Recensione del segretario generale Marco Rizzo, pubblicata su due riviste governative cinesi.
In questo volume sono raccolti, organizzati per tema, alcuni discorsi del Presidente della Repubblica Popolare Cinese e segretario generale del Partito Comunista di Cina, Xi Jinping, che vanno dal 2017 al gennaio 2020.
Già il titolo ci fa capire quanto gigantesco sia l’impegno che abbiamo davanti.
La Cina è il paese più popoloso al mondo. L’anno scorso vengono contati quasi 1,3 miliardi di persone. Per prodotto interno lordo (anno 2018) è il secondo paese (13.092,70 mld di Dollari) dopo gli Stati Uniti (20.510,60 mld di Dollari), ben lontano dal terzo (Giappone, 5.070,27 mld di Dollari) e quarto (Germania, 4.029,14 mld di Dollari). Ma valutando il PIL a parità di potere di acquisto la Cina è di gran lunga la prima nazione del mondo (27.308,86 mld di Dollari), distanziando l’intera Unione europea (22.774,16 mld di Dollari) e gli Stati Uniti (21.439,45 mld di Dollari).
Guardando questi dati in prospettiva, ben sappiamo come gli ultimi anni sono stati un crescendo inarrestabile. Solo dal 2017 al II trimestre del 2019 gli incrementi (pur in calo) vanno dal 6,9 al 6 percento. Inoltre, se il I trimestre registrerà un calo del 6,8%, comunque più limitato rispetto a tutti gli altri paesi, già nel II semestre è prevista una ripresa del 3,2%. Ossia l’economia cinese recupererà più velocemente di tutti gli altri paesi i danni provocati dal lockdown e dalla recessione economica conseguente.
Gli osservatori economici sono stupiti da questi risultati e gli economisti si arrovellano per spiegare fenomeni che mandano per aria le teorie che da decenni il pensiero accademico occidentale dava per assodate.
Cos’è la Cina?
Chi da più tempo si occupa seriamente di questo paese, meno sa rispondere a questa domanda. Anche perché, nonostante tratti di continuità millenaria, la Cina moderna è un paese che sta cambiando a un ritmo sconosciuto per l’intera umanità.
Ci potremmo chiedere: come si sta in Cina? O meglio, come sta il cittadino normale? E quello più svantaggiato? La dirigenza cinese non nasconde le forti diseguaglianze che affliggono il paese, tra città e campagna, terre rivierasche ed entroterra, benessere ed ancora povertà. Ma afferma che esse vengono affrontate e combattute fattivamente. La dirigenza non nasconde la presenza di fenomeni moderni che affliggono la maggior parte dell’umanità: inquinamento, corruzione. Ma si impegna con sforzi visibili e concreti per affrontarli e risolverli.
Perché facciamo queste considerazioni che sembrano poco attinenti agli articoli del Presidente cinese? Perché vogliamo invitare il lettore di questo importante terzo volume ad accostarsi a questo mondo con distacco, con mente serena, a guardare un mondo a noi lontano con occhi equanimi e poi farsi una propria idea, favorevole o sfavorevole che sia.
Dopo aver rotto il lungo embargo diplomatico e commerciale che puntava a soffocare economicamente la Repubblica Popolare, il gruppo dirigente cinese ha aperto la sua economia alle regole del libero mercato internazionale, che nella loro essenza ripropongono lo sfruttamento capitalistico. È nota infatti la metafora di Deng Xiaoping al riguardo, quando disse che aprire le finestre della casa permetteva di far cambiare l’aria, ma si correva il rischio di far entrare anche le mosche.
Tuttavia per ridurre il divario tecnologico e produttivo con gli altri paesi del pianeta e permettere uno sviluppo dell’economia che rendesse possibile portare fuori dalla povertà oltre 700 milioni di persone, la Cina ha deciso di intraprendere questa strada.
La sfida, oggi, è governare tale aspetti contraddittori e rendere il partito (non gli interessi economici) arbitro e decisore degli interessi della nazione e del popolo cinese. E pare che da questo punto di vista ci sia piena consapevolezza, come dimostra l’interesse alla presenza delle strutture di partito nelle aziende private (ed in quelle straniere) ed all’organizzazione delle cellule di partito, oltre che della totale centralità del partito nella definizione del piano economico ed alla piena guida nella società cinese.
La Cina però oggi rappresenta un paese che ha tutto l’interesse a garantire la pace e a impedire la guerra, sia a scala regionale, che ancor di più a scala globale. E di ciò non possiamo che rallegrarci.
I temi posti dal Presidente Xi Jinping non sono né banali, né di semplice accettazione o confutazione. Riguardano una fetta grandissima della popolazione mondiale e coinvolgeranno sempre più tutto il resto dell’umanità.
Questa è una realtà storica che non si può né occultare né tanto meno fermare con la forza.
Nel primo articolo, il più lungo tra quelli presentati, la Relazione al 19° Congresso nazionale del Partito Comunista di Cina, al paragrafo V – Applicare una nuova visione dello sviluppo e sviluppare un’economia modernizzata, a pag. 35 si legge:
«5. Accelerare gli sforzi per migliorare l’economia socialista di mercato.
Dovremmo assicurare liberi flussi dei fattori, prezzi flessibili, competizione onesta e ordinata, e che la sopravvivenza degli affari sia determinata dalla competizione.
Miglioreremo i sistemi per gestire differenti tipi di risorse di stato e riformeremo il sistema di autorizzazioni delle operazioni del capitale di stato. Nei settori di proprietà statale intensificheremo il miglioramento della distribuzione, gli aggiustamenti strutturali e la riorganizzazione strategica. Lavoreremo affinché le risorse statali mantengano e aumentino il proprio valore; daremo sostegno al capitale di stato per diventare più forte, fare meglio e crescere di più e prenderemo misure efficaci per prevenire perdite nelle risorse statali.»
Difficilmente si può descrivere in modo più conciso il doppio binario su cui si muove l’economia cinese, plasticamente descritta da una definizione di economia socialista di mercato.
In questo contesto osserviamo come lo Stato svolga un doppio compito. In una prima fase si mette in moto un meccanismo efficiente di sviluppo, con lo Stato che ha un ruolo di sorvegliante, arbitro della partita, che impone le regole al mercato proprio affinché esso possa agire in modo efficiente ma senza sopraffazione. Nella seconda frase l’accento è messo sul ruolo dello Stato, non solo come il regolatore che abbiamo visto prima, ma come un attore economico.
Nella Cina contemporanea il meccanismo di allocazione delle risorse è sì lasciato al mercato, ma il mercato non è lo stesso di quello che troviamo in Occidente. In esso agisce in prima persona lo Stato attraverso le sue aziende ed i suoi terminali ed è regolato da leggi scritte dal Partito Comunista e vincolato dal Piano Quinquennale.
Per cui viene permessa l’attività privata (cinese e straniera), ma non è il privato che ha in mano le leve fondamentali dell’economia né è in condizioni di condizionare il potere politico.
È proprio l’assenza di questi meccanismi che caratterizzano il mercato nei paesi capitalisti, e soprattutto la capacità di programmazione e governo dell’economia ha determinato una maggiore efficienza del sistema cinese.
Vogliamo citare inoltre un passaggio a pag. 42 in cui si citano gli altri partiti politici presenti in Cina e sono l’eredità della storia della rivoluzione cinese. Ciò desterà meraviglia e stupore nei lettori occidentali, ma è la verità. In Cina ci sono altri partiti politici che “partecipano alla governance” del paese. Naturalmente questi partiti accettano le coordinate fondamentali della Repubblica che sono il sistema socialista, nel senso concretamente delineato dal Partito Comunista.
Ancora nella stessa Relazione, paragrafo VII – Costruire una solidità culturale più forte e aiutare il fiorire della cultura socialista, si legge a pag. 44:
«1. Tenere fermo la posizione dominante nel lavoro ideologico
L’ideologia determina la direzione che una cultura dovrebbe prendere e il percorso che dovrebbe seguire e su cui svilupparsi. Dobbiamo continuare ad adattare il marxismo alle condizioni cinesi, aggiornarlo, e migliorare la sua attrattività popolare. Svilupperemo un’ideologia socialista che abbia la capacità di unire e il potere di ispirare il popolo a abbracciare ideali, convinzioni, valori, e riferimenti morali condivisi.
Ci armeremo con la teoria e aumenteremo l’attrattività del pubblico del Pensiero Socialista con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era. Lavoreremo duro per studiare e sviluppare la teoria marxista, lavoreremo più velocemente per sviluppare la filosofia e le scienze sociali con caratteristiche cinesi e svilupperemo un nuovo tipo di pensiero con caratteristiche cinesi».
Per noi occidentali è difficile capire cosa sia un marxismo con caratteristiche cinesi.
È chiaro che l’applicazione del marxismo è sempre demandata al popolo che l’ha abbracciato. La chiave di lettura sta nell’alleanza che le classi in Cina hanno sviluppato. Se queste classi, per quanto differenziate, sono tutte sottomesse all’armonia che deve regolare la società, la contraddizione non si elimina, ma si gestisce. Questo pensiero era già contenuto in Mao quando egli parlava di contraddizioni antagoniste e non antagoniste. La sfida è quella di portare l’ideologia dentro la contraddizione (non antagonista) e di trovare una sintesi.
Questa alleanza è iconograficamente rappresentata dalle quattro stelle che contornano la stella più grande che è il Partito Comunista della bandiera nazionale.
Nella tradizione maoista queste stelle rappresentavano gli operai, i contadini, gli studenti e i soldati.
Un altro punto su cui vogliamo indirizzare l’attenzione del lettore lo possiamo trovare nel Discorso alla Quarta Sessione Plenaria del 19° Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Leggiamo a pag. 136:
«Il 19° Congresso Nazionale del PCC nel 2017 ha determinato come nostro obiettivo primario per la metà del secolo lo sviluppo della Cina in un grande moderno paese socialista, che sia prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e bello…
Non si può negare alla Cina di tornare ad avere nel mondo il posto primario che ha avuto per secoli. Questo ruolo però non vuole essere usurpato, ma vuole essere meritato attraverso uno sforzo corale che renda il paese degno di quel posto. Per far ciò la Cina non può che avanzare sulla strada della modernizzazione. Senza eliminare il sottosviluppo non è possibile neanche pensare di raggiungere uno solo di quegli obiettivi.
La Cina e il resto del mondo
Se finora abbiamo visto come la Cina guarda a sé stessa, vediamo ora come essa si propone al resto del mondo.
Nel Discorso per la cerimonia di apertura del Forum di Boao per la Conferenza annuale asiatica del 2018 leggiamo a pag. 228
«Indipendentemente dai progressi fatti dalla Cina, non minacceremo nessuno, non cercheremo di rovesciare l’attuale sistema internazionale, o cercheremo sfere di influenza. La Cina resterà determinata come sempre a costruire un mondo di pace, contribuire alla prosperità globale e far rispettare l’ordine mondiale».
Questa è la stella polare della politica estera cinese. Io credo che vi siano forti ragioni per confidare nella sincerità di questa proposizione. Non voglio fare appello a considerazioni astratte, morali o persino filosofiche.
La Cina ha tutto da guadagnare da un gioco equo. Ha la storia, la forza demografica ed economica dal suo lato e l’organizzazione politica ha quel grado di centralizzazione che le permette di affrontare qualunque sfida in modo meglio attrezzato di chiunque altro. Se occorressero altre prove, la gestione della pandemia lo ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio.
Da questo punto di vista è singolare sentire parlare un linguaggio talvolta simile ai nostri governanti occidentali, che poi invocano sanzioni o seminano guerre e distruzioni in giro per il mondo. È singolare che i campioni della “libera iniziativa di mercato” invochino dazi e attacchino come “aiuti di stato che distorcono la concorrenza” le attività cinesi, quando sono i primi a essersi trincerati in un’economia protezionistica dei privilegi più inefficienti, come quelli dei grandi monopoli internazionali.
È singolare che si vada a cercare il pelo nell’occhio dell’indubbiamente grave problema ecologico che affligge la società cinese, quando sono le grandi multinazionali occidentali a essere responsabili della quota più grande dell’inquinamento del nostro pianeta, forze armate degli USA e della Nato in primis. È singolare che a levare l’accusa di “espansionismo” alla Cina siano gli Stati Uniti che cingono d’assedio con la loro flotta le coste cinesi.
E ancora:
«In un mondo in cui vi è una globalizzazione sempre più approfondita, perseguire la “legge della giungla” e “il vincitore prende tutto” non porta da nessuna parte. La crescita inclusiva è il modo giusto di andare avanti. I paesi hanno bisogno di elevarsi sulle differenze e far leva sulle proprie rispettive forze per perseguire una crescita inclusiva di fronte ai rischi e alle sfide comuni».
Ci sembra che questo obiettivo abbia un senso profondo su cui i paesi di tutto il mondo e le “persone di buona volontà” dovrebbero meditare.
Ripetiamo. I cinesi sono abituati al commercio da svariati secoli, da molto prima di noi. In questo momento sanno che la storia lavora per loro. Che lo scontro senza quartiere in cui l’amministrazione USA, indipendentemente da chi siede alla Casa Bianca, sta trascinando il mondo non solo sia di una dannata pericolosità, ma non possa che portare che inutili sofferenze soprattutto agli strati più deboli dell’umanità, come già avviene oggi.
Lasciamo al lettore la scoperta del resto della Relazione che merita ulteriori approfondimenti.
Con questa recensione – a proposito del Socialismo di mercato, del marxismo, delle modernizzazioni – non desideriamo esprimere una condivisione acritica di questo pensiero e di questa politica. Speriamo di aver dato una chiave di lettura, per quanto possibile onesta, rispetto a quanto proposto dalla dirigenza cinese.
La Cina oggi non ha interesse a proporsi come motore della rivoluzione comunista nel mondo. Intrattiene rapporti con oltre cento partiti comunisti, tra i quali il nostro, ma non manifesta alcun interesse a proporsi né come parte né tanto meno come guida di una nuova Internazionale Comunista.
A più di 70 anni dalla sua fondazione la Repubblica Popolare Cinese ha compiuto un enorme cammino per quanto riguarda economia e vita sociale. Questo è stato possibile grazie alla guida salda del Partito Comunista e della sua classe dirigente che ha elaborato la teoria del socialismo con caratteristiche cinesi, che si è arricchita dell’esperienza concreta del governo della nazione più popolosa del mondo con l’uso del marxismo e con il contributo teorico dei suoi dirigenti.
Lo sviluppo creativo delle teorie socialiste, sulla base del marxismo-leninismo, del pensiero di Mao Zedong, della teoria di Deng Xiaoping, del contributo di Jiang Zemin ed Hu Jintao, del pensiero del Socialismo cinese che entra in una Nuova Era di Xi Jinping, hanno arricchito il bagaglio teorico dei comunisti cinesi delle armi essenziali per la battaglia politica in difesa del socialismo. Ancor di più oggi, quando gli Stati Uniti puntano allo scontro Usa-Cina come elemento di pressione con la volontà di rovesciare (o quanto meno arrestare) la Repubblica Popolare Cinese.
La crisi economica che attanaglia i ceti popolari dei paesi capitalistici e gli effetti della pandemia da Covid-19 ci parlano del tentativo dell’imperialismo americano e dei settori più conservatori e reazionari a livello mondiale di impedire uno sbocco progressivo per l’umanità.
Per queste ragioni, la comprensione del pensiero dei comunisti cinesi, una comprensione basata sui fatti, non le caricature veicolate dal sistema dei media occidentali, diventa oggi fondamentale, non per misurare per forza il grado di vicinanza o lontananza dalle nostre, ma per avere una percezione esatta di quanto si muove nel mondo e contrastare efficacemente l’impostazione imperialistica statunitense ed il suo anelito di dominio incontrastato sui popoli di tutto il mondo.
I link della recensione pubblicata oggi sulle due riviste governative cinesi
http://esperanto.china.org.cn/2020-10/23/content_76837302.htm
http://espero.chinareports.org.cn/2020-10/23/content_76837234.htm