Con il 52.6% dei voti, Erdoğan ha ottenuto la maggioranza assoluta al primo turno delle elezioni presidenziali di domenica scorsa in Turchia, confermata anche nelle elezioni parlamentari con il 53.7% dei voti grazie soprattutto all’alleanza con il partito del movimento nazionalista di estrema destra (MHP, che ha ottenuto l’11.1%) ottenendo 343 seggi. Il suo principale rivale, Muharren Ince del CHP (socialdemocratico e laico) ha invece ottenuto il 30.6% dei voti, mentre Demirtas (in carcere da un anno) del HDP (partito della sinistra curda) ha preso l’8.4% e l’ex ministra degli Interni, Aksener (uscita dal MHP), del partito di estrema destra Iyi ha ottenuto il 7.3%. Cinque partiti hanno superato la soglia di sbarramento del 10% necessaria per entrare in parlamento: oltre il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) di Erdoğan con il 42.6% e il suo alleato fascista del MHP, la principale opposizione parlamentare del Partito Popolare Repubblicano (CHP) con il 22.6%, il Partito Democratico dei Popoli (HDP) con l’11.7% e l’altro partito di estrema-destra “Partito del Bene”(IyL) con il 10% (coalizzato con il CHP).
Parlando ai suoi sostenitori, Erdoğan ha affermato che i suoi nuovi poteri assoluti gli consentiranno di affrontare meglio i problemi economici della nazione rafforzando «la reputazione internazionale del nostro paese» e di «liberare più territorio in Siria» annunciando una sostanziale espansione degli interventi militari nella confinante area tra Iraq e Siria e nella regione. «La Turchia ha dato una lezione di democrazia a tutto il mondo» ha ipocritamente proseguito il presidente turco che con il nuovo sistema presidenziale concentrerà nelle sue mani poteri illimitati e con la nuova costituzione potrebbe proseguire il suo mandato fino al 2028. Indicando un’affluenza dell’88% ha anche messo in guardia chiunque dal mettere in dubbio i risultati: «Spero che nessuno si azzardi a mettere in pericolo la nostra democrazia gettando ombra sul sistema elettorale e sui suoi risultati per mascherare il loro fallimento». Un chiaro riferimento ai molti dubbi sulla regolarità del processo elettorale da parte dei partiti dell’opposizione che hanno denunciato brogli e intimidazioni parlando di manipolazione del voto con minacce dei militari ai seggi, schede con voti all’opposizione gettate nei cassonetti ecc.. Gran parte dell’opposizione (compresi CHP, HDP e sindacati come il DISK) avevano istituito la cosiddetta “piattaforma elettorale equa” per il monitoraggio delle procedure. 10 osservatori indipendenti stranieri sono stati arrestati (tra loto 4 italiani, 3 francesi e 3 tedeschi). Gli osservatori dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) hanno affermato che «gli elettori hanno avuto veramente la possibilità di scegliere nonostante la mancanza di condizioni per i concorrenti di competere su una base di parità». Il candidato socialdemocratico ha riconosciuto la vittoria di Erdoğan affermando che «non può esser spiegata soltanto con le irregolarità nelle elezioni».
Osservando la mappa del voto si evidenzia come Erdoğan e l’AKP abbiano solide basi nella plutocrazia locale e manipolano le masse popolari, primeggiando in quasi tutto il paese, in particolare nell’entroterra, mentre il CHP ha registrato le percentuali migliori nelle coste occidentali, e l’HDP nelle province orientali dove i curdi sono la maggioranza.
Le celebrazioni dei capitalisti turchi
Subito dopo il risultato sono arrivate le congratulazioni dell’Associazione dell’Industria e delle Imprese Turche (TUSIAD), l’associazione capitalista più ricca e potente del paese che ha ribadito che «adesso è tempo di riforme sotto la riconciliazione sociale». Tra queste riforme reclamate dall’associazione dei capitalisti turchi quella di «un programma economico razionale e una disciplina di bilancio per risolvere l’alta inflazione e il deficit attuale», una «struttura della Banca Centrale funzionante in modo indipendente» e un progetto di sviluppo basato sulla «trasformazione digitale con la “quarta rivoluzione industriale”», evidenziando infine la necessità di un «processo di armonizzazione con l’Unione Europea».
Sostenendo che la Turchia sarà tra le prime dieci economie del mondo sotto la guida di Erdoğan, la maggior parte delle organizzazioni capitaliste turche esprimono grande soddisfazione per i risultati elettorali con l’obiettivo di aumentare la loro ricchezza mentre i lavoratori sono costretti a sopravvivere in condizioni di povertà, basse paghe, lunghe ore di lavoro e intenso sfruttamento sotto il governo dell’AKP con una crisi economica che incombe in particolare a causa del crollo della Lira turca. Una serie di proposte (come nuovi oneri fiscali per i settori popolari, al fine di aumentare le possibilità di nuove esenzioni fiscali e altre misure di sostegno ai grandi capitali) e interventi significativi sono in progetto per una ristrutturazione capitalista che faciliterebbe ulteriormente la concentrazione di capitale e l’adattamento della macchina statale borghese ai bisogni attuali della borghesia turca, che deve far fronte alle conseguenze dei rapidi sconvolgimenti in tutta la regione.
Risultati che premiano quindi il deciso sforzo della borghesia turca per difendere i suoi interessi nel contesto di esacerbate contraddizioni interimperialiste con feroci dispute e processi di riorganizzazione a livello internazionale, evidenziando al contempo la complessità che caratterizza i processi interni che si intensificano da anni.
Le reazioni internazionali
Uno dei primi leader a congratularsi con Erdoğan, dopo il premier dell’Azerbaijan, è stato il presidente russo Vladimir Putin parlando di una prova di «grande forza politica e sostegno massiccio» del paese sotto la guida di Erdoğan con l’obiettivo di «rafforzare la posizione del paese nell’arena internazionale». Anche il presidente iraniano Rohani si è congratulato, esprimendo la speranza di rafforzare ulteriormente le relazioni bilaterali amichevoli, per promuovere la pace e la stabilità nella regione. Congratulazioni anche da parte del segretario generale della NATO Stöltenberg per la sua «rielezione. Mi congratulo con il popolo turco per la sua grande partecipazione alle elezioni» ha affermato. Una portavoce del Dipartimento di Stato degli USA ha affermato che «rispettiamo la decisione degli elettori turchi e attendiamo con impazienza un rapporto costruttivo con il presidente Erdoğan, mentre affrontiamo insieme le sfide comuni». Parallelamente, mostrando le contraddizioni tra le due parti, il vice ministro degli Esteri degli Stati Uniti Wes Mitchell ha dichiarato che il suo paese «imporrà sanzioni unilaterali alla Turchia se procederà all’acquisto di sistemi antiaerei russi “S-400″», sottolineando che questo porterebbe a cambiamenti qualitativi nelle relazioni bilaterali.
A nome dell’UE, la portavoce della Commissione Margherita Mogherini ha espresso la speranza che «sotto la guida di Erdoğan, la Turchia rimarrà un partner UE impegnato su importanti questioni di interesse comune, come l’immigrazione, la sicurezza, la stabilità regionale e la lotta contro il terrorismo.» Tuttavia nella sua comunicazione la Mogherini ha parlato di «un quadro giuridico restrittivo» e di «poteri concessi in regime di emergenza» che hanno «limitato le libertà di riunione e di espressione».
Congratulazioni anche dal presidente francesce Macron che ha augurato «successo per lo sviluppo economico e sociale del loro paese e per il funzionamento democratico delle loro istituzioni» secondo quanto riferito da un portavoce. Inoltre, Macron ha sottolineato «l’importanza di un dialogo più coraggioso tra la Turchia e l’UE», ma «ha anche ricordato il suo impegno per un dialogo stretto e franco con il presidente turco in merito alle crisi regionali, in particolare la Siria e la lotta contro il terrorismo». La cancelliera tedesca Angela Merkel ha espresso l’impazienza del suo governo «di lavorare insieme per sostenere ulteriormente e approfondire la cooperazione tra i due paesi» aggiungendo che «gli sconvolgimenti in Medio Oriente e Medio Oriente e i conseguenti flussi di rifugiati stanno influenzando in modo sostanziale i nostri due paesi», ma anche che la Turchia ha dimostrato «grandi responsabilità durante la “crisi dei rifugiati”».
Messaggi che, al di là della formalità, offrono uno specchio dei contrasti e processi in corso.
Il commento del Partito Comunista di Turchia (TKP)
Il Partito Comunista di Turchia (TKP), ha aggirato l’esclusione dalle elezioni operata dal regime borghese presentando candidature indipendenti con la piattaforma “Questo Ordine Sociale deve Cambiare” ricevendo il sostegno internazionale di 32 partiti comunisti e operai del mondo, tra cui dall’Italia il Partito Comunista, nel quale si invitava «il popolo turco a rifiutare tra l’uno o l’altro attore dell’ordine capitalista» chiamando a «non lasciare il futuro nelle mani della borghesia» e a votare per i candidati indipendenti della piattaforma «che hanno assunto la responsabilità di servire come fonte di speranza e voce della classe lavoratrice in Turchia.»
Commentando il risultato delle elezioni i comunisti turchi hanno confermato il giudizio espresso in precedenza che in queste condizioni le elezioni non sono legittime portando al risultato voluto da Erdoğan. «La verità più importante rilevata dalle elezioni del 24 giugno è che i semplici sforzi elettorali non forniscono mai una via d’uscita» criticando apertamente l’attitudine diffusa anche dai partiti dell’”opposizione” a tenere lontana dall’organizzazione politica milioni di persone che si sollevarono contro Erdoğan e che presentano le elezioni «come il “punto cruciale” per la svolta» in ogni occasione, «creando successive frustrazioni e i sentimenti “anti-Erdogan” sono diventati piuttosto anonimi all’interno degli equilibri interni all’ordine stabilito». «Purtroppo gran parte della società turca è presa dall’idea che l’emancipazione può esser possibile senza lottare» delegando di volta in volta il loro “eroe o eroi” che sono interni al sistema di potere capitalista.
Commentando il ruolo dei monopoli internazionali, il TKP evidenzia che «hanno fornito un sostegno significativo alla grande coalizione che comprendeva il CHP» ma la ragione di fondo «per cui Erdoğan è riuscito a sconfiggere questa forza è che la classe capitalista non vuol rinunciare a nessuno dei vantaggi ottenuti sotto il suo dominio. Coloro che hanno creato Erdoğan agiscono naturalmente in base ai loro interessi e paure mentre preparano l’alternativa. In questo senso, tutti i rischi sono scomparsi per i capitalisti in quanto hanno salvaguardato una struttura politica che avrebbe implementato il proprio programma con o senza Erdoğan. Sebbene stiamo attraversando un periodo in cui le contraddizioni interne a livello internazionale e tra la classe capitalista turca sono intensificate, queste contraddizioni non implicano affatto che la classi dirigente non abbia interessi comuni. I monopoli internazionali hanno chiesto di eliminare quasi tutte le differenze tra l’AKP e l’opposizione sulle questioni essenziali.» La realtà che esce dalle elezioni è che «le cosiddette opzioni all’interno dell’ordine stabilito sono completamente esaurite per milioni di persone oltraggiate e malcontente in Turchia». «E’ fondamentale prendere una posizione ferma contro l’ordine stabilito, per combattere contro lo sfruttamento, l’imperialismo e la reazione», con il protagonismo del popolo lavoratore.
«Basta con le falsi soluzioni», conclude il TKP. «Un’elezione non può portare in sé né all’emancipazione né all’oscurità assoluta. Sì, milioni di persone sono state lasciate a secco il 24 giugno, ma l’idea che la Turchia sia ora finita è tanto ridicola quanto la fiaba che dice che la Turchia sarebbe fuori dai guai semplicemente perseguendo un’alternativa senza idee che approva tutti i mali dell’ordine stabilito. La Turchia non cederà all’oscurantismo. Questo ordine sociale deve esser cambiato.»
Fonti: news.sol.org.tr / tkp.org.tr/en
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Non è semplice portare i popoli a comprendere l’articolazione borghese i queste fasi in cui gli imperialismi sembrano dissimularne le responsabilità. Ma noi abbiamo un avvocato in più, parola di Fidel Castro: “la storia mi difenderà”. Saluti rossi.