E un altro pezzo della Mantova produttiva se ne va!
Certamente non quello numericamente più importante per quanto riguarda operai ed impiegati occupati ma certamente uno di quelli fra i più densi di significato.
La tipografia di Valdaro, dove fino ad oggi oltre alle Gazzette, a partire da quella di Mantova e il quotidiano nazionale La Repubblica, venivano stampate e poi diffuse in tutto il territorio nazionale, chiuderà.
Per i 20 dipendenti rimasti in forze nella zona industriale, come di consueto, resta la solita alternativa: o trasferirsi a Padova dove verranno stampate tutte le testate del gruppo Elkann, oppure restare a casa. Prendere o lasciare.
E pensare che quella tipografia era nata oltre un secolo prima, sotto forma di cooperativa, gestita dagli stessi tipografi, modalità più organizzata ed elevata che faceva riferimento ad un ideale più grande, quello della libertà di stampa.
Tutto naufragato, il lavoro e la libertà.
Già la concentrazione delle varie testate delle Gazzette in mano a Repubblica, aveva dato il colpo di grazia a quella che immeritatamente chiamiamo libertà, giacchè questi quotidiani locali si erano trasformati (e altri ne sono stati inventati), proprio per sostenere una parte politica chiaramente identificabile, quella di Repubblica.
Tutti i titoli sono ben presto diventati mere cinghie di trasmissione, serbatoi per veicolare il consenso partendo dal notiziario locale, apprendistato e germinazione delle idee cardine e del potere degli uomini di quel gruppo che, da oltre 20 anni, anche in provincia, detta legge e non solo nella carta stampata, qual è il gruppo Di Benedetti.
Vale la pena di ricordare, sia pure per sommi capi, i legami che partendo dall’editoria, hanno trasformato quel gruppo in una autentica lobby di potere capaci di spingersi all’industria, con l’acquisizione del gruppo Sogefi, e poi alla sanità con il salto in quella privata, peraltro fatto in tutta comodità, ovvero gestendo le “sperimentazioni” di ex ospedali pubblici che la giunta regionale Formigoni aveva spartito, facendo scuola, in Lombardia, anche ai finti avversari della controparte politica.
Se la Sogefi, proprio da Mantova è stata trasferita armi e bagagli, in Irlanda, dove la tassazione alle imprese è ben diversa da quella italiana, ripetendo una matrice che il gruppo aveva inaugurato con ben altre fortune in Belgio ed ha architettato tutto ciò senza che i sindacati si accorgessero che macchinari, impianti e materiali, erano scomparsi dai capannoni; per l’ ospedale ex pubblico di Suzzara, conclusa una mai avviata sperimentazione che prevedeva la “compartecipazione” degli enti locali, il destino è stato quello di essere acquisito dalla CIR / Di Benedetti.
Questo per ribadire come a dispetto delle proteste e delle indignate quanto ipocrite prese di posizione dei sindacati, i territori di provincia siano considerati dai gruppi vecchi e nuovi del capitalismo, terra di conquista per massimizzare i profitti e gettare una stabile ragnatela di potere e di controllo da cui diviene sempre più arduo liberarsi, giacchè, ancora oggi, lotte e rivendicazioni sono dirette da quei sindacati conniventi i cui uomini e donne, transitano senza preoccuparsi di nulla, dalle categorie sindacali ai CdA di amministrazioni pubbliche e private dove è sempre la solita parte politica, monopolizzata dal pd, a decidere assetti e futuro.
Oggi questo stesso padrone ha cambiato nome, non è più Di Benedetti ma i discendenti Agnelli /Elkann che hanno ricomprato il gruppo, privandolo prontamente dei rami secchi o prossimi a diventare tali, in vista di un nuovo corso imprenditoriale e sociale basato sul digitale.
Buona parte delle “Gazzette”, acquisite od inventate a suo tempo come contraltare dello strapotere Mediaset anche nell’informazione di provincia, ora, sono state vendute al miglior offerente: una proprietà locale del centro Italia che non si fatica a credere non possa reggere il peso di un simile investimento che ha già dismesso la base tipografica il cui futuro è incerto.
Le poche azioni rivendicative dei giornalisti finora non hanno sortito effetto, tant’è che il destino dei giornalisti di quelle testate è considerato a rischio.
Resta la Gazzetta di Mantova ma anche qui la spinta alla digitalizzazione pone a forte rischio i lavoratori dell’ ex reginetta delle testate provinciali, a partire dai tipografi.
Il centro d’eccellenza che serviva a tutto il gruppo e per di più stampava anche di giorno per i grandi formati pubblicitari, infatti, non serve più, per cui la proprietà ha deciso di concentrare la stampa nell’officina di Padova, sacrificando i lavoratori.
La nuova sede di lavoro è a Padova e qualora i lavoratori non accettassero il trasferimento, tanto meglio: la porta del licenziamento appare comunque spalancata.
Del resto come possiamo stupirci di una proprietà che, nel settore automobilistico, ha recentemente intascato i contributi statali per suddividerli fra gli azionisti e chiuso la produzione italiana di Panda e Punto per trasferirla nell’est europeo.
Occorre tuttavia non smettere di stupirsi dell’ipocrisia dimostrata da un sindacato connivente che svende sistematicamente ogni posizione e sempre a danno dei lavoratori, tanto da spacciare impunemente per successi i tre mesi di buonuscita che un padrone, da loro legittimato, si rifiutava di pagare ai 70 lavoratori rimasti senza impiego, per esempio, all’Argenta di San Giorgio Mantovano, penultima realtà di crisi del territorio.
Oltre al sacrosanto stupore per azioni abiette perpetrate contro i lavoratori da parte di chi doveva e dovrebbe difenderli, dunque, lottiamo e denunciamo una condotta che non può più essere considerata di sostegno al mondo del lavoro.
Anche questa vicenda, dimostra come si debba lavorare per un sindacato di classe, un sindacato conflittuale che difenda sempre gli interessi dei lavoratori perché attraverso questa lotta, potranno essere difesi gli interessi di tutti coloro che vivono del proprio lavoro insieme ai diritti di tutti.