di Pietro Fiocchi e Chen Ji
Intervista con Alberto Lombardo, responsabile Dipartimento Esteri del Partito Comunista – Italia
“Come ha detto il Presidente Xi Jinping, il Partito Comunista è stato il motore ed è l’artefice di questo percorso…”
La realtà percepita e la realtà reale sono due cose diverse. Se puntiamo al progresso reale, dobbiamo sempre avere la massima attenzione alla realtà attuale, non a ciò che, per ignoranza, crediamo o pensiamo essere vero.
Le informazioni diffuse dai mass media non sono sempre imparziali e disinteressate. Inoltre, si parla sempre di più del pericolo delle “fake news” per guidare l’opinione pubblica a favore o contro qualcosa, a seconda di come serve…
Proviamo a prestare attenzione a chi sa interpretare la realtà, e soprattutto i suoi numeri e dati, con strumenti scientifici, come la matematica, la statistica, ecc. Potremmo iniziare a vedere prospettive completamente nuove.
Questa volta ne parliamo con il Prof. Alberto Lombardo. Il Professor Lombardo è professore ordinario di statistica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Palermo. È autore o coautore di pubblicazioni scientifiche su temi importanti, come la pianificazione degli esperimenti in ambito industriale e agronomico.
Il Prof. Lombardo è membro del Comitato Centrale e dell’Ufficio Politico del Partito Comunista in Italia, in cui è impegnato come capo del Dipartimento Internazionale, responsabile Studi e Formazione e direttore dell’organo di partito La Riscossa (www.lariscossa.info).
Professore, il 20° Congresso Nazionale del PCC è in Cina un momento importante per tutto il popolo. Secondo te, fuori dalla Cina, quale significato e importanza potrebbe avere questo evento per i popoli di altri paesi?
Il Partito Comunista di Cina è il più grande partito politico del mondo (dopo il “Partito del Popolo Indiano”) con oltre 90 milioni di membri. Questo numero è già impressionante di per sé. Ma dobbiamo rapportarlo all’enorme dimensione della popolazione cinese che è di un miliardo e quattrocento milioni di persone, ossia solo il 6,4 percento della popolazione. Nonostante i grandi numeri, è un partito che raccoglie solo la parte di avanguardia dei lavoratori, secondo lo spirito del partito leninista. Tuttavia, la quantità è di per sé una qualità e quindi il peso di ciò che fa il PCC ha riflessi su tutto il movmento comunista internazionale e, come partito guida del popolo cinese, su tutto il mondo.
Il XVIII Congresso del PCC del novembre 2012 e soprattutto il XIX del 2017 – dove si è enunciato il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era – hanno costituito una marcata accelerazione verso la costruzione del socialismo in Cina nella teoria e nella pratica.
Le celebrazioni del primo Centenario di questo secolo – la fondazione del PCC – ha costituito un’occasione di riflessione e si possono considerare alcuni dei passi fondamentali di avvicinamento al Congresso.
Il nostro Partito è stato invitato negli ultimi tempi a partecipare a importanti conferenze, purtroppo ancora on line per gli ovvi motivi legati alla pandemia, organizzati dal CC del PCC e dell’Accademia delle Scienze sociali.
In queste occasioni i compagni cinesi hanno presentato relazioni sullo stato di avanzamento della costruzione del socialismo. Particolare impressione mi ha fatto sentire la meticolosa cura che il PCC rivolge alla lotta contro la corruzione e per l’uscita dalla povertà delle ultime sacche della popolazione cinese. Ricordo l’ardore rivoluzionario che il PCC ha trasmesso nelle sue “campagne” politiche sin dalla sua costituzione e dalla fondazione della Repubblica Popolare. E queste campagne riprendono la gloriosa tradizione rivoluzionaria e di massa. Campagne che non solo mobilitano i cuori e le menti di milioni di persone – ovviamente anche e soprattutto di non comunisti – ma che rispondono a esigenze profondamente sentite dal popolo tutto.
Oggi i pericoli di una guerra generalizzata sono sempre più gravi e, come ha sottolineato il nostro Segretario Generale, Marco Rizzo, alla Conferenza tenutasi il 24 luglio [1], la RPC costituisce insieme il più grande polo di stabilizzazione e il più potente baluardo per la pace nel mondo. Vediamo come proprio in queste ore si sta compiendo una grave provocazione ai danni della RPC, del popolo cinese e del mondo intero da parte di sconsiderati protagonisti di quell’ala più bellicista degli USA, ala che invece si ammanta di mentite spoglie di “democrazia” e “difesa di diritti umani”.
Ecco quindi che il riverbero dei lavori del XX Congresso del PCC non potrà che influire in modo importante e positivo su tutti i popoli e le persone che aspirano alla pace e alla prosperità condivisa.
L’iniziativa Belt and Road non è solo una questione di vaste infrastrutture e un enorme scambio commerciale. È anche una grande opportunità per lo sviluppo della cooperazione accademica e scientifica, come proposto dal presidente Xi. Come vedi e valuti le collaborazioni nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road?
L’iniziativa Belt and Road è una straordinaria idea che potrebbe mettere tutti i popoli sul binario dello sviluppo condiviso per un mondo migliore. Il mondo non si migliora con le belle parole o con manifestazioni che a parole chiedono la pace, la preservazione dell’ambiente, la fine della fame del mondo. Tutte cose preziose, ma che abbiamo visto per troppi anni nei nostri paesi essere occasione per una colossale operazione di maquillage del capitalismo e dell’imperialismo occidentale. Il mondo si migliora con atti concreti che fanno leva sui reali strumenti sociali ed economici che si hanno a disposizione. Il mondo si migliora cominciando a fare uscire i paesi arretrati dalle condizioni di vassallaggio e sfruttamento del neocolonialismo.
La politica win-win, che la RPC pratica nei confronti delle nazioni con cui commercia e tratta, va in questa direzione e ha due punti di forza: 1) è sostenibile, in quanto fornisce a quelle nazioni gli strumenti per rendersi autonomi in modo progressivo e stabile nel tempo; “non ti do il pesce, ma ti insegno a pescare”; 2) consente a quelle nazioni, nel rispetto della loro indipendenza politica, di creare le condizioni anche per un affrancamento sociale. Entrambe queste due cose non possono essere “esportate”, non esiste un modello di sistema valido per tutti e imponibile a tutti. Questo la Cina lo sa bene, essendo stata per decenni vittima di quel sistema colonialista, fino all’avvento della Repubblica Popolare.
Purtroppo le forze oscure della reazione non si rassegnano e aggravano le provocazioni, le menzogne e gli atti illegittimi di sabotaggio. Anche la cooperazione scientifica tra Cina e paesi occidentali potrebbe subire un contraccolpo, a causa dell’ostilità che i paesi imperialisti acuiscono contro la Cina. Per questo è importante che le Accademie, gli Istituti di ricerca, rafforzino i legami di amicizia con i ricercatori cinesi, incrementando gli scambi reciproci. Come Partito Comunista ci impegneremo per assolvere al massimo delle possibilità questo impegno.
In quanto esperto di teoria marxista, come valuti la cinesizzazione della teoria marxista?
“Chi più sa di Cina, più sa di non sapere nulla di essa”. Attenendomi a questa massima, cerco di esprimere in punta di piedi qualche riflessione. In altre occasioni ho fatto riferimento all’opera che svolse Matteo Ricci di “sinizzazione” del cristianesimo. Un’opera che fu coronata da un certo successo, ma che fu mal vista dal papato. Ebbene, quella cinese è una civiltà molto più antica di quella che ha prodotto il marxismo e sarebbe impensabile importare una visione del mondo – perché questo è innanzitutto il marxismo – senza tenere conto del tempo e della geografia.
Come dice Lenin: «Il marxismo ha tre fonti: il socialismo francese, l’economia politica inglese e la filosofia tedesca». Come si possono trasferire queste eredità, tutte europee, a una società così diversa per lingua, tradizioni, storia sociale? Quindi l’impegno dei marxisti cinesi – dal Presidente Mao al Presidente Xi – è stato quello di studiare, comprendere e poi attualizzare quel profondo pensiero che è quello di Karl Marx. Attualizzare significa non solo rendere adatto al periodo contemporaneo, ma anche “attuare”, ossia mettere in pratica.
Importanti fonti demoscopiche indipendenti [2] assegnano ben il 91 percento di cittadini cinesi che ripongono fiducia null’operato del loro governo, con un incremento del 9 percento rispetto all’anno precedente. Questa è la migliore dimostrazione che la dirigenza del PCC ha saputo interpretare i più profondi desideri di tutto il popolo cinese.
In tutti i discorsi che il PCC fa, il marxismo è sempre al primo posto. Che bisogno avrebbero i cinesi di dire una cosa così se essa non fosse vera? Il marxismo oggi non porta simpatie come decenni fa, la falce e martello spesso non è ben vista: ne sappiamo qualcosa noi comunisti in Italia, che dobbiamo faticare non poco per ribaltare la velenosa propaganda anticomunista. Quindi non vi può essere altro motivo che non sia il fatto che ciò è la pura verità.
Vedere le foto delle brigate mediche che sono venute in Italia con la bandiera rossa con falce e martello e il pugno alzato significa certo qualcosa di importante: «Non siamo qui ad aiutarvi perché siete italiani, ma perché noi siamo comunisti, e i comunisti aiutano senza secondi fini!»
Noi europei abbiamo forse il vizio di leggere tutto quello che accade e si dice nel mondo con gli occhiali di casa nostra. Si cercano i “precedenti” del marxismo cinese nei libri dei nostri classici. Ma chi costruisce il socialismo per davvero, e non sui libri, sa che le soluzioni non si trovano lì. «Il marxismo è una guida per l’azione», per citare ancora Lenin, che forse di rivoluzioni se ne intendeva più di noi.
Quindi secondo me non va valutato quanto il marxismo cinese sia conforme ai libri, ma quanto esso abbia concretamente guidato e guidi il PCC verso il socialismo.
Nella stessa occasione già citata [1], io ho avuto modo di sottolineare elementi di continuità e di innovazione nel socialismo cinese, rispetto a quanto Marx poté vedere nella sua vita. Ho citato come il socialismo con caratteristiche cinesi non si può riguardare solo come una specie di Grande NEP, sarebbe scorretto e soprattutto ingiusto verso gli sforzi del popolo cinese, guidato dal PCC: è una cosa nuova, adatta alla Cina, da cui possiamo imparare tanto, ma non certo copiare come scolaretti. Ho citato l’importanza che la rivoluzione sociale in Africa e in America Latina, oltre che naturalmente in Asia, potrà avere nel provocare il collasso del capitalismo in Europa, come già preconizzava Marx, riguardando la situazione in Irlanda rispetto alla fortezza imperialista inglese.
Ecco quindi, una continuità che si sviluppa nell’innovazione teorica e pratica.
Il 10 luglio al Museo Statale della Repubblica Popolare è stata inaugurata una mostra sull’Antica Roma, alla quale il presidente cinese Xi e il presidente italiano Mattarella hanno rivolto un messaggio di saluto. Quale ruolo giocano questi scambi culturali nell’intensificazione dei rapporti tra i due paesi e in che modo questi scambi stimolano la cooperazione economica tra Italia e Cina?
L’augurio è che questi scambi possano frenare e prevenire le tendenze belliciste atlantiste. Sono molto importanti affinché le classi politiche dei vari paesi acquisiscano maggiore fiducia reciproca. Purtroppo – e mi ripeto – l’Italia risponde a diktat politici che non si fermano davanti a niente. I progetti che erano stati avviati dal primo governo Conte sono stati buttati a mare, dopo che l’Amministrazione statunitense chiamò a rapporto i ministri italiani.
Ricordo che nel marzo del 2019 è venuto nella mia Sicilia il Presidente Xi Jinping. Poteva essere l’occasione per il rilancio economico della Sicilia. Un’importantissima mano tesa che il più grande paese del mondo offriva a questa piccola isola in preda alla crisi economica. I principali responsabili della politica siciliana si affrettarono a dire che “non si parlava di affari” e inoltre che per i futuri investimenti il tutto era subordinato al placet del governo nazionale. L’importante occasione venne quindi sprecata da una classe politica italiana inetta e distratta.
Ammiro la pazienza e la perseveranza proverbiale dei dirigenti cinesi nel perseguire questa politica, ma chi comanda davvero in Italia va cercato oltre le Alpi e forse oltre Oceano. Questa classe politica ci ha precipitati dopo il 24 febbraio in una situazione pericolosissima dal punto di vista economico e militare e la quasi totalità dei parlamentari – da destra a sinistra – fanno a gara ad accreditarsi presso Washington.
«Il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà», diceva il nostro amato Antonio Gramsci. Cerchiamo quindi di perseverare in questa direzione senza farci prendere dallo sconforto per le delusioni.
La Cina si sta ora incamminando verso la costruzione a 360 gradi di un moderno paese socialista, come valuti l’evoluzione e lo sviluppo economico del paese?
La valutazione sta nei numeri. Non è qui il caso di stare a snocciolare statistiche su PIL, povertà, aspettativa di vita e benessere, risultati accademici e tecnologici, import-export, ecc. Tutti numeri che testimoniano il balzo verso una società prospera e ringiovanita, come dice il Presidente Xi.
In realtà oggi siamo in grado di abbracciare con un unico colpo d’occhio tutta l’evoluzione della costruzione del socialismo in Cina: dalla rivoluzione di Mao, le riforme di Deng e il socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era di Xi. Paragonando questo percorso a quello di un saltatore, possiamo chiamare la prima fase quella dell’accumulazione delle forze, la seconda della rincorsa e la terza dello slancio. La seconda si è incardinata sulla prima e la terza sulle prime due. Nonostante le profonde differenze nelle politiche, la loro continuità si può comprendere da parte nostra solo ora.
Errori, cadute, arretramenti, diseguaglianze, storture? Il PCC non nega nulla e non nasconde nulla. «Il Partito è grande non perché non sbaglia mai, ma perché riconosce e corregge i suoi errori», dicono i compagni cinesi. Ma il quadro si deve giudicare dopo che è finito, invece lo sviluppo delle società umane sono alla vista di tutti. Del resto in Cina si sta facendo qualcosa che l’umanità non aveva mai fatto prima.
Le differenze con le condizioni di partenza rispetto all’esperienza del socialismo sovietico sono fondamentali, più di quanto non siano le similitudini: dalla disponibilità di territori coltivabili a quella di risorse minerarie, dalle condizioni semicoloniali da cui usciva la Cina rispetto a quelle di grande potenza imperialista per quanto sconfitta della Russia zarista. Condizioni diverse e quindi soluzioni diverse, nuove, impensabili fino a prima, rischiose. Ma oggi possiamo dire, a quadro già per larghe linee delineato, un percorso da ultimare ma di successo.
La Cina in meno di cento anni ha fatto molto di più di quello che abbiamo fatto noi Italiani in cinquecento: dall’Umanesimo, al Rinascimento, dal Risorgimento, alla Resistenza, abbiamo ricreato un senso nazionale, ci siamo affrancati dal predominio straniero, abbiamo sconfitto il feudalesimo e unificato la nazione, ci stavamo avviando al socialismo. Tutti passi compiuti a metà o abortiti. Ebbene la Cina questi passi li ha compiuti e completati tutti ed ora si affaccia su una nuova era.
Come ha detto il Presidente Xi Jinping, il Partito Comunista è stato il motore ed è l’artefice di questo percorso. Senza di esso quanto fatto e quanto ancora da fare non sarebbe possibile. E questo è stato fatto grazie all’indissolubile unità tra il partito e il popolo cinese.
Il 20° Congresso del PCC eleggerà i suoi nuovi dirigenti. Quale desiderio, quali aspettative ha verso il nuovo gruppo dirigente? (es. Rapporti e cooperazione tra Cina e Italia, rapporti con il PC Italia, e simili)
Credo di interpretare i sentimenti di tutto il mio partito, dicendo che non solo auguriamo al PCC i migliori successi per il suo Congresso, ma anche che si approfondiscano i già fruttuosi rapporti tra i nostri partiti.
L’opera che nel nostro piccolo possiamo svolgere è quello di controbattere alla velenosa campagna anticinese che l’occidente sta acutizzando, far capire che ciò è profondamente contrario ai desideri e agli interessi dei popoli, innanzitutto quelli europei. Che le prospettive economiche di commercio paritario sono un’occasione da non perdere per piccoli e grandi operatori verso un paese che è già il polo di attrazione più potente al mondo. Che conoscere la grande cultura cinese sia un’occasione irripetibile nella vita di ciascuno di noi. La storia va in questa direzione e non è abituata ad aspettare chi si attarda su vecchi schemi già absoleti.
Per questo ogni occasione di incontro, ogni proposta di collaborazione scientifica, culturale con le autorità cinesi per noi è un dovere internazionalista per il nostro paese, oltre che un inestimabile piacere.
[1] https://www.lariscossa.info/comunisti-italiani-svizzeri-cinesi-discutono-sullinnovazione-marxista/