di Tiziano Censi
Gli operai del porto di Genova questa mattina hanno lanciato un segnale di grande valore. Il loro sciopero ha impedito che sulla nave saudita Bahri Yambu fossero caricati dei generatori e delle armi che sarebbero servite per portare morte e distruzione in Yemen. La nave è stata costretta per la seconda volta a lasciare un porto senza il carico richiesto. Lo stesso, infatti, era accaduto alcuni giorni prima in Francia, dove la nave si era recata per imbarcare dei cannoni. Anche lì però l’operazione era fallita per l’opposizione dei lavoratori francesi.
E’ un piccolo risultato che non fermerà di certo la guerra ma è significativo. Gli operai si sono rifiutati di essere strumento della guerra imperialista che porta fame, morte e distruzione nel sud del mondo perseguendo gli interessi dei grandi monopoli. Hanno dato dimostrazione dell’efficacia dell’arma dello sciopero e dell’internazionalismo delle lotte. Ancor più che uno sterile pacifismo è la lotta dei lavoratori lo strumento più efficace per bloccare le guerre. Perché in Europa si levano ancora alti i venti di guerra.
Oltre la propaganda europeista che ci parla di 70 anni di pace, la verità è un’altra. In Europa ogni anno aumentano le spese militari e i paesi europei sono i maggiori produttori di armi al mondo. Nella top 10 dei principali esportatori mondiali di armi troviamo ben sei Stati europei (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Italia, Olanda). Provengono dall’Europa e finiscono nei conflitti mondiali il 25% di tutte le armi prodotte nel mondo.
Ma gli stati dell’UE non producono solo le armi per le guerre degli altri. Dagli anni ’90 in poi i paesi dell’Unione Europea si sono visti protagonisti di molteplici aggressioni in giro per il mondo. L’Italia stessa con il governo D’Alema appoggiò il bombardamento della Jugoslavia. Quasi tutti i Paesi europei parteciparono alla guerra per il petrolio in Iraq nel 2003. A diverso titolo gli stati europei hanno impiegato i propri eserciti impegnati in vari scenari bellici: Afghanistan (2001), Kosovo (2003), Bosnia (2003), Iraq (2003), Ciad (2008), Somalia (2010), Libia (2011), Niger (2012), Tanzania (2012), Mali (2013), Rep. Centrafricana (2014).
In Ucraina poi l’UE, e in particolare la Germania, ha giocato un ruolo fondamentale nell’appoggiare il colpo di stato che ha portato alla guerra civile tutt’oggi in corso. Insomma il carattere pacifico dell’Unione Europea non esiste. L’unico dato di fatto è che dalla seconda guerra mondiale non vi sono conflitti aperti tra i paesi appartenenti all’UE ma questo più che un risultato dell’integrazione europea ne è una precondizione. Gli interessi comuni dei monopoli europei hanno fatto sì che in Europa si costruisse un polo imperialista coeso, certamente con le proprie contraddizioni interne, ma ancora saldo nello scontro con gli altri centri di potere mondiale. I paesi europei hanno smesso di fare la guerra tra di loro per portare avanti unitamente i propri interessi imperialistici nel mondo, anche con le armi. Considerare l’UE come portatrice di pace per questi motivi equivarrebbe a considerare la NATO uno strumento di pace, dal momento che i Paesi che ne fanno parte non sono in guerra tra di loro.
L’UE è un’alleanza imperialista che porta avanti i propri interessi anche con l’utilizzo delle armi. Questo è il prezzo da pagare per la nostra “pace”. Un prezzo che evidentemente i lavoratori di Genova, i lavoratori francesi e di tutta Europa non sono disposti a pagare.