Migliaia di operai edili impiegati nell’enorme cantiere del terzo aeroporto in costruzione a Istanbul hanno ingaggiato una dura lotta contro le disumane condizioni di lavoro e la brutale violenza padronale a cui sono condannati dalla caccia al profitto della classe padronale e dai piani del governo Erdogan per rafforzare il capitalismo turco nella competizione internazionale. Si tratta di un grande progetto che, una volta completato, si pensa possa divenire il più grande aeroporto in Europa e uno dei più grandi al mondo. Il governo e gli appaltatori stanno pressando decine di migliaia di lavoratori affinché i lavori vengano completati per la grande apertura prevista per il 29 ottobre, anniversario dell’istituzione della Repubblica di Turchia, costringendoli a massacranti ritmi e turni, di giorno e di notte, con una totale mancanza di sicurezza e condizioni di lavoro e di vita miserabili.
Venerdì scorso, un grande sciopero ha avuto inizio a seguito della morte di due operai e il ferimento di altri 17 nel ribaltamento di un autobus che li trasportava. Secondo le denunce dei lavoratori – riportate un dettagliato rapporto di Sol (giornale web del Partito Comunista di Turchia) – i conducenti sono costretti a lavorare per lunghe ore, gli autobus sono pochi e scadenti per ridurre i “costi” del progetto e percorrono percorsi non adeguati per veicoli navetta.
Sono almeno 10.000 i lavoratori che vivono nella zona di Akpinar dove si trova il sito di costruzione. Il numero di lavoratori impiegati nei giorni regolari è superiore a 20.000, ma il numero arriva a raggiungere picchi di 36.000 nei giorni di pieno ritmo. I lavoratori denunciano condizioni di lavoro disumane in quello che è già stato ridenominato come “aeroporto cimitero”: intensificazione dei ritmi e turni, morti e feriti sul lavoro nascosti con circa 400 morti dall’inizio dei lavori nel 2015 (ma solo una decina secondo fonti governative), ritardi nei pagamenti, cibo scadente e condizioni di vita orribili con presenza anche di cimici e pulci, di crepe nei soffitti e muri nelle case container in cui sono alloggiati. Allo sciopero si sono uniti anche altri lavoratori esterni al sito, provenienti dai vari quartieri di Istanbul.
Per terrorizzare gli scioperanti, il governo e i padroni (sono circa 1.500 le aziende coinvolte nel progetto) hanno scatenato le forze statali di repressione, con l’utilizzo di gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma, arrivando ad arrestare fino a 600 operai nella giornata di sabato (rilasciati in circa 250 in seguito). Tuttavia la resistenza degli operai non è stata infranta e lo sciopero continua ancora sotto la minaccia di licenziamenti. Già nel febbraio di quest’anno, più di 1.500 lavoratori avevano bloccato le strade per protestare contro le precarie condizioni di lavoro, pressioni, lunghe ore di lavoro e omicidi sul lavoro.
Notando che decine di lavoratori sono morti finora nel cantiere dell’aeroporto a causa della sete di profitto della classe capitalista, la Federazione Sindacale Mondiale, in un comunicato di solidarietà e appoggio allo sciopero, ha rilevato come gli operai lavorino in condizioni di schiavitù. La FSM ha anche osservato che i lavoratori sono sottoposti a violenti attacchi polizieschi solo perché chiedono condizioni di lavoro giuste, chiedendo l’immediato rilascio degli arrestati e chiamando alla solidarietà internazionalista.
Il Partito Comunista di Turchia (TKP), membro della Iniziativa Comunista Europea, ha rilasciato una dichiarazione di saluto e appoggio alla resistenza degli operai edili nel quale denuncia le condizioni di schiavitù. Tra le altre cose evidenzia come «la costruzione del terzo aeroporto è una delle indicazioni più precise di come il nostro paese sia stato trasformato in un inferno del lavoro, ma non è l’unico esempio», aggiungendo che tutto il paese è testimone di problemi analoghi. Tracciando un’analogia tra i lavoratori resi schiavi nella costruzione delle piramidi in Egitto e gli odierni lavoratori moderni in Turchia, il TKP ha affermato che i lavoratori sono costretti a lavorare e vivere fino alla morte in baracche come campi di concentramento. «I lavoratori del terzo aeroporto hanno inferto un duro colpo», ha osservato il TKP, un duro colpo «agli sfruttatori che pensano di poter sradicare la tradizionale resistenza della classe operaia turca e la lotta contro lo sfruttamento».
Riferendosi all’attacco della polizia contro i lavoratori resistenti, il TKP ha sottolineato che gli operai edili non si sono arresi all’attacco terroristico del governo, segnando una onorevole giornata in nome della classe operaia in Turchia. «Gli operai, che dicono ‘Noi non siamo schiavi’, vinceranno, gli sfruttatori perderanno, questo ordine sociale cambierà», così il TKP, nella sua conferenza per i 98 anni dalla sua fondazione, ha salutato i lavoratori edili scioperanti chiamando tutti i lavoratori a sostenere questa resistenza ricordando «che i lavoratori resistenti del terzo aeroporto stanno conducendo una tale lotta che serve come esempio non solo per i loro diritti ma anche per quelli di tutta la classe lavoratrice».
Dopo gli attacchi, i lavoratori hanno annunciato le loro richieste dalla compagnia, tra cui il ripristino dei lavoratori licenziati, la soluzione dei problemi relativi ai servizi navetta, cibo e dormitori, il miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza, il regolare pagamento degli stipendi.
Fonte: Sol International