di Gabriele Lugaro
L’emergenza nella gestione della sanità, Covid o meno, rimane all’ordine del giorno nel nostro paese. Specialmente in Liguria, dove il governatore Toti ha di fatto “commissariato” la gestione dell’emergenza ponendola nelle sole mani di Alisa (ente pubblico ora gestito da un commissario privato).
Ne parliamo con Alessandra, infermiera dell’Ospedale San Paolo di Savona, lavoratrice in prima linea nella gestione dell’emergenza Coronavirus e tutt’ora impegnata in uno dei settori vitali del lavoro pubblico.
Alessandra, per la tua esperienza nell’Ospedale San Paolo di Savona quali nodi sono venuti al pettine durante l’emergenza da Covid?
Inizialmente una sorta di panico diffuso. I media hanno amplificato l’entità della diffusione del virus e contemporaneamente l’organizzazione e le direttive regionali sono state confusionarie. Le linee guida e di comportamento sono state spesso contraddittorie e poco coerenti con la gestione dell’emergenza. In particolare, mi ha lasciato interdetta la scarsa velocità di intervento sui parenti: l’accesso inizialmente è stato consentito in forma invariata o con restrizioni poco sensibili nonostante i rischi e la diffusione.
Avete lavorato in sicurezza?
I dispositivi di protezione sono spesso stati centellinati, le quantità erano limitate rispetto a quello che doveva esserne l’utilizzo. Una mascherina di fabbrica che si poteva mantenere per un turno di circa sette ore la si usava almeno per due turni. Si è stati costretti a fare economia con le risorse a disposizione. Io ero frequentemente sotto pressione nel mio reparto e non ho idea di come siano state gestite le scorte in magazzino.
Come hanno reagito i lavoratori degli ospedali?
Parlando per categoria, come infermiera, è stata una facciata contro un muro. Lavoriamo già costantemente in emergenza perché gli OSS [addetti alla somministrazione dei pasti e alla pulizia dei pazienti, ndr] sono in numero inferiore e noi infermieri ci troviamo abitualmente a colmare le carenze del personale di supporto. Nel mio reparto fortunatamente non ci sono stati shock eccessivi, abbiamo mantenuto la calma e non siamo stati sottoposti a turni inumani a differenza di altri colleghi in tutta Italia.
I sindacati confederali sono stati presenti?
Inizialmente era passato qualcuno a sincerarsi della situazione mascherine e dispositivi, ma durante questi mesi non è giunta alcuna comunicazione. Io sono iscritta alla CGIL e giusto oggi ho ricevuto il messaggio di una riunione futura, staremo a vedere.
Quali sono i problemi di oggi? Quali nodi restano irrisolti per i lavoratori del comparto sanitario?
Gli stessi di prima. Paghe, indennità e contratti ridicoli per la professione che svolgiamo. La credibilità sociale è quella ferisce di più forse: vedersi sorpassati dal “Dottor Google” e non vedere riconosciuto l’impegno e il lavoro di medici e infermieri, di persone che hanno studiato anni con sacrifici e dedizione sembra non valere più niente. Basta un’informazione falsa su internet per percepire tutti i tuoi sforzi vanificati.
Come vivete la privatizzazione e lo sgretolamento del sistema sanitario?
Lavoro nel pubblico da meno di un anno e ho trovato una situazione boccheggiante, a differenza di una mia precedente esperienza di dieci anni fa. Purtroppo il privato non sembra più un’alternativa ma sembra esser diventata l’unica strada a livello organizzativo. Ho la fortuna di lavorare in un reparto con dei medici molto umani e sensibili, a livello più alto spesso percepisci un’aria veramente poco rassicurante.
Quali prospettive vedi per i lavoratori degli ospedali?
Prospettive della speranza o prospettive reali? [ride, ndr]. Allora, prospettive della speranza mi piacerebbe che si riuscisse a trovare un meccanismo lavorativo nel rispetto delle professionalità di ognuno. Per quanto riguarda le prospettive reali sono timorosa, sentire le manovre di coordinamento regionale spaventa e intimorisce rispetto al futuro. Cerco di non pensarci e prendere un giorno alla volta, a livello psicologico abbiamo vissuto un periodo pesante, abbiamo rinunciato a molte cose. Molte problematiche che già gravavano si sono esasperate, ora speriamo solo di non dover ripetere quest’esperienza.