione da Castel Sant’Angelo, un altro gruppo ha tentato di avvicinarsi al corteo presidenziale con cartelli alla mano, con conseguente fermo e applicazione delle nuove misure restrittive previste dal decreto Minniti. I giovani del Fronte della Gioventù Comunista hanno srotolato uno striscione davanti al Colosseo con scritto «Trump not welcome».

Ma la maggior parte delle contestazioni si svolgeranno in vista del G7 di Taormina. E’ questo l’evento che i comunisti e le forze antimperialiste hanno scelto come data per una mobilitazione di massa per la pace e contro le misure antipopolari dei governi presenti. In attesa anche del ritorno di Trump in Italia e dell’arrivo dei capi di stato e di governo dei paesi del G7.

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