La Turchia si prepara al controverso referendum di domenica prossima sulla riforma costituzionale voluta dal regime dell’AKP che potrebbe ampliare i poteri del presidente Recep Tayyip Erdoğan e per la seconda volta, lo scorso 8 aprile, le autorità turche hanno vietato in modo antidemocratico la grande manifestazione politica del Partito Comunista di Turchia (TKP) a sostegno del proprio punto di vista a favore del NO, dietro futili pretesti. Così, com’era già avvenuto con la convocazione del 2 aprile. Tutto questo mentre da tempo sono state intensificate le misure repressive contro l’attività politica del TKP e la lotta dei lavoratori in Turchia.
In risposta a questi divieti, su chiamata del partito, migliaia di militanti e simpatizzanti si sono riversati sulle strade in tutto il paese per dimostrare che il governo non sarà in grado di mettere a tacere la voce dei lavoratori. Con lo slogan “Non basta, ma NO”, il TKP conduce la sua campagna contro la riforma costituzionale chiamando ad un rafforzamento dell’organizzazione e della lotta dei lavoratori turchi in un orientamento di classe, non solo contro l’autoritarismo di Erdoğan, ma il capitalismo nel complesso. Diversi sindacalisti, intellettuali, artisti e giornalisti hanno partecipato alla campagna che ha attirato un grande interesse da parte dei cittadini.
Il TKP osserva che «le riforme in corso in materia di rafforzamento della macchina statale borghese devono esser respinte da parte degli interessi del popolo» sviluppando a tutto tondo l’organizzazione popolare e la lotta contro la borghesia. Intervenendo in una attività di propaganda ad Ankara, il membro del comitato centrale del TKP, Erhan Nalçacı, ha evidenziato come il capitalismo turco cerchi di trovare una soluzione alla crisi dal 1980 aggiungendo che l’ordine sociale esistente richiede l’autoritarismo e il regime di Erdoğan stesso necessita di dispotismo, neo-ottomanismo, reazione, oscurantismo religioso.
Özgür Sen, altro membro del CC intervenuto ad Ankara, ha osservato invece come questo referendum sia atteso dall’opinione pubblica come una soluzione al clima di incertezza che vive la Turchia, ma non sarà così in quanto questa incertezza è legata alla crisi del capitalismo e alle relative tensioni politiche con i centri imperialisti. Erdogan chiama all’approvazione delle riforme per garantire una «Grande Turchia» e la «stabilità» di fronte ad una «Europa al collasso». Il referendum rappresenta quindi una sfida per Erdoğan e anche se ci sarà una grande differenza se vincerà il sì o il no, questo non risolverà la crisi. La posizione dei comunisti mobilitati per il “NO” è diversa da tutti gli altri partiti e guarda alla fase successiva al referendum, al clima di incertezza nel quale i comunisti non hanno paura di lottare. «La vittoria del “NO” creerebbe condizioni migliori per la lotta della classe operaia in Turchia ma tuttavia non sarà sufficiente», ha aggiunto.
La chiara posizione del TKP che smaschera i meccanismi di intrappolamento del popolo da parte delle varie forze borghesi e opportuniste e le contraddizioni alla base del referendum, definendo una posizione indipendente per la classe operaia, è il motivo per cui viene sistematicamente vietata e boicottata la sua campagna per il “NO”. Sen ha infine aggiunto che la «vittoria del sì non sarà sufficiente al governo dell’AKP così come un no non sarà sufficiente» per la lotta dei comunisti che cercheranno di indirizzare nei canali adeguati tale risultato. Le opportunità nella fase post-referendum saranno più intense e forti per la classe operaia per aprire la strada all’opzione rivoluzionaria.
In solidarietà fraterna internazionale al TKP, il Comitato Centrale del Partito Comunista (Italia) ha inviato una nota di protesta all’ambasciata turca in Italia nel quale si «condanna fermamente il divieto alla manifestazione del TKP, previsto nell’ambito della campagna referendaria per sabato 8 aprile, in sostegno al “NO” ai cambi autoritari alla Costituzione vigente.»
«Questo divieto rappresenta una nuova, grave violazione dei diritti democratici costituzionali e della libertà d’espressione, attuata dal regime antipopolare dell’AKP nel tentativo di condizionare l’incerto risultato del referendum. Questa è solo l’ultima di una lunga serie di misure antidemocratiche, perpetrate dal regime reazionario e oscurantista di Erdogan ai danni del fraterno popolo lavoratore turco e della sua avanguardia, il TKP» – prosegue la nota.
«La repressione, gli arresti e i divieti illegittimi, qualsiasi persecuzione di democratici e militanti del TKP, non fermeranno la crescente protesta operaia e popolare, ma mostrano soltanto la debolezza e la paura della tirannia di Erdogan di fronte ad essa. Noi, il Partito Comunista (Italia) – conclude la nota – esprimiamo la nostra solidarietà militante ai compagni del TKP e a tutti i sinceri democratici che lottano per un futuro migliore per la classe operaia e il popolo turco.
Fermare la repressione, libertà per i comunisti turchi incarcerati!
La tirannia di Erdogan non passerà!»